Poveri noi! Beati noi! (Appunti sulla V Giornata Mondiale dei Poveri)

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La Chiesa celebra una “Giornata Mondiale dei Poveri”, non della povertà, perché da sempre la sua esistenza vive tra la venerazione del Signore Gesú celato tra i poveri – «avevo fame e mi avete dato da mangiare…» (Mt 25,35-40) – e la concomitante opera di sollievo alle sofferenze che contrasta la povertà.

«I poveri li avrete sempre con voi» (Mc 14,7), ha promesso Gesú, che difatti fra loro ha nascosto il proprio segnaposto nella storia; d’altro canto la Chiesa di Cristo sembrerebbe voler aggredire frontalmente le cause della povertà che risiedono nell’egoismo del cuore umano: proprio lí si scopre la ragione della profezia del Messia, visto che già quell’egoismo, quell’avidità – causa di molte dolorose povertà – è in sé stessa una povertà, e delle piú difficili da eradicare.

La condivisione, della ricchezza come della povertà, diventa allora la via maestra della costante risoluzione di questa irriducibile tensione storica:

Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto:

Colui che raccolse molto non abbondò,
e colui che raccolse poco non ebbe di meno.

2Cor 8,14-15

L’Apostolo aveva appena premesso:

Qui non si tratta infatti di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza.

2Cor 8,13

E pochi righi sopra aveva premesso il fondamento cristico (e cristologico) di questa dottrina:

Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

2Cor 8,9

Nei primi anni del V secolo Agostino avrebbe infatti commentato:

E da chi proviene quello che doni, se non da lui? Se tu dessi del tuo sarebbe un’elemosina, ma poiché dai del suo, non è che una restituzione! «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1Cor 4,7).
Queste sono le offerte più gradite a Dio: la misericordia, l’umiltà, la confessione, la pace, la carità. Sono queste le cose che dobbiamo portare con noi e allora attenderemo con sicurezza la venuta del giudice il quale «Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95,13).

Aug., En in Ps 95,14.15; CCL 39, 1351-1353

E solo pochi decenni dopo il grande papa Leone sarebbe tornato a riflettere cosí sulle Beatitudini evangeliche:

Il valore dell’umiltà lo acquistano più facilmente i poveri che i ricchi. Infatti i poveri nella scarsità dei mezzi hanno per amica la mitezza. I ricchi nell’abbondanza hanno come loro familiare l’arroganza.

Non si deve negare, tuttavia, che in molti ricchi si trovi quella disposizione a usare della propria abbondanza non per orgogliosa ostentazione, ma per opere di bontà. Essi considerano grande guadagno ciò che elargiscono a sollievo delle miserie e delle sofferenze altrui.

Questa comunanza di virtuosi propositi si può riscontrare fra gli uomini di tutte le categorie. Molti effettivamente possono essere uguali nelle disposizioni interiori anche se rimangono differenti nella condizione economica. Ma non importa quanto differiscano nel possesso di sostanze terrene, quando si trovano accomunati nei valori spirituali.

Beata quella povertà che non cade nel laccio teso dall’amore dei beni temporali, né brama di aumentare le sostanze del mondo, ma desidera ardentemente l’arricchimento dei tesori celesti.

Un modello di questa povertà magnanima ce l’hanno offerto per primi gli apostoli, dopo il Signore. Essi lasciarono tutte le loro cose senza distinzione e, richiamati dalla voce del divino Maestro, da pescatori di pesci si sono rapidamente cambiati in pescatori di uomini (cf. Mt 4, 19).

Essi resero uguali a sé molti, quanti cioè imitarono la loro fede. Era quello il tempo in cui i primi figli della Chiesa erano «un cuor solo e un’anima sola» (At 4, 32). Separatisi da tutto ciò che possedevano, si arricchivano di beni eterni, attraverso una povertà squisitamente religiosa.

Avevano imparato dalla predicazione apostolica la gioia di non aver nulla e di possedere tutto con Cristo. Per questo san Pietro apostolo quando all’ingresso del tempio fu richiesto dell’elemosina dallo zoppo disse: «Non possiedo né argento, né oro, ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina» (At 3, 6).

Quale cosa vi può essere di più sublime di questa umiltà? Quale cosa più ricca di questa povertà? Non ha la garanzia del denaro, ma conferisce i doni della natura. Quell’uomo che la madre generò infermo dal suo seno, Pietro rese sano con la parola. E colui che non diede l’immagine di Cesare stampata sulla moneta, riformò l’immagine di Cristo nell’uomo. I benefici di questo tesoro non li sperimentò solo colui che acquistò la possibilità di camminare, ma anche quei cinquemila uomini che, dopo le esortazioni dell’Apostolo, credettero in virtù della guarigione miracolosa da lui operata (cf. At 4, 4).

Quel povero, che non aveva nulla da dare al questuante, diede tanta copia di grazia divina, che risanò un uomo nei suoi arti e guarì tante migliaia di uomini nei cuori. Restituì agili, sulla via di Cristo, coloro che aveva trovato zoppicare nella infedeltà giudaica.

Leo, Disc. 95, 2-3; PL 54, 462

Già in una delle mie prime attività caritative, con le Vincenziane di Chieti, imparai che i poveri sono spesso ingrati e sgarbati, oltre che sporchi e sgradevoli: a te sembra di far molto, investendo quelle tre ore del tuo sabato mattina per cuocere loro una zuppa, e quelli ti rispondono che la zuppa è calda, o è scipita, o è fredda, o troppo lenta o troppo densa… e che insomma te la mangi tu, perché loro meritano di meglio. In un istante il tuo orgoglio ribolle allora piú della pignatta. La verità è che, nell’ordine:

  • sí, probabilmente sei lí (ancora) piú per lavarti la (cattiva) coscienza che per amore ai poveri;
  • veramente i poveri sono sporchi e sgradevoli, ossia come li ha abbrutiti la comune decaduta natura umana che in loro invidia e in noi teme;
  • la sgraziata e rapida elemosina con cui solitamente cerchiamo di levarceli di torno spesso ottiene l’indesiderato effetto di sclerotizzare noi e loro nelle nostre cattive attitudini;
  • unica via di autentica guarigione è quella (lentissima e faticosissima) della vera condivisione – di tempo, di risorse, di grazia.

Per questo l’altro ieri papa Francesco, preparando a Santa Maria degli Angeli questa Giornata, diceva:

Non dimentichiamo che la prima emarginazione di cui i poveri soffrono è quella spirituale. Ad esempio, tante persone e tanti giovani trovano un po’ di tempo per aiutare i poveri e portano loro cibo e bevande calde. Questo è molto buono e ringrazio Dio della loro generosità. Ma soprattutto mi rallegra quando sento che questi volontari si fermano un po’ a parlare con le persone, e a volte pregano insieme a loro…

Papa Francesco, Discorso nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, 12 novembre 2021

Chi si può scordare don Benzi, che la sera lasciava la tiepida canonica e andava al freddo fra le prostitute, portando loro mezzi di sussistenza, l’offerta di una via di fuga dalla schiavitú… e immaginette sacre? «Tu vuoi bene a Gesú?», chiedeva alle sventurate con suo largo sorriso.

Non è questione di classi sociali, di ceto o di istruzione: già Paolo insegnava che tutti abbiamo povertà da farci colmare, e che il credito a cui attingere è – grazie a Dio – illimitato in virtú del Mistero di Cristo. Per questo ad Assisi il Papa ha potuto salutare, «tra i poveri», il cardinale Barbarin:

E vorrei ringraziare, mi scusi, Eminenza, per la sua presenza il Cardinale [Barbarin]: lui è fra i poveri, anche lui ha subito con dignità l’esperienza della povertà, dell’abbandono, della sfiducia. E lui si è difeso con il silenzio e la preghiera. Grazie, Cardinale Barbarin, per la Sua testimonianza che edifica la Chiesa.

E chiedere ai poveri di pregare per le sue povertà:

Grazie, Eminenza, per il Suo appoggio, per il Suo aiuto a questo movimento di Chiesa – diciamo “movimento” perché si muovono – e per la Sua testimonianza. E grazie a tutti. Vi porto nel mio cuore. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché io ho le mie povertà, e tante! Grazie.

Proviamo a metterci in gioco, a lasciarci scomodare.

Due domeniche fa su Radio Maria tornavano a trasmettere questo ficcante commento di padre Livio all’“obolo della vedova”
Informazioni su Giovanni Marcotullio 297 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

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