Quel crogiolo di suggestioni opposte che costituisce il fulcro della filosofia rinascimentale, vive mirabilmente nella travagliata esistenza e nel fascinoso pensiero di Tommaso Campanella.
L’ansia di una riforma universale, l’amore per la natura – vero libro di dio sul cui modello correggere quelli umani – la costruzione di una città magica, i cui abitanti, catturando gli influssi astrali, condividano i beni, il lavoro e lo studio, in un orizzonte di tolleranza, ne sono i principali motivi ispiratori. La compresenza di questi temi è illuminata dalla metafora del sole, cui la città del filosofo è dedicata. Il suo pensiero fluttua in un orizzonte sincretistico e panpsichistico in cui uomini e animali, piante ed oggetti, sono dotati di vita e capaci di trasmettersi reciprocamente la loro energia.
Un pensiero complesso che si iscrive in una biografia romanzesca, tra congiure, come quella contro il dominio spagnolo dell’“Italia” meridionale, e una lunga prigionia in cui Campanella sfuggì alla condanna a morte simulando la pazzia, anche quando era sottoposto ad atroci torture. Incarcerato per metà della sua vita, più volte processato come eretico a Napoli, Padova e Roma, lavorò comunque alla stesura delle sue opere che fu costretto a riscrivere sottraendole alla censura.
Solo con l’ascesa al Soglio Pontificio di Urbano VIII – 1623 – il suo carcere si fece meno duro tanto che il prigioniero potette ricevere visite e tenere corrispondenza, fino alla sua liberazione ed al suo trasferimento a Parigi, dove morì nel 1639.
Negli ultimi anni di vita l’autore della “città del sole” individuò nella Francia, allora nemica della potenza spagnola, il Paese che avrebbe inverato la riforma universale da lui vagheggiata, ricevendo quegli onori negatigli in passato a causa delle sue idee. Nato a Stilo in Calabria nel 1568 entrò giovanissimo nell’Ordine Domenicano, mantenendo però contatti con quel mondo magico-alchemico che tanta parte avrà nella sua riflessione anche grazie all’indisciplina dei conventi meridionali.
Insoddisfatto dell’aristotelismo e del tomismo, lesse molti filosofi, allora proibiti, ed elaborò la sua dottrina dal punto di vista metafisico, gnoseologico e politico. Metafisicamente non solo l’uomo ma ogni ente anche inanimato può vivere, sa di vivere, ed ama la sua esistenza.
Potenza, sapienza ed amore sono dette dal nostro filosofo “primalità” e sorreggono l’intero pensiero di Campanella per cui conoscendo l’uomo entra in contatto con la struttura delle cose.
Ogni ente infatti sfugge ciò che lo danneggia e ricerca quello che accresce la sua esistenza. Presenti in modo limitato nelle realtà finite le tre primalità eccellono in Dio che è, sa ed ama in modo assoluto.
La stessa simmetria è presente, dal punto di vista politico nella “città del “sole”, opera utopica non tanto perché radicalmente distonica rispetto alla contingenza storica in cui l’autore visse, quanto perché rappresenta l’anelito del saggio di ogni tempo. Si tratta di un ideale regolativo che, se non si realizza mai in forma integrale, tuttavia può essere sfiorato.
Già la struttura morfologica di questa città allude a un simile desiderio in quanto sorge su un colle che sovrasta una vasta campagna ed è divisa in sette grandissimi gironi che prendono il nome dai sette pianeti. In cima alla collina si staglia un tempio, non cinto da mura alla cui sommità compare una piccola cupola con un altare sormontato da un mappamondo e dal cielo stellato. La città è retta da un Principe chiamato Sole o Metafisico, assistito da altri tre Regnanti: Pon, Sin e Mor cioè, ancora una volta, potenza, sapienza ed amore.
Le mura sono istoriate con immagini di tutte le cose e ritratti di personalità illustri, tanto in campo scientifico, quanto in quello artistico. La stessa morfologia del luogo valorizza il significato esoterico del numero, e l’energia proveniente dalle forze astrali che nutre ed anima il mondo.
La fervida immaginazione di Campanella partorì un universo per molti rispetti distante dalla coeva matematizzazione cartesiana. Eppure, questo mondo parrebbe oggi rivivere in certo sincretismo che però ha perduto il suo fascino, limitandosi a negare ogni differenza tra religioni e culture, mentre quello del filosofo di Stilo alludeva al rinnovamento di un’umanità che, con tutta la creazione, geme oppressa dall’ambizione e dall’egoismo.
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