A Ravanusa è crollato il mondo, ma la fede in Cristo rimane in piedi. Dopo la fine tragica di dieci persone, compreso il piccolo Samuele, che era già pronto per nascere, sembrava rimanere veramente poco da cui ripartire. Macerie, dolore, corpi straziati. Dal luogo in cui l’uomo tocca l’abisso della sua sofferenza, ci si accorge, però, – forse sempre un attimo dopo – che qualcuno è già lì, ad attenderlo: quel Dio misericordioso che non ci lascia mai la mano, nemmeno nei momenti più drammatici.
Quando Eliana, la giovane moglie di una delle due vittime e madre di due figli ancora piccoli, è andata a leggere il suo breve discorso, alla fine dei funerali solenni trasmessi in tv, abbiamo tutti pensato che era arrivata la parte più penosa. Eliana, capelli rosso fuoco, intensi come la sua fede, ci ha però spiazzato, aprendoci uno squarcio di Cielo in tanto dolore.
Con voce ferma, che solo a tratti faceva percepire la sua sofferenza, quella di una moglie che in un attimo ha perso una parte di sé, se crediamo fermamente al matrimonio cristiano, ci ha ricordato che c’è qualcosa che rimane oltre le macerie ed è – per chi ha fede – quella “forza sovrumana” (così l’ha definita), che non viene da noi ma da Cristo. Il suo invito a non cercare ciò che è materiale, perché basta un attimo per farlo andare in fumo, non è paragonabile a quello di Seneca, a cui – infatti – i critici rimproveravano una certa incoerenza nel predicare la distanza dai beni materiali e nel razzolare nell’ambiente di corte, con la sua materialità vissuta ed esibita. L’invito di Eliana a puntare all’essenziale è radicato nella croce – una “croce pesante”, ha affermato – che si innesta nella croce di Cristo.
Eliana, che con tenerezza ha parlato del marito Giuseppe, ma anche dei suoi suoceri – alludendo alla bellezza di un’atmosfera familiare che possiamo solo immaginare – ha indicato una strada ai suoi e agli altri parenti delle vittime, segnati da un dolore simile nella causa: non maledire Dio, ma benedirlo e cercare il suo conforto. Ha testimoniato la certezza che i suoi cari ora non sono in una bara ma in un posto migliore, e lo ha ricordato con una frase che è attribuita a Chiara Corbella Petrillo, altra mater dolorosa ma insieme radicata nella gioia cristiana: “Siamo nati e non moriremo mai più”.
Ravanusa – solo 11 mila abitanti – ci aveva regalato in questi giorni la lettera efficace, quasi un testamento morale, di un anziano professore di storia e filosofia, di cui tutti – per un attimo – abbiamo desiderato essere alunni. Adesso ci regala anche la testimonianza di una fede inimmaginabile, che appartiene ad una moglie ferita ma non sconfitta, addolorata ma non disperata. Una moglie che per suo marito e le altre vittime non ha chiesto fiori, ma preghiere ed Eucaristia. Umanamente e spiritualmente, questi sono stati giorni intensi. Dio continua a rivolgerci incessantemente il suo amorevole invito a farci prossimi a Lui e siamo certi che lo ha fatto anche tra le macerie di Ravanusa.
Grazie Eliana
Dio ti Benedica insieme ai tuoi bambini e tutti i tuoi cari, amici.
Ci credo che ti sia arrivata una forza che solo Dio può dare. L’ho sperimentata anch’io nel decesso di mia figlia, che aveva solo 23 anni. La fede anche nel dolore, Dio si prende cura di noi.
Un grande abbraccio a te Eliana.