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Ma perché non ci siamo ancora innamorati di Giambattista Vico?
Nell’epoca dominata da Cartesio e Pascal, Leibniz e Spinoza, uno spirito genuinamente italiano produsse un pensiero altissimo e alternativo.
Nell’epoca dominata da Cartesio e Pascal, Leibniz e Spinoza, uno spirito genuinamente italiano produsse un pensiero altissimo e alternativo.
La sua memoria prodigiosa è celebre quanto il suo discorso “sulla dignità dell’uomo”, che dell’umanesimo rinascimentale fu un’anima.
Un professore in bilico tra socialismo e franchismo, un apolide dello spirito nel secolo del pragmatismo, un erede di tradizioni antiche.
Henri Bergson liberò la scienza del suo tempo dalla morsa del positivismo, e in un’epoca di post-positivismo la sua lezione resta valida.
Il domenicano di Stilo fiorí nel secolo di Cartesio proponendo una dottrina decisamente alternativa a quelle del sistema “chiaro e distinto”.
Recuperare Anassagora e Platone nel bel mezzo dell’era della Scolastica significa, per Cusano, dare di nuovo trascendenza e luce al pensiero.
Nato attorno al 500 a.C., Anassagora fu forse l’inventore del termine “filosofia” e avvicinò il “logos” a un senso pre-platonico.
Protagora di Abdera osservò che ogni uomo ha anzitutto una “sua” verità, che certo chiede di essere commensurabile a quelle degli altri.
Spesso ridotti a meri precursori dell’atomismo moderno, i filosofi di Abdera hanno un’importante lezione epistemologica da darci.
Gli Ateniesi erano fieri della loro “democrazia”, eppure – osserva Gorgia – preferirebbero farsi curare da un retore piuttosto che da un medico.
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