Mi è stato chiesto di occuparmi, per lavoro, di una delicata questione cristologica: se in certi ambienti ecclesiali, infatti, è indubbiamente in atto (da parecchi decenni) una certa tendenza ebionita in fatto di cristologia, in altri al contrario sembrano sussistere delle recrudescenze apollinaristiche (larvate, per carità: a metà fra Eutiche e Severo).
Cercavo però un attacco che suonasse accattivante, e la citazione da Illusioni di Richard Bach mi è parsa fare alla bisogna. A quel punto dovevo trovare un titolo e un’immagine che sintetizzasse nel miglior modo possibile la domanda di Shimoda:
– Donald, è meraviglioso! Non immaginavo che sapessi suonare la chitarra!
– Ah no? Allora credi che qualcuno avrebbe potuto avvicinarsi a Gesù Cristo, dargli una chitarra e sentirsi dire “Non lo so suonare, quell’aggeggio”? Avrebbe detto così Gesù?
Richard Bach, Illusioni, Segrate 2012, p. 16
Quel che mi ha stupito è stato constatare quante immagini (perlopiú dei meme, ma non solo) siano state dedicate al tema “Gesú con chitarra”. Erano perlopiú anche molto rispettose del personaggio sacro, verosimilmente venivano da chitarristi devoti, mentre appena una manciata denotavano uno spirito gratuitamente dissacrante.
La mia amica Rachel, organista versata nella musica liturgica, ha prontamente osservato che ad ogni buon conto la chitarra non è uno strumento indicato per la musica sacra. Il che è generalmente vero (soprattutto, poi, nelle modalità esecutive della parrocchia media). Commentando quelle immagini ha quindi detto, con ironia molto british: «Dev’essere roba americana».
E probabilmente lo era, almeno in buona parte. Quel che però lei intende con “americana” è “statunitense”, o al limite nord-americana, o comunque WASP: insomma una cosa tendenzialmente yankee e protestante.
Mi sono invece imbattuto in un’immagine affine alle predette, salvo che:
- non è un meme;
- è americana ma non nordamericana;
- è di matrice devota ma non protestante;
- non è anglosassone bensí latina; e infine…
- è del XVIII secolo!
Si tratta di un dipinto di autore anonimo conservato in una collezione privata a Ciudad de México: è stato utilizzato nel 1993 come copertina del libro di Eloy Cruz La Casa de los Once Muertos. Historia y Repertorio de la Guitarra. Nella gerenza del libro si apprende che il dipinto è stato riprodotto nel volume 148 del periodico Artes de México, a p. 87. La mia amica Alejandra, messicana naturalizzata marsigliese, si è messa a disposizione per raccogliere ulteriori informazioni sul dipinto, per le quali già fin d’ora pubblicamente la ringrazio.
È difficile pensare a qualcosa di piú pulp e rock al contempo: al centro della composizione c’è Gesú Bambino che imbraccia una croce su cui sono state montate cinque corde1Si tratta dunque di un’antica quinterna, lo strumento medievale da cui deriva la chitarra barocca, madre della chitarra moderna.. Attorno a lui stanno tutti gli strumenti della Passione, dal gallo alla lancia di Longino, passando per il calice del Getsèmani alle tenaglie e ai chiodi… dulcis in fundo, a condividere con Gesú Bambino (coronato di spine) lo sguardo fisso intensamente rivolto all’osservatore c’è un cranio dalle orbite vuote… sotto il piede del Bambino Divino.
Neanche Madonna o i Kiss hanno mai osato tanto, come impatto simbolico. La chiave ermeneutica la fornisce però (come è quasi sempre) il cartiglio che svolazza dall’angolo superiore sinistro fin sopra la testa del Bambino coronata di spine:
Cantabiles mihi erant iustificationes tuæ in loco peregrinationis meæ.
Ps 118 (119),54
Ossia:
I tuoi decreti erano per me tema di canto nel luogo del mio peregrinare.
Sal 118 (119),54
L’antica voce del salmista diventa canto e metacanto – ossia meditazione religiosa sul cantare – dalle labbra di Cristo, cui il versetto viene attribuito secondo l’atavica pratica del leggere i Salmi tra i libri profetici nei quali misticamente o si parla di Cristo o Cristo stesso parla di sé.
La missione del Redentore – per tornare al tema cristologico dell’articolo pubblicato su Aleteia – è letto come l’“esilio” del Verbo in un mondo che per il peccato si stava rendendo ἄ-λογος e ἄ-θεος. Come sta scritto:
Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo ordine inesorabile.
Sap 18,15
Alla vigilia della memoria di san Leone Magno – il grande dottore della Chiesa che raffinando l’elaborazione cristologica occidentale forní al Concilio di Calcedonia gli strumenti per trionfare tanto delle insidie dell’apollinarismo e del monofisismo di Eutiche quanto della peste nestoriana –, ci pare bello concludere questo momento di riflessione con un passaggio del quarto sermone sul Natale del grande Pontefice Romano:
Egli è vero Dio, e anche vero uomo; e in ambedue le nature non accoglie nulla di fittizio. “Il Verbo si è fatto carne” per elevazione della carne, non per difetto della divinità, la quale in tal modo ha diretto la sua potenza e bontà elevando ciò che è nostro con l’assumerlo e non ha perduto ciò che è suo nel comunicarlo.
Leo, Sermo IV in nativitate Domini, 3
Note
↑1 | Si tratta dunque di un’antica quinterna, lo strumento medievale da cui deriva la chitarra barocca, madre della chitarra moderna. |
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