Domani, 5 gennaio 2023, Roma vedrà un Papa presiedere i funerali di un altro Papa. Come spesso accade quando si parla dell’inesauribile juke-box della storia ecclesiastica, anche stavolta è stato verificato il detto dell’Ecclesiaste:
C’è forse qualcosa di cui si possa dire:
Qo 1,10
«Guarda, questa è una novità»?
Proprio questa è già stata nei secoli
che ci hanno preceduto.
«Niente di nuovo sotto al sole»
Ci si è ricordati infatti delle solenni esequie tributate dal cardinal Antonelli alle spoglie di Pio VI, nel 1802, alla presenza di Pio VII. E sarebbe interessante rileggere i discorsi pronunciati in quell’occasione, se qualche storico diligente ce ne mettesse a parte…
Nemmeno gli ex papi, tuttavia, sono condannati a morire da papi, e neppure questa eventualità (attualmente solleticata da alcuni acconciatori di dietrologie) cadrebbe come un unicum: quando Gregorio XII, papa rinunciatario per favorire la ricomposizione dello Scisma d’Occidente, nel 1417 morì, lo fece ad Ancona, dopo essere tornato al nome secolare ed essere stato (nuovamente) insignito della porpora romana (dal successore, Martino V). Si può dunque smettere di essere papi, essere nuovamente creati cardinali, e morire da “ex papi”.
Funerali papali per il (primo) Papa Emerito
Questo non è però quello che è toccato a Benedetto XVI, che per sé ha scelto (lasciandola aperta anche per i successori) la via del “papato emerito”: è morto in Vaticano, è stato abbigliato coi paramenti pontificî (la casula rossa è quella con cui aveva chiuso le GMG di Sydney il 20 luglio 2008!) e che in tutto e per tutto (con l’eccezione del pallio romano, impegnato sulle spalle del suo successore) viene onorato con la pompa riservata al Papa.
Se si va a studiare il libretto della messa esequiale si trova (tra una serie di deplorevoli errori di traduzione dal latino – la povera Giovanna Chirri ne sarà tramortita) una solida conferma di come Benedetto XVI venga riconosciuto nella piena dignità papale: basti osservare che il formulario eucologico è semplicemente lo schema B della Messa per il Papa defunto dal Messale Romano – con l’unico accorgimento che i riferimenti al “papa” sono sempre accompagnati dall’aggettivo “emerito”, ossia quello scelto da Benedetto all’atto della renuntiatio.
O Dio – suona per esempio la Colletta –,
che nel disegno della tua provvidenza hai chiamato a guidare la Chiesa [qui Ecclesiæ tuæ … præesse voluisti] il tuo servo Benedetto, donagli di partecipare in cielo alla gloria eterna del tuo Figlio, che egli ha servito come vicario sulla terra [qui Filii tui vices gerebat in terris]. Per il nostro Signore…
E ancora, più avanti, alla Super oblata:
Guarda con bontà, o Signore, i doni della Chiesa in preghiera, e per la potenza di questo sacrificio concedi al tuo servo Benedetto, che hai posto a guida del tuo gregge come sommo pastore [quem sacerdotem magnum tuo gregi præfecisti], di essere accolto in cielo tra i vescovi santi [in electorum tuorum numero … sacerdotum].
Cose simili si trovano in tutto il formulario e fino alla Valedictio.
L’enigma delle letture
Meno chiara è la situazione per quanto riguarda le letture, che (parliamo dopo esserci consultati con l’amica liturgista Valentina Angelucci) non ci risultano corrispondere, così come sono, ad alcuno schema prefissato.
Evidentemente spetterà al Santo Padre, papa Francesco, illustrare domani nell’omelia la mistica armonia dei sensi divini per cui quei testi sono stati scelti e disposti, e attendiamo quel momento tanto più ardentemente in quanto sia nel Lezionario delle Messe Rituali sia nel Lezionario del Rito delle Esequie non sembrano ricorrere quei testi:
Il Salmo 22 al responsorio è quanto di più classico e “comune” si possa trovare in un funerale: «Il Signore è il mio Pastore, nulla mi mancherà», e così anche Lc 23 (il brano del “buon ladrone”), solo che quest’ultimo viene normalmente chiuso a “oggi sarai con me in paradiso”, mentre domani proseguirà col racconto della morte di Cristo fino a “detto questo, spirò”.
A parte questo piccolo prolungamento (che chiaramente non sarà stato causale), desta stupore pure il fatto che nei suddetti libri liturgici non ricorrono mai i brani scelti per la prima e per la seconda lettura! Eccoli di seguito nella traduzione italiana (mentre domani saranno proclamati rispettivamente in spagnolo e in inglese):
Che perversità è la vostra!
Is 29,16-19
Il vasaio sarà forse considerato al pari dell’argilla
al punto che l’opera dica all’operaio:
«Egli non mi ha fatto?»
Al punto che il vaso dica del vasaio:
«Non ci capisce nulla?»
Ancora un brevissimo tempo,
e il Libano sarà mutato in un frutteto,
e il frutteto sarà considerato come una foresta.
In quel giorno, i sordi udranno le parole del libro
e, liberati dall’oscurità e dalle tenebre,
gli occhi dei ciechi vedranno;
gli umili avranno abbondanza di gioia nel Signore
e i più poveri tra gli uomini esulteranno nel Santo d’Israele;
Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi.
Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime.
1Pt 1,3-9
Due brani dalle coloriture primarie molto diverse, come si vede – quasi contrastanti: una pagina di durissimi giudizi e una di gioiosa speranza, una che annuncia il Regno che viene e l’altra che raccomanda di conservare l’eredità di cui già si è ricevuta la caparra. Non a caso si tratta di una pagina dall’Antico e una dal Nuovo Testamento.
Si parla di Cristo, ovviamente, (e del suo servo fedele)
Resta il mistero sull’origine di questi accostamenti inediti, ed è opinione di Valentina Angelucci che non dovremmo stupirci troppo se si venisse a sapere che la scelta si deve allo stesso Benedetto XVI. Questo ci sembra perfettamente plausibile, e mostrerebbe come perfino nel proprio funerale il Papa Emerito abbia inteso offrire un ultimo accorato gesto di carità pastorale, che chiaramente parla di lui… anche se evidentemente egli non lo ha fatto per parlare di sé.
Queste pagine ci dicono molto di Benedetto XVI, a ben vedere, che dall’immagine dell’argilla e del vasaio è rimasto impressionato quanto sant’Agostino, e che della “speranza viva” annunciata da Pietro si è fatto raffinato cesellatore nel proprio pontificato; si vide poi nel “buon ladrone”, Benedetto XVI? O ha soprattutto inteso ricordarci, con quell’inedita aggiunta di sapore teologico giovanneo (anche se il Vangelo in questione è quello lucano), che nella morte di Cristo si è già compiuta e ricapitolata tutta la storia di tutti i secoli (compresi quelli a venire?).
C’è probabilmente tutto questo e molto di più, nell’articolata prelazione operata da chi ha scelto e composto i testi liturgici, e la viva celebrazione che s’imbastirà su quei testi dovrà offrirci le restanti chiavi ermeneutiche.
E chissà, potremmo anche scoprire che – foss’anche la “sola” Novità di Cristo – domani ancora capiterà a Roma qualcosa di nuovo.
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