Alla vigilia del suo settimo anniversario di pontificato, ieri Papa Francesco, celebrando la messa in Santa Marta, diceva:
Continuiamo a pregare insieme, in questo momento di pandemia, per gli ammalati, per i familiari, per i genitori con i bambini a casa; ma soprattutto io vorrei chiedervi di pregare per le autorità: loro devono decidere e tante volte decidere su misure che non piacciono al popolo. Ma è per il nostro bene. E tante volte, l’autorità si sente sola, non capìta. Preghiamo per i nostri governanti che devono prendere la decisione su queste misure, che si sentano accompagnati dalla preghiera del popolo.
E ieri sera pensai di poter leggere quelle parole come una premonizione per le disposizioni della CEI che sarebbero giunte in serata: quasi la voce del papà buono che ci consola in anticipo del bruciore dell’imminente iniezione. Dicevo cosí perché (per quel che so e capisco di queste cose) un provvedimento come quello di ieri sera non arriva da Viale Aurelia senza previo colpo di telefono con la Segreteria di Stato. Solo ventiquattro ore dopo si ritrovava nel medesimo luogo, improvvisamente solo, aggiungendo (quasi stesse riprendendo il discorso del giorno prima):
[…] Vorrei anche pregare oggi per i pastori che devono accompagnare il popolo di Dio in questa crisi: che il Signore gli dia la forza e anche la capacità di scegliere i migliori mezzi per aiutare. Le misure drastiche non sempre sono buone, per questo preghiamo: perché lo Spirito Santo dia ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino da solo il santo popolo fedele di Dio. Che il popolo di Dio si senta accompagnato dai pastori e dal conforto della Parola di Dio, dei sacramenti e della preghiera.
Non sembra che sia utile porre la questione in termini di autorità, ma la domanda sorge spontanea: c’è forse distonia, in merito ai recentissimi e noti provvedimenti, fra la Santa Sede e la CEI? Il meno che si possa dire è che il Santo Padre sembri dubbioso sulla bontà complessiva di un simile giro di vite che, a memoria storica, non si ricorda in Europa dai tempi della Spagnola. Non a caso ieri sera in Francia Emmanuel Macron ha parlato a reti unificate della «piú grave emergenza sanitaria da un secolo a questa parte».
Che succede dunque? Forse che in excelsis s’intravede nel Covid-19 un potenziale letale simile a quello della Spagnola e, benché non vogliano (ancora?) dircelo apertamente, i governanti tutelano la salute pubblica anche a mezzo di provvedimenti “estremi”? Oppure l’occasione è propizia per osare qualche mossa piú audace sul bimillenario scacchiere dei rapporti Stato-Chiesa? E se fosse mai questo il tema, che cosa accadrà in Francia, dove lo Stato ha facoltà di chiudere direttamente le cattedrali?
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