Un cordone per l’immunità in chiesa
Il distanziamento rimane un elemento necessario e va accompagnato con una distribuzione geometrica che metta al sicuro coloro che, non essendo positivi ai sierologici, non sono ancora entrati a contatto col virus. In questa rappresentazione si può vedere una soluzione suggerita in base alle classiche collocazioni dei banchi nelle nostre chiese, con banchi “lunghi” (3 metri o più) o corti (2 metri o meno). Il fedele non sieropositivo (in rosso) ha come più vicini 3 sieropositivi collocati ad angolo retto (in blu), dietro e di lato ad una distanza di 2 metri e lungo la diagonale (ad una distanza maggiore): perché ciò sia possibile il fedele non sieropositivo deve sedersi ad un estremo di un banco “lungo” o non più vicino che al centro di un banco “corto”, inoltre la fila dei banchi subito dietro deve rimanere vuota, rimanendo vuoti così tutti i banchi una fila sì ed una no. Useremo in quest’esempio banchi di tipo “lungo” per esemplificare il modello.
Consideriamo i fedeli in piedi e approssimiamo per una maggiore applicabilità. L’ingombro medio di un maschio adulto è di 60 cm, così i due fedeli agli estremi del banco lungo alla peggio sono distanti spalla a spalla 1,8 m (= 3 – 0,6×2 m ), mentre la distanza tra bocche e nasi dei due fedeli è di 2,1 m. Considerando l’estensione del banco fino allo schienale e sommando con l’inginocchiatoio (ca 1 m) 2 volte, possiamo assumere un quadrato di 4 m2, così che immuni o meno siamo al di fuori del raggio delle droplets. Il fedele sieropositivo lungo la diagonale è distante dal non sieropositivo ca 2,8 m. Il rapporto tra sieropositivi e non in questo quadrato si mantiene 3 a 1, ovvero il 75% di sieropositivi.
Disinteressandoci della plausibile trasmissione via aerosol e focalizzandoci solo sulle droplets, non avremmo motivo di non collocare lungo la diagonale un fedele certamente non immune, ma del resto con lo stesso criterio egualmente si potrebbe fare per gli altri 2 vertici del quadrato, essendo anch’essi fuori dal raggio delle droplets (e del resto contagiarsi di spalle sarebbe ostico se l’emissione infettiva precipita invece che rimanere in sospensione). Qui sta dunque la differenza nel considerare gli immuni come fattore determinante. Con la presenza dei sieropositivi, le emissioni di aerosol in sospensione degli infettivi trovano lungo le proprie direttrici quelle dei probabili immuni, con una ben minore probabilità di formazione di “nuvole di aerosol” virale, o comunque con una carica virale fortemente ridotta, essendo la concentrale virale dell’eventuale nuvola divisa per 4.
Questo modulo a quadrato è alla base distribuzione per tutta la navata nella nostra proposta. Prendiamo una chiesa parrocchiale della tipologia più classica, con due colonne di banchi simmetriche ai lati del corridoio centrale (separate da almeno 2 metri), che si ripetono dal presbiterio all’ingresso per una ventina di file. Se si ripetesse la medesima distribuzione del quadrato iniziale, i due fedeli non sieropositivi sarebbero separati da 4 metri: il primo in I fila, il secondo in V fila. Per aumentare il distanziamento senza perdere spazio è sufficiente alternare i positivi posizionandoli uno a sinistra ed uno a destra, così che la loro distanza non è di 4, ma di 4,5m 1Si fa presente, vedi nota 2, che alcune stime per la presenza del virus in aerosol in ambienti ospedalieri parla di 4 metri. Altre stime parlano di 8 metri ed alcune ricerche ipotizzano che il virus sia arrivato in aerosol alle attività commerciali limitrofe dei centri ospedalieri di Wuhan a qualche decina di metri. Qui il distanziamento è associato alla presenza dei probabili immuni proprio per ridurre una propagazione “a ponte”.. Il fedele non testato in V fila non ha più un perimetro di 3 fedeli probabili intorno, bensì di 5 solo nella propria colonna. Così per ogni quadrato fino al fondo della chiesa. La stessa disposizione si mantiene nella colonna dell’altro lato della chiesa, non simmetrica (che porterebbe relativamente prossimi, a 2 metri, due non sieropositivi), ma traslata di modo che ad ogni vertice di una colonna corrisponde il medesimo nell’altra. In questo caso se il corridoio centrale è di 2 metri, la distanza laterale tra due fedeli non sieropositivi lungo la fila sarà di almeno 4 metri ed ognuno meno che quelli in prima fila sarà circondato da 8 probabili immuni.
Se i posti in chiesa sono costituiti da file di banchi del tipo denominato qui “lungo” (> 3 metri), la disposizione di 2 fedeli per banco a banchi alternati restituisce un numero di fedeli pari al numero degli stessi banchi: per una chiesa che ha venti file di banchi in 2 colonne, si tratta di ammettere 40 persone, di cui 30 sieropositive e 10 non testate. Sostituendo per ogni banco lungo una coppia di banchi denominati “corti” (2 metri) e correggendo la larghezza del corridoio centrale con la presenza di corridoi laterali, si ottiene facilmente una disposizione equivalente dove ad ogni banco corrisponde un fedele (che idealmente si posiziona al centro delle colonne centrali, anche più a lato in quelle laterali). Per le chiese dove i banchi sono in dimensioni intermedie tra 2 e 3 metri, con adeguati accorgimenti si può adottare il modello a banchi corti (sacrificando ad esempio l’ampiezza del corridoio centrale) oppure si possono sostituire ai banchi le sedie per l’intera navata e distanziando le file tra loro di 2 metri (ma ciò si valuti con attenzione per l’opportunità di tenere gli inginocchiatoi).
Con questa disposizione a linea spezzata dei fedeli non testati si assicura un cordone che li isola l’uno dall’altro ad una distanza di più di 4 metri, circondato ognuno di loro da fedeli sieropositivi (da 3 a 8). Nella premessa di avere a monte una stima di sovrapposizione tra la positività al test sierologico e il test molecolare negativo, i numeri permettono di assumere come raggiunta l’immunità di gruppo per l’assemblea per l’eventuale trasmissione via aerosol. Inoltre è utile anche per abbattere il rischio di contagio dalle superfici: posizionare i fedeli a file alternate permette di usare le file dispari nella prima celebrazione e le file pari nella successiva (o viceversa) igienizzando e disinfettando le superfici dei banchi dopo due celebrazioni, anziché dopo ognuna. Ciò consente un tempo adeguato di attenzione per la sanificazione senza dover intervallare le celebrazioni con tempi che pregiudicherebbero lo svolgimento di diverse nell’ambito della stessa mattina o dello stesso pomeriggio. Oltre ad alternare i banchi tra pari e dispari, anche scambiare i posti dei fedeli tra una celebrazione e l’altra può aiutare ad abbattere il rischio di contagio da superficie: posizionando il fedele non testato al banco dove prima stavano i due fedeli sieropositivi, si colloca un fedele vulnerabile all’infezione dove prima non c’erano agenti infettivi e viceversa dove prima c’era un potenziale infetto, ora è collocato un probabile immune che non risente dell’eventuale deposito del virus sulla superficie del banco.
Note
↑1 | Si fa presente, vedi nota 2, che alcune stime per la presenza del virus in aerosol in ambienti ospedalieri parla di 4 metri. Altre stime parlano di 8 metri ed alcune ricerche ipotizzano che il virus sia arrivato in aerosol alle attività commerciali limitrofe dei centri ospedalieri di Wuhan a qualche decina di metri. Qui il distanziamento è associato alla presenza dei probabili immuni proprio per ridurre una propagazione “a ponte”. |
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Grazie del contributo a doppia firma. Apprezzabile per la generosità, la competenza e lo spirito di servizio Ecclesiale e Civile. Servire è bene ed è bello. E dona gioia. Sono lieto se, in prosieguo, dalla lettera pastorale del Card. Bassetti, si possa toccare più approfonditamente l’aspetto inerente la differenza tra identità ed identitarismo, in parte accennata in questo stesso articolo e da me ripresa (nei tempi che mi sono possibili) su facebook. Penso, ad esempio, alla bella firma di Emiliano Fumaneri. Aiuterebbe non poco a dipanare improprie manipolazioni delle parole dei pastori e migliorerebbe la nostra presenza feconda, nella comunità, come cattolici. Grazie.
Il problema principale nell’affrontare questo problema, che oggi sembra dilaniare i credenti (ma tanto ogni giorno ce n’è uno) e quindi la Chiesa intesa come corpo Mistico, è che si passa da valutazioni diciamo “teologiche” e se vogliamo anche “escatologiche”, ad altre che sono tipicamente “epidemiologiche”, se non strettamente medico-scientifiche.
Quasi inevitabili, giacché o si fa un discorso “mistico” del tutto astratto dalla realtà immanente, o da queste valutazioni bisogna partire per salvaguardare la salute fisica nostra e dei nostri cari (ma verrebbe comunque per qualunque nostro “prossimo”), che seppure non più importante in ultima analisi della salute dell’anima, non è cristianamente da disprezzare, anzi.
E qui un po’ “casca l’asino”, giacché anche le proposte “logistiche” per una ripresa delle Celebrazioni in chiesa, partono da tutta una serie di considerazioni e anche ricerche (distanze, diffusione, permanenza del visus, ecc.) che NON sono unanimemente condivise o diciamo, divenute “ufficialmente unico riferimento certo”.
Questo dico, non per criticare o sminuire, ma per pormi la domanda: sulla base di quali dati?
Mia moglie (infermiera) è rimasta contagiata. Grazie a Dio ne è uscita. E’ già il secondo tampone a cui viene sottoposta, il secondo negativo, ma con tracce del virus nel sangue, che sono ora attribuite alla presenza di anticorpi. Benissimo…. ma è ora realmente immune? Non vi è certezza e non sono io a dirlo, tant’è che settimanalmente viene ri-sottoposta a tampone (tralasciamo il come e dove che è ulteriore onere perché non eseguito – parrebbe logico – nell’ospedale in cui lavora)
Quindi su cosa basare tutta una serie di valutazioni fatte anche qui?
Dall’altro lato, l’ultima comunicazione del Governo (che alla fine è ciò che volenti o nolenti, produce regole applicative) sulle normative per la ripresa delle attività lavorative in situazioni di “vicinanza”, più o meno ristretta o “densa”, se applicato alle Celebrazioni Liturgiche, non parrebbe – a mio giudizio dato che non vengono menzionate – imporre spazi così “allargati” come qui proposti, seppure intelligentemente e prudenzialmente proposti.
Vi è poi il non piccolo problema di dover identificare, come, dove e quando, i (supposti n.b.) immuni o divenuti tali, dai “contagiabili”. Questo sempre nel seguire gli schemi proposti.
Con quale documento? Esigibile in base a cosa? Da chi? (come dove quando)
Crediamo forse che tutto si possa regolamentare con un umano oltre che cristiano “buon senso”?
Grazie per la condivisione e molti augurî a tua moglie e a tutti voi.
Abbiamo l’ambizione, come dovrebbe risultare evidente dalla lettura, di aver coniugato sia un vero afflato mistico (piú volte evochiamo il Mysticum Corpus Ecclesiæ) sia le piú aggiornate conoscenze che la letteratura scientifica offra sul tema.
Il resto ci sembra approssimazione politica, fatta soprattutto per tentare di non far precipitare il Pil ancora piú in basso di dove già sembra destinato. La Chiesa però dovrebbe distinguersi per un approccio piú vasto e comprensivo, come peraltro ha sempre fatto in simili circostanze.
E’ ben giusta ambizione…
Il mio commento voleva essere solo un contributo ad aspetti molto, molto, pratici.
Grazie per gli auguri.
Hai fatto considerazioni, anche quelle di carattere pragmatico, che vanno certamente tutte affrontate. Avrei voluto soffermarmi di più sui limiti della misura di immunità – che invero sussistono anche dopo la rilevazione delle IgG e dopo il terzo tampone negativo (quando i falsi negativi diventano trascurabili) – ma avrebbe richiesto un discorso a monte che, per le finalità di una lettera, già resa non solo ambiziosa come dice Giovanni, ma forse perfino pretenziosa, era oggettivamente eccessivo. Allo stato attuale possiamo dire una certa immunità esiste, anzi si può parlare perfino di “sangue/plasma iperimmune” in quanto le trasfusioni da pazienti guariti (in totale remissione e negativi al tampone) si stanno dimostrando efficaci pressoché ovunque vengano impiegati.
Non abbiamo ancora prove dirette della presenza di anticorpi specifici, identificati ed isolati come singola molecola isolata (bisogna tener presente che i guariti registrati con più anzianità da CoViD-19 hanno sì e no 4 mesi), il test sierologico rileva le immunoglobuline per prove indirette, come ad esempio fa il test quantitativo a chemioluminescenza su prelievo ematico della DiaSorin. Gli ultrarapidi a pungitura funzionano diversamente e si dicono qualitativi, in genere con minore affidabilità, ma pare ci siano diversi kit al vaglio di Regione Lombardia e dell’ISS che danno affidabilità comparabile a quelli quantitativi individuati, finalmente, anche in sede centrale con la notizia odierna. La loro valenza è, come si è detto, anzitutto di mappatura epidemiologica, ovvero nel descrivere se si è stati contagiati dal virus.
Per l’immunità la “Cassazione” rimane inevitabilmente il tampone. Se sono 3 i negativi, meglio, ma già dopo il 2° avremmo una stima dell’ordine di grandezza che ci interessa. La nostra proposta si basa sulla stima di sovrapposizione appunto per ovviare a questi limiti. Se entro un certo territorio la quota di sieropositivi negativi al test molecolare si attesta al di sopra di una soglia come descritta, allora proprio per la sua valenza epidemiologica circoscriverà sui grandi numeri, con quella precisione, anche gli immuni. Certo nel microscopico (nel piccolo comune, nella località) non si può avere la certezza che quella percentuale si conservi. Ma al momento è l’unico dato che possiamo ottenere con una certa estensione, rapidità, facilità, economicità ed omogeneità, utile a fare una vera valutazione di rischio minimo.
Altro discorso, molto complesso, è provare a stimare quanto durerà suddetta pressoché certa immunità. Per SARS-1 dura ancora dopo 17 anni. Ma per i coronavirus del raffreddore dura pochi mesi. Questo virus assomiglia geneticamente e sintomaticamente a SARS-1 ma si propaga come i coronavirus del raffreddore, quindi potrebbe anche mutare come i coronavirus del raffreddore, il quali aggirano entro la stessa stagionalità la memoria immunitaria. Il che vorrebbe dire che diventerà stagionale o biennale, come molti dei migliori epidemiologi (Lipsitch, Vespignani) immaginano. Discorso, come vedi, molto complesso da affrontare in una lettera.