I percorsi che come comunità cristiane offriamo più spesso ai nostri ragazzi sono quelli di preparazione al sacramento della comunione, poi a quello della cresima e molte parrocchie hanno anche dei percorsi post cresima con cui accompagnano i più giovani negli anni che corrispondono agli studi superiori. E poi? Poi in genere si lasciano andare… e sappiamo bene che questa fase non è facile, c’è un misto di commozione, di consapevolezza che c’è un tempo per ogni cosa, di incertezza su come saranno le loro strade, di affidamento, di… ultimissime raccomandazioni prima del distacco, per essere sicuri di aver detto e dato loro proprio tutto quello che potevamo… un po’ come la mamma di Timon in questa scena del Re Leone III… dai, ammettiamolo con sana autoironia, quali genitori ed educatori non si riconoscono in questo saluto?
Eppure, quando si è pronti a partire, la domanda principale che ogni giovane uomo e giovane donna si pone resta sempre la stessa: “Da che parte devo andare?”. E la risposta più saggia sembrerebbe proprio essere: “Questo dipende da quello che cerchi”.
E così, nell’anno appena trascorso, nella nostra parrocchia della Santissima Annunziata sulla via Ardeatina di Roma, abbiamo provato con una ventina di giovani universitari dai 19 ai 21 anni, che avevano concluso il loro percorso in oratorio, a rispondere a questa domanda, per preparare insieme a loro uno zaino da viaggio ben equipaggiato, che li rendesse abili e autonomi nel proseguire il loro cammino cristiano, soprattutto nei casi in cui le diverse condizioni di vita e di lavoro non sempre rendono possibile appoggiarsi a un gruppo o un percorso più strutturato. L’importante è sapere quello che si cerca e capire dove orientarsi. A questa meta noi abbiamo dato un nome: Bellezza. E il cammino condiviso insieme negli ultimi nove mesi era appunto diretto… verso la Bellezza, alla fine anche il nostro gruppo si è chiamato così.
Costruire o distruggere Bellezza
Cosa intendiamo per Bellezza? Forse un’immagine ne rappresenta il senso più di mille parole. Il Pontificio Seminario Romano Maggiore ha al suo interno una cappella che è stata recentemente restaurata da padre Marko Ivan Rupnik e dai suoi collaboratori del Centro Aletti: la parete di destra, dai colori acidi e freddi, raffigura storie bibliche in cui i protagonisti hanno detto “no” al progetto di Dio; la parete di sinistra, dai colori caldi e luminosi, rappresenta, invece, storie in cui l’uomo ha risposto “sì” alle chiamate del Signore; le immagini della parete centrale dietro all’altare, di colore rosso, che circondano il quadro della Madonna della Fiducia, ci ricordano, infine, quanta fecondità, vita e rinascita possano risplendere quando le nostre storie si uniscono all’Amore di Dio, scelgono di prendere parte alla Sua storia e accolgono la relazione con Lui, così come ci ha insegnato Gesù e come ha fatto Maria.
Ecco, questa è Bellezza, questa la nostra libertà, questo il senso, questa la direzione.
Per i più curiosi, la cappella vivrà presto una celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco, noi abbiamo avuto il privilegio di vederla in anteprima ricevendo una preziosa catechesi sulle scelte dell’uomo: vi possiamo assicurare che simbolicamente è molto forte, vi invitiamo a cercare le immagini appena saranno rese pubbliche o a visitarla, se ne avrete la possibilità.
La sinergia degli strumenti confluiti nella nostra proposta
Cosa mettere, dunque, nello zaino che accompagnerà i ragazzi in questo percorso? Quali strumenti consegnare a questi fratelli più piccoli?
L’equipaggiamento è stato ricco e corposo, frutto delle diverse competenze ed esperienze della nostra équipe, formata da un sacerdote e due educatori, di cui un ingegnere, ex scout e counselor e l’altra psicologa e formatrice. Il mix ha quindi tenuto conto di due dimensioni, quella spirituale e quella psicologica, che abbiamo cercato di tradurre in strumenti di crescita e di consapevolezza concreti e vicini alle vite dei ragazzi: due dimensioni intrecciate strettamente tra loro, in cui la relazione con se stessi si interseca nelle relazioni con gli altri e nella relazione con Dio.
Integrare queste dinamiche per renderle coerenti e comunicanti tra loro è stato il fil rouge di tutto il percorso, che abbiamo provato a suddividere in quattro grandi aree: Comunità, Carità, Preghiera e Sacramenti. Abbiamo costruito una mappa con queste quattro aree e una bussola al centro, che abbiamo consegnato ai ragazzi a inizio percorso e che abbiamo di volta in volta riempito di approfondimenti e strumenti pratici.
Facciamo un esempio. Siamo partiti dalle paure e dalle insicurezze dei ragazzi, le abbiamo esplorate e condivise, perché sappiamo che rappresentano il primo varco da attraversare per andare incontro alla Bellezza. Dal punto di vista di crescita umana, abbiamo dato ai ragazzi dei criteri di lettura per comprendere queste paure, per connotarle meglio emotivamente ed esserne più consapevoli (la psicologia aiuta a rispondere alla domanda “perché mi accade questo?”); dal punto di vista spirituale, abbiamo confrontato queste paure con storie bibliche di uomini e donne che avevano gli stessi timori, per vedere come il Signore è intervenuto in ciò che stavano vivendo, in una prospettiva temporale che guarda in avanti (la fede aiuta a rispondere alla domanda “in vista di cosa mi accade questo?”). Lo strumento di fede pratico è stato, in questo caso, insegnare e invitare i ragazzi a pregare attraverso la “scrutatio” per allenarli a cercare nella Parola di Dio le parole che il Signore oggi rivolge loro, nelle paure e nelle speranze che stanno vivendo.
Abbiamo proceduto quindi alternando occasioni per conoscere meglio se stessi ad altre in cui rileggere la propria storia facendo memoria della presenza di Dio e sperimentando nuovi modi di preghiera e di relazione con Lui, dal ringraziamento all’adorazione eucaristica, alla lettura dei Salmi, al Magnificat, alla direzione spirituale. Ci incontravamo per due ore una volta ogni tre settimane, con tutte le misure di prevenzione e protezione che l’emergenza sanitaria ci richiedeva, ma abbiamo anche proposto ai ragazzi di esercitarsi a casa, nel tempo di distanza tra un incontro e l’altro, con le schede di riflessione e le attività che suggerivamo loro, per condividere durante gli incontri ciò che emergeva, condivisioni tra pari che per i ragazzi sono la fonte di apprendimento più importante, e aggiungere nuovi elementi alla nostra mappa, grazie a lavori in piccoli gruppi, giochi, role playing, storytelling e quanto di più creativo potevamo inventarci. Siamo sempre rimasti disponibili anche per colloqui personali.
I ragazzi si sono così soffermati sui loro talenti, i loro punti di forza e le loro aree di miglioramento, sull’accettazione di se stessi così come sono, guardandosi con lo stesso sguardo di tenerezza che il Signore rivolge ad ognuno di noi, a partire dal sacramento del Battesimo che abbiamo approfondito meglio nel suo messaggio intimo e universale del “Tu sei il figlio amato in cui mi sono compiaciuto”. E poi hanno analizzato i linguaggi dell’amore che utilizzano più spesso nelle loro relazioni e per i quali ci siamo avvalsi della teoria dei cinque linguaggi dell’amore di Gary Chapman (parole rassicuranti, contatto fisico, ricevere doni, momenti speciali, gesti di servizio) per fermarsi a pensare anche ai linguaggi preferiti dalle persone con cui condividono la loro quotidianità e provare a modificare le loro modalità di comunicazione, tentando di andare incontro ai linguaggi che l’altro comprende meglio. Ma anche qui si sono fermati a fare memoria dei diversi linguaggi con cui il Signore comunica con loro e con cui loro stessi si relazionano a Lui.
Grazie anche al supporto delle teorie psicologiche dell’Analisi transazionale di Eric Berne, i ragazzi hanno esaminato le modalità con cui strutturano il loro tempo e le loro giornate in base all’autenticità e profondità dei loro rapporti, a come offrono (o non offrono) e ricevono (o rifiutano) riconoscimenti e sostegno nelle loro relazioni attraverso parole e gesti, e come nella ritualità e intimità degli incontri che vivono si inserisce anche l’incontro con Dio, attraverso il sacramento della riconciliazione, ad esempio, o la partecipazione alla messa. Lo sguardo che ricevono nei loro incontri con Lui, come cambia lo sguardo che loro rivolgono agli altri e al creato? Hanno infine approfondito la qualità delle loro relazioni, si sono allenati a riconoscerne le differenze, accrescerne la consapevolezza, provando a modificare alcuni comportamenti per lasciare posizioni aggressive o passive e spostarsi sempre più su posizioni assertive, dove rispettare sia se stessi che gli altri.
Il resoconto dei ragazzi
Il percorso è stato molto intenso e si è concluso con cinque giorni di campo nel mese di luglio, in cui abbiamo chiuso il cerchio ed esplicitato le dimensioni che rendono una persona autonoma e integrata: la consapevolezza sul chi siamo e cosa vogliamo, la spontaneità (intesa come risposta alla vita nel “qui e ora” e non in base a schemi o condizionamenti passati), l’intimità che si esprime nell’autenticità e verità di relazioni rispettose nella reciprocità. Tutto rapportato a uno sguardo di tenerezza e di progettualità che il Signore ha per ciascuno di noi.
Obiettivo finale è stato quello di portare i ragazzi ad assumersi delle responsabilità, a compiere delle scelte per proseguire il loro percorso di vita e di fede in modo armonico, per continuare a lavorare sulla loro consapevolezza, sulla loro spontaneità e sulla loro intimità, attraverso scelte che si possono concretizzare, rispettivamente, nel loro sapere, saper essere e saper stare, con se stessi, all’interno della società in cui sono inseriti e dentro una comunità di fratelli. Per questo li abbiamo anche incoraggiati a scegliere degli impegni da compiere nel loro prossimo futuro e in cui vivere questa Bellezza, traducendola ad esempio in azioni nel campo ambientale o in quello politico o sociale o comunitario, insieme a impegni o rituali per proseguire il loro dialogo con Dio.
Con le loro testimonianze condivise l’ultima sera del campo, intorno ad un falò, i ragazzi ci hanno raccontato di giovani cristiani che hanno nel cuore il desiderio di continuare a cercare se stessi, l’altro e Dio, non scrivendo più da soli la propria storia, ma provando a scriverla insieme a Qualcuno che li ama. Riportiamo qui alcune loro parole:
Scelgo di approfondire le mie conoscenze, continuerò a tentare di capire questa cosa il più possibile, per riuscire a definire meglio chi è veramente Dio per me, probabilmente non smetterò mai, ma per me questo è il segno della mia volontà di volerci stare.
Mettersi in gioco è importante per capire dove sei arrivato e come metterti in relazione con gli altri, non vi preoccupate se alcune cose non sono chiare, buttatevi in quello che vivrete.
Voglio continuare a rendermi conto della Bellezza che c’è intorno a me, per farlo voglio continuare a osservarla, comprenderla, cercando il fascino che a volta sfugge ai nostri occhi, ogni persona ha la sua bellezza e qualcosa da insegnarci.
Per alimentare la mia fede ho capito che voglio continuare a mettermi in gioco, a sporcarmi le mani nella comunità e nella carità, attraverso la fraternità e il servizio, mettendo da parte i miei pregiudizi e i miei timori.
Scelgo di trasformare i miei no in sì soprattutto aprendomi a nuove relazioni di amicizia che prima per timidezza evitavo.
Prima di quest’anno non riuscivo a vedere Dio propriamente come un Padre, rappresentava per me una forza esterna molto forte a cui mi aggrappavo, guardarlo sotto un’altra luce mi ha fatto prendere ancora più consapevolezza di quanto possa essere veramente amata e di quanto potere ho nell’amare il prossimo.
Volevo ringraziarvi per tutto il percorso fatto insieme e per quello che ognuno di voi mi ha lasciato entrando nella mia vita.
Tutti i no che ho detto sono causati dallo schema di vita che mi portavo dietro e che non mi faceva mai sentire adeguata, ma ho capito che questo contraddice il vero messaggio secondo cui invece sono una figlia amata da Dio.
Credo nell’amore, in questa forza potente che smuove i nostri animi, che ci permette di entrare in intimità e ci lega alla certezza di essere importanti.
Per alimentare la mia fede, oltre al servizio, scelgo la dimensione della fraternità e del ringraziamento, per trovare la Bellezza del creato nella vita di tutti i giorni scelgo di vedere ogni cosa come un dono.
La Bellezza è qualcosa di indescrivibile e per me si riassume nelle relazioni, io sento la Bellezza nelle relazioni, in ciò che ognuno mi dà e grazie a cui posso conoscermi meglio, mi impegnerò ad aiutare gli altri perché tramite le relazioni ognuno trovi la sua strada.
Oggi decido di prendermi del tempo per capire dove mettere il mio impegno verso quella parete rossa, quella gialla, camminando ogni giorno verso la Bellezza.
Ho capito che saper essere significa slegarsi dalle convinzioni di come pensiamo di essere e farci sorprendere se ci scopriamo cambiati.
Abbiamo pensato di raccontare questa esperienza perché la Bellezza si condivide, perché l’amore si mette in circolo, perché ogni educatore possa sentirsi incoraggiato dalle testimonianze di giovani che continuano, anche oggi in questi tempi confusi, a dire i loro “sì”, e perché crediamo che formule, di cui questa è solo un esempio, che mirano a integrare dimensione umana e dimensione spirituale, calzandole in modo interattivo ed esperienziale nella concretezza della vita dei più giovani, funzionano e possono realmente costruire ponti… verso la Bellezza. Continuiamo a far dialogare queste esperienze, a renderle disponibili nelle nostre comunità, restando aperti a svilupparle e adattarle ai tempi, ai diversi contesti e alle diverse risorse di volta in volta disponibili, mettiamoci del nostro e poi lasciamo andare… come accade per un figlio, con la fiducia che “sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo” (Sal 1).
sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua,
Sal 1
che darà frutto a suo tempo.
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