di Valerio Lombardo
Artemilo1941 association presenta il libro Essere Chiesa nello Spirito, del professor don Samuele Pinna, sacerdote ambrosiano, teologo e scrittore.
Don Samuele, lei è uno scrittore prolifico con una ventina di libri pubblicati e un centinaio di saggi scientifici nell’ambito della teologia e della letteratura, oltre a innumerevoli articoli giornalistici. Da dove nasce l’idea di questo lavoro intitolato Essere Chiesa nello Spirito?
Il libro è un insieme di doni: al suo interno ci sono diversi interventi e per tutti devo essere grato. L’idea nasce dal fatto che volevo pubblicare, in veste di articolo teologico, un mio saggio sullo Spirito Santo alla luce del Concilio Vaticano II, frutto della mia lectio coram che ho tenuto in Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale per poter conseguire la specializzazione in Teologia dogmatica. La tematica da affrontare in questa lezione alla presenza dei professori della Facoltà viene resa nota solo un paio di giorni prima dell’esame. Mi sono, dunque, sorpreso quando ho scoperto che mia madre, Teresa Gornati, all’incirca cinquant’anni orsono, per laurearsi in Magistero (necessario una volta per diventare docenti di religione) aveva scritto una tesina proprio sullo stesso tema. La cosa mi colpì molto, così come vedere molti punti in comune nelle nostre rispettive ricerche. Ho pensato di pubblicare insieme i testi, ma il materiale era poco per farne un libro. Ho aggiunto, pertanto, uno scritto che mio padre, Francesco Pinna, aveva composto per festeggiare la mia Ordinazione sacerdotale, che parla appunto del sacerdozio nello Spirito. Ho aggiunto, infine, una parte in cui ripropongo in lingua italiana studi pubblicati in francese e un mio intervento che avevo composto per il Convegno ecclesiale di Firenze. In un’ultima sezione, ho proposto un’introduzione alla “teologia oggi”, frutto delle mie lezioni tenute all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma e uno studio sul Medioevo. Conclude l’opera uno saggio della professoressa Federica Favero dell’Università di Bergamo.
Parlava di doni?
Sì, gli scritti dei miei genitori sono stati dei doni ritrovati, quello di Federica Favero inaspettato, perché volendo sistemare la mia bibliografia (un po’ in disordine allora!) ha voluto tracciare il filo conduttore che ha attraversato e legato assieme i miei studi. Inoltre, la presentazione del cardinal Robert Sarah – tra gli uomini di Chiesa più influenti nel panorama mondiale per il suo equilibrio e la sua spiritualità – impreziosisce non poco l’opera. Devo ringraziare anche il dott. Franco Arosio, per il sostegno e l’aiuto fattivo in vista della pubblicazione, e l’editrice IF Press.
Ma c’è anche un altro dono…?
Eh, sì: devo dire il mio accorato “grazie” al Maestro Milo per avermi donato la copertina che riproduce un suo quadro. Il soggetto raffigura degli Angeli Custodi così poco eterei, sebbene intrisi di spiritualità, da apparire come i genitori del bambino al centro del dipinto. Questo è esattamente essere Chiesa, familiari di Dio: aperti alla contemplazione della Trinità come gli angeli, puri spiriti, ma capaci di riversare quell’amore, attinto dall’Amore, sul prossimo, come coloro che danno la vita:
Ho voluto raffigurare gli angeli – ha spiegato l’artista – perché essi sono esseri puramente spirituali ed intellettuali, di natura superiore all’umana nostra presenza terrena temporale, rappresentati dall’arte in forma corporea, di giovane bellezza, con ali e tra raggi di luce; messo celeste e al servizio del ministro della potenza della sua divinità. Per me sono anime che viaggiano accanto a noi come custodi del nostro divenire.
Passiamo ai contenuti: nel volume si parla in modo preciso dello Spirito Santo?
Credo che la Terza Persona della Trinità sia poco conosciuta sia dai non credenti come dai battezzati. Effettivamente non è un argomento facile, perché si tratta di entrare nel Mistero stesso di Dio. Eppure lo Spirito Santo agisce più di quanto immaginiamo, e non solo perché siamo esseri spirituali, ma anche a ragione del fatto che attraverso di Lui passa quella grazia che spinge l’uomo a fare il bene e a rigettare il male. Nel libro, però, non si argomenta dello Spirito divino in senso astratto, ma in riferimento alla Chiesa, da qui il titolo: Essere Chiesa nello Spirito.
Sono contenuti alti, difficili?
Più che difficili sono testi – parlo almeno per gli altri – molto profondi. Purtroppo, non abbiamo più la grammatica “cristiana” per affrontare certi temi, come quello della Chiesa, e riduciamo tutto a slogan o a frasi fatte, senza poi rifletterci più di tanto. Il tentativo è quindi di non proporre “pensierini” scialbi né argomentazioni astratte e iper-specialistiche, ma offrire una riflessione che mostri la ricchezza del patrimonio cristiano, davvero enorme! Se un uomo dal suo primo giorno di vita fin all’ultimo respiro si mettesse a studiare tutto quanto è stato scritto – diciamo in modo “scientifico” – dai cristiani saprebbe già in partenza di non poterlo fare, perché gli mancherebbe il tempo. Se pensiamo alla teologia, alla filosofia, all’arte in tutte le sue forme – dalla musica alla pittura, etc. –, siamo di fronte a un patrimonio davvero unico e incredibile.
Lei sta suggerendo anche di guardare alla Chiesa con occhi diversi?
Sì, troppo spesso la riduciamo a qualcosa di meramente umano. Certo, è anche un’istituzione umana e si deve tener conto che là dove c’è l’umano si frammischiano insieme bene e male, luci e tenebre. Ma la Chiesa – almeno per i credenti dovrebbe essere così – è anche un’istituzione divina. E da cosa dovrebbero accorgersene i non credenti? Dal fatto che lo sforzo, con i limiti delle persone che ne fanno parte, è tutto diretto al bene per rifiutare il male e si basa sulle parole di un tal Gesù Nazareno che si è proclamato Figlio di Dio. La Chiesa, quindi, non sbaglia in ciò che propone da credere – ecco l’assistenza dello Spirito Santo –, semmai sbagliano i suoi figli nel non essere all’altezza dell’insegnamento del Cristo che la Chiesa è chiamata a mediare. Se la Chiesa fosse solo un’istituzione umana sarebbe già scomparsa dalla storia e invece c’è ancora e, come dice G.K. Chesterton, questo è il suo più grande miracolo. È facile capire il “vantaggio”, se così si può dire, degli uomini cattivi in seno alla Chiesa: possono sempre pentirsi e cambiare vita. La Chiesa, infatti, non insegna di prevaricare sugli altri, di essere egocentrici, di non pensare che a se stessi; al contrario, l’insegnamento divino è cristallino: amare di Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi. Il che non si riduce a un patetico “volemose bene”: senza amare Dio, fonte dell’amore, difficilmente si ama il prossimo. L’amore cristiano poi ha dei connotati chiari: è totale, gratuito, disinteressato e mette in conto il sacrificio, perché è dono di sé. Oggi chiamiamo amore le nostre forme di egoismo che travestiamo appunto con il termine “amore”: ma amore non è! Quindi, uno non dovrebbe dire: “La Chiesa fa schifo!”, ma invece: “Guarda quello che non segue il Signore e tradisce la Chiesa”, per poi aggiungere: “Però io come mi comporto davanti a un insegnamento così bello e grande? Giudico oppure metto del bene nel mondo?”. Altrimenti questa è una bella scusa per disimpegnarsi e fare quello che si vuole.
Perché, però, la Chiesa non fa breccia oggi come un tempo?
Forse, perché è l’unica istituzione che afferma ancora ciò che è bene e ciò che male, fondando tutto su un discorso ragionevole, non di fede cieca (il fideismo, che è rigettato e condannato dalla Chiesa). Ecco cos’è la teologia: la fede va pensata! Il voler cambiare la fede, il volere una Chiesa più vicina alle mode del mondo, in realtà distrugge la Chiesa; può renderla più simpatica alle persone che sono lontane, ma alla fine non fa nulla per avvicinarle. L’ha detto persino a Vittorio Messori il filosofo nichilista Gianni Vattimo nel lontano 1992:
«Voi cattolici – mi diceva il filosofo con il suo gusto ironico – avete resistito impavidi per quasi due secoli all’assedio della modernità. Avete ceduto proprio poco prima che il mondo vi desse ragione. Se tenevate duro ancora per un po’, si sarebbe scoperto che gli “aggiornati”, i profeti del futuro “post-moderno” eravate proprio voi, i conservatori. Peccato. Un consiglio da laico: se proprio volte cambiare ancora, restaurate, non riformate. È tornando indietro, verso una Tradizione che tutti vi invidiavano e che avete gettato via, che sarete più in sintonia con il mondo d’oggi, che uscirete dall’insignificanza in cui siete finiti, “aggiornandovi” in ritardo. Con quali risultati, poi? Chi avete convertito, da quando avete cercato di rincorrerci sulla strada sbagliata?».
Pensare la storia, Edizioni Paoline, pp. 302-305
Il suo è un libro che fa riflettere, quindi?
Mi auguro di sì, soprattutto nella parte che si sofferma sul tema della “teologia oggi”: una volta questa materia – quando nascono le Università – era considerata la regina delle scienze, oggi forse viene vista come una materia per pochi e inutile. Inoltre, quando sento delle critiche sul Cristianesimo, così puerili, rimango sconcertato: come dicevo prima, il patrimonio cattolico è così ricco che non può essere svilito da frasi da cioccolatino o da critiche risibili. Il fatto di trovare difficili certi studi teologici è un indizio della loro levatura.
Il mio intervento sul Medioevo vuole invece essere un invito provocatorio: ritornare a quell’epoca significa riappropriarsi del “vero” e del “buono”, anche in una riflessione teoretica, perché non sono alternativi: la fede cristiana, pure quella riletta dall’intellectus, mantiene dentro di sé la necessità del bene, dell’affectus. Nessuna astrattezza conquista l’uomo medievale, tanto attento al reale che lo circonda e che rimanda a Colui che il creato ha posto in essere. Diviene, poi, superfluo trattare della bellezza: il genio di Dante Alighieri può essere preso a modello, come prova e conferma (senza nulla togliere al gotico delle cattedrali o a un Giotto).
Il Medioevo non perde di fascino?
No, l’Età di mezzo continua a possedere un fascino che nessuna “leggenda nera” pare riuscire ad affievolire nel sentire comune. Si tratta, appunto, di leggende che nessuno storico mediamente serio osa ormai più sostenere in ambito accademico, ma che fanno ancora presa sul sentire comune. Se, però, si pensa ai libri di letteratura più venduti del secolo scorso, ci si accorge di come il “clima” medievale sia una costante che ritorna con forza. Una prova è il romanzo contemporaneo in assoluto tra i più riusciti, Il Signore degli Anelli di John Ronald Reuel Tolkien, dove le avventure, seppur in un mondo immaginario, ricalcano quelle di un contesto medievale. Lo stesso si deve dire di Le cronache di Narnia di Clive Staples Lewis in cui i protagonisti, anche in questo caso, si trovano catapultati in un contesto fantastico e dai tratti caratteristici del Medioevo. Non solo, anche nella saga più fortunata di fine millennio, Harry Potter di Joanne K. Rowling, si respira un’aria – tra castelli e incantesimi latineggianti – dal sapore medievale. Non si può evitare di citare, poi, Il nome della Rosa di Umberto Eco capace di gareggiare per traduzioni in diverse lingue con il Don Camillo di Giovannino Guareschi, capolavori in lingua italiana del Novecento. Inoltre ci sono, per esempio, il Trono di Spade o il ciclo arturiano presenti anche sul grande schermo in forme diverse, a segnalare l’enorme interesse che l’epoca dei cavalieri, delle dame e dei draghi è ancora in grado di suscitare nell’uomo postmoderno. Il “ritorno” al Medioevo è una provocazione, ma voluta, perché – ho scritto – questo periodo storico
passa – ed è inevitabile – dalla necessità di nutrirsi del verum mediante l’intellectus, così da aprire nuovi orizzonti conoscitivi, perché il Medioevo fu ricco di quaestionesdisputate e approfondite che possono apparire allo sguardo moderno superate. Invero, essendo problematiche inerenti all’uomo esse sono sempre attuali, pure laddove il modo di procedere può avere inevitabilmente gusti differenti rispetto alla sensibilità odierna.
p. 279
Non è difficile, pertanto, allontanare dalle proprie reminiscenze acquisite lo spauracchio – ormai, come dicevo prima, universalmente bollato come scientificamente infondato – di un Medioevo buio e oscurantista. D’altronde, non solo l’odierna letteratura medievaleggiante, ma anche quella del tempo è impressa nell’immaginario collettivo dell’uomo d’oggi: dalla Divina Commedia di Dante al Decameron di Boccaccio passando per il Bucolicum carmen di Petrarca o il Cantico di frate Sole di san Francesco d’Assisi. Ogni epoca ha le sue luci e le sue ombre: cosa diranno di noi tra qualche secolo per i morti delle Guerre Mondiali o per i tanti conflitti che si combattono ancora nel mondo? Ogni epoca ha luci e tenebre, l’importante è capire dov’è la luce e inseguirla. Ecco l’insegnamento cristiano: senza un riferimento, rinunciando ad avere un Padre comune (Dio), il fratello uomo diviene avversario; riconoscendo invece un punto di riferimento comune può sorgere e rinascere una vera fraternità. La Chiesa che s’ispira alle parole del Salvatore ci trasmette questo: è possibile avere una vita piena, afferrare non solo per un attimo la felicità, vivere un amore autentico! È la salvezza! Il convincersi di poterlo fare da soli conduce a grandi illusioni. All’opposto abbiamo bisogno dello Spirito che ci illumini e, come in ogni ambito dell’esistenza, anche delle regole che ci permettano di custodire il bene; ecco perché la Chiesa è Madre. Per questo concludo libro raccontando Un incontro Benedetto, che ho avuto proprio con papa Benedetto XVI, uomo grande e umile insieme, di cui ho scritto:
Ecco la Sapienza, dono divino, riassunta – se è concesso – in una personalità plasmata, per sua libera scelta, dall’ascolto della volontà del divino Spirito. Una capacità di giudizio accesa eppur mai cedevole all’invettiva o alla lamentela e, al contrario, in grado di mostrare un’assennata via d’uscita dalle difficoltà. Un andare in fondo alle questioni, senza fermarsi ai luoghi comuni o a facili quanto inutili risposte, ripugnando la consuetudine di banalizzare e valutando i fatti in modo serio e sereno. Un’enciclopedia vivente, insomma, non per dare sfoggio di cultura ma per indagare a fondo ogni aspetto e non minimizzarlo con deboli battute. Mai un termine fuori posto, nessuna sbavatura o facile giudizio. Al contrario, la ragione veniva potenziata, sostenuta com’era da alte riflessioni e sorretta da una radicata e appassionata fede teologale.
p. 341
Gli scritti di don Samuele sono molto profondi e istruttivi don Samuele è una persona molto intelligente ma molto umile i suoi scritti li ho tutti sono una miniera d’oro vanno interiorizzato