«Il cammino sinodale tedesco soffre di un grave difetto nativo», ritiene il cardinale Walter Kasper. «Perché non ha esaminato le questioni critiche alla luce dell’Evangelo» – s’interroga il prelato – e non soltanto dalla prospettiva delle scienze umane?
In una lunga intervista pubblicata il 9 giugno 2021 nel bollettino della diocesi di Passau, il cardinal Kasper, spesso considerato uno dei tenori dell’ala progressista, si mostra critico di fronte all’evoluzione del “Synodaler Weg” avviato in Germania. Per l’ex presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, la norma è Gesú Cristo soltanto. Nessuno può porre un altro fondamento.
Interpellato sull’impressione di cacofonia che promana dal cammino sinodale tedesco, il cardinale – oggi 88enne – non la manda a dire:
Bell’immagine che si offre agli osservatori di fuori! Sono molto preoccupato, ma vorrei aspettare prima di esprimere un giudizio globale definitivo. Per il momento, abbiamo sentito delle voci individuali, talvolta stridenti, e quelle di gruppi particolari che si fanno sentire pubblicamente, però non abbiamo ancora dei testi deliberativi. Da principio forse si è fatto bene a lasciare che le differenti opinioni si esprimessero senza filtro… Quando dico questo però non mi arrivo a intendere che rivendicazioni quali l’abolizione del celibato e l’ordinazione sacerdotale delle donne possano alla fine trovare la maggioranza dei due terzi della Conferenza Episcopale o essere consensuali nella Chiesa universale.
Disgregazione tra i vescovi
Per il cardinal Kasper, il cammino sinodale tedesco poggia su gambe deboli:
Non si tratta né di un sinodo né di un semplice processo di dialogo: all’inizio c’è il momento dialogico, poi la Conferenza episcopale prende la parola e alla fine tocca al papa, per quanto riguarda le richieste alla Chiesa universale. Inoltre, ogni vescovo è libero di riprendere nella propria diocesi quel che gli sembra appropriato. È difficile immaginare come tutto ciò possa essere ricondotto a un denominatore comune, tenendo conto dell’evidente disgregazione tra i vescovi tedeschi.
Il prelato denuncia un grave difetto nativo del sinodo:
Perché il Cammino sinodale non ha esaminato le questioni critiche alla luce dell’Evangelo? Certo, dobbiamo tenere conto delle recenti scoperte delle scienze umane, ma la norma è Gesú Cristo soltanto. «Nessuno può porre un altro fondamento» (1Cor 4,7).
I problemi tedeschi non sono necessariamente universali
La pretesa dei Tedeschi di voler sempre mostrare la strada agli altri è, per il cardinale, un’altra pietra di inciampo:
Noi Tedeschi siamo rispettati nel mondo per la nostra chiarezza di spirito, per il nostro talento organizzativo, per la disponibilità al dono e per la nostra teologia. Constato però che altre nazioni reagiscono con irritazione quando diamo l’impressione di voler imporre loro le mete al motto “l’essenza tedesca sanerà il mondo” [«Am deutschen Wesen soll die Welt genesen»]. Questo slogan ripreso dai nazisti ha avuto conseguenze terribili che non sono state ancora dimenticate.
Per molti cattolici nel mondo, non necessariamente i problemi tedeschi sono universali:
I miei amici di Sant’Egidio – che certamente non sono degli oscurantisti – mi ripetono incessantemente: «Quello che fate è “fuori dalla storia”, sconnesso dalla vita, dal mondo e dalla storia. L’abolizione del celibato e l’ordinazione delle donne sono davvero i problemi dell’umanità di oggi? Non è necessario sposare totalmente questa critica, però essa deve farci riflettere.
Una perdita d’identità sia tra i cattolici sia tra i protestanti
Interpellato sulla questione ecumenica, e in particolare sull’intercomunione, il cardinal Kasper si nega a una risposta evasiva:
Quando ripenso alla mia infanzia e alla mia giovinezza mi rendo conto che abbiamo fatto enormi progressi, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, cose totalmente inimmaginabili all’epoca. Se, malgrado questo, restano ancora dei progressi da fare, ciò non si deve soltanto alla stolida testardaggine di Roma, che del resto c’è pure in Germania… come ovunque, del resto.
La ragione profonda è altrove. Il dialogo necessita dei partner che abbiano la loro propria identità, e che abbiano qualcosa da dirsi sul loro cammino comune. Tanto da parte protestante quanto sul versante cattolico, constato una spaventosa perdita d’identità. Molti non sanno neanche piú che cosa è cattolico e che cosa protestante. Non è che abbiano superato le differenze: non le conoscono piú. E quindi avanziamo in un sogno nebuloso diffuso e in un apparente ecumenismo: il fatto che le questioni non sollevino piú interesse non significa che esse non esistano piú.
Frasi come “La diversità riconciliata” e “l’unità nella diversità” sono diventate luoghi comuni. […] La diversità riconciliata sarebbe profondamente disonesta, se ci accontentassimo di lasciare da parte le differenze fondamentali e di pretendere che siamo uniti. Quanto all’unità nella diversità, bisogna domandarsi: dove l’unità è necessaria? E dove la diversità è possibile?
Niente intercomunione generalizzata
Il Cardinale ritiene che la proposta di una intercomunione generale – in occasione del “Kirchentag” ecumenico tedesco del maggio 2020 – non sia stata giudiziosa:
Roma non poteva fare molto, a parte dare rapidamente un segnale di stop. Certe questioni restano effettivamente da rischiarare. Neanche io ho delle soluzioni per ogni questione aperta, e per questo non potrei mai, in coscienza, lanciare un invito generale alla comunione. D’altra parte, per rispetto alla decisione personale della coscienza di ogni cristiano, in quasi 65 anni di sacerdozio, non ho mai rimandato indietro una persona che si sia presentata per la comunione.
Riscoprire la radicalità dell’Evangelo
La crisi della Chiesa tedesca, colpita da molte diserzioni, è troppo importante per essere risolta a mezzo di sole riforme strutturali, sottolinea ancora il Cardinale:
Il rinnovamento deve provenire da una crescita interiore della fede, della speranza e dell’amore. Dobbiamo uscire dal paesaggio brumoso e riscoprire l’Evangelo in tutta la sua radicalità, e diventare cosí una Chiesa nuova, che nuovamente attira i molti giovani e meno giovani alla ricerca di senso.
Facendo questo, in un mondo che si fa sempre piú piccolo e nondimeno resta fortemente conflittuale, non dobbiamo soltanto girare attorno ai nostri problemi e alla nostra sensibilità tedesca. Non può esserci sinodalità senza solidarietà con i milioni di persone che soffrono la fame, che fuggono la guerra, la violenza e le calamità naturali, che vengono discriminate e perseguitate per la loro fede. Le donne e i bambini sono i primi a soffrire, e indicibilmente, in siffatte situazioni! Nei nostri sinodi non possiamo ignorare l’ingiustizia che deflagra per il mondo! Essa minaccia la pace mondiale, e anche la pace qui in Europa!
Nella “Fratelli tutti”, l’enciclica sulla fraternità sociale tra tutti gli uomini – conclude il cardinal Kasper –, papa Francesco ci ha mostrato che cosa significa essere cattolici nel XXI secolo. Possiamo riconoscere ancora una volta il volto di Gesú Cristo su quello dei nostri fratelli e sorelle sofferenti.
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