Abusi spirituali: intervista esclusiva al Generale dei Certosini

11 février 2020 : Dom Dysmas de Lassus, prieur et ministre général de l'Ordre des Chartreux. Monastère de la Grande Chartreuse à Saint-Pierre de Chartreuse (38), France.

Che cos’è un abuso spirituale? Come scovarlo? Come reagisce la Chiesa? Dom Dysmas de Lassus, priore della Grande Certosa, ha volto per quattro anni un’inchiesta su un flagello che può condurre «a drammi inauditi». L’abbiamo intervistato. 

Perché lavorare quattro anni sul dramma degli abusi spirituali? 

Anzitutto, posso dire francamente che ho trovato nella vita religiosa più felicità di quanta ne avrei mai sognata. E non è tutto qui! Non dico però che sia facile. Degli incidenti… se ne trovano sempre… però non è chiudendo gli occhi che li eviteremo. Prendiamo l’esempio dell’aereo. Gli incidenti aerei colpiscono per la loro portata. Eppure si tratta del mezzo di trasporto più sicuro in assoluto. Questa sicurezza l’aereo l’ha conquistata a forza di perseveranza. Ogni grave incidente dà luogo a un’inchiesta approfondita col fine di scovare la causa esatta del dramma per evitare che si ripeta. 

Indagare per guarire, è dunque questo l’oggetto del suo lavoro… 

Quel che ha motivato la mia inchiesta è l’incontro con diverse persone distrutte da abusi spirituali. È perlomeno drammatico sentire delle religiose che avevano abbracciato la vita consacrata con generosità e che sono diventate incapaci di pregare! Ogni caso è unico e a sé, ma ho constatato con stupore i punti che nei diversi racconti si ripetevano identici. E poi insomma credo che non possiamo più tacere queste situazioni! Per i fedeli, il fatto di aver nascosto degli abusi è forse uno scandalo maggiore degli abusi stessi. L’attitudine della Chiesa volta ad ascoltare le vittime e a metterle al centro è una novità. 

Davvero? E lei a quando fa risalire questo cambiamento? 

La Chiesa è cambiata nel 2019, in Francia. Ciò è meno evidente in altri paesi, come gli Stati Uniti: lì non vogliono più rogne, quindi non bisogna più avere vittime… ma è a queste che si sta pensando, anzitutto? Per tornare alla Francia, nel quadro degli abusi sessuali sono comparsi molti studî dedicati. E poi molti eventi hanno spinto la Chiesa a reagire, finalmente. Il processo Barbarin, per quanto sia stato lamentabile da certi punti di vista, ha avuto un effetto considerevole. In quest’occasione, come pure durante la riunione dei vescovi di Francia a Lourdes alla fine del 2018 o durante il summit romano sugli abusi, nel 2019, i partecipanti hanno sempre detto che quanto aveva cambiato il loro sguardo era l’aver potuto sentir parlare direttamente le vittime. 

Siamo franchi: se non ci fossero stati tutti questi processi pieni di rivelazioni che hanno fracassato e umiliato la Chiesa, saremmo ancora immersi nel fango e gli abusi sarebbero proseguiti. È un poco triste, che la Chiesa non sia stata capace di fare da sola il lavoro su di sé, e che ci siano voluti dei giornalisti o talvolta delle persone malevole. Non era questo il modo migliore in cui la cosa sarebbe potuta andare… ma almeno s’è rotto il ghiaccio. La Chiesa ha reagito dunque sulla questione degli abusi sessuali. Penso anzi che oggi se ne possa essere fieri – evidentemente non per quanto concerne il passato – ma sulla maniera in cui oggidì le cose vengono trattate. Resta da svolgere lavoro analogo sulla questione degli abusi spirituali. 

A questo punto la Chiesa è davvero capace di ascoltare le vittime? 

Sì. E bisogna capire per bene che se non lo farà tutto riprenderà come prima. La sordità di alcuni responsabili ha portato a drammi inauditi. Sapete, ci sono circostanze in cui si ascoltano vittime di abusi con lo scopo di farle tacere. Questo capita quando la reputazione della comunità oppure l’interesse personale sono più forti della sofferenza altrui. Bisogna rovesciare la cosa e passare dal riflesso “la vittima è una minaccia” a “la vittima è un medico che mi diagnostica un cancro”. Insisto: il medico che vi annuncia un cancro non è vostro nemico. 

Come definisce, lei, il cancro mortale dell’abuso spirituale? 

Ci hanno già pensato i vescovi svizzeri: l’hanno definito “il trarre profitto da un ascendente morale”. Ciò vuol dire che la persona dotata di ascendente morale (un genitore, un professore, un padre spirituale, un superiore eccetera), invece di esercitarlo per il servizio lo utilizza per sfruttare l’altro a proprio vantaggio. In un contesto ecclesiale, si potrebbe dire che il potere per il gregge diventa un potere sul gregge. Il pastore non è più al servizio del gregge, ma il gregge al servizio del pastore. Insomma, la questione fondamentale è sapere come si utilizza quest’ascendente e quale limite vi si pone. Più è grande, più la persona che ne è depositaria se ne servirà per il bene o per il male. In realtà, gli abusi non sono esterni a noi: sono in potenza all’interno di ciascuno di noi. 

Gli abusatori non sono dunque sempre delle personalità dalla struttura perversa? 

Quando siete fondatori o superiori adulati dalla vostra comunità, è difficile resistere all’orgoglio. I membri di una comunità spalancano talvolta cancelli enormi al demonio glorificando il fondatore mentre è in vita. Questo riflesso è stato forse esacerbato dopo il Concilio, quando i cattolici hanno vissuto un senso d’insicurezza e hanno desiderato rifugiarsi presso persone “solide”. Poco a poco, il successo di queste persone – sane nei fondamenti – ha potuto montare loro la testa. Nella mia riflessione io constato che nella maggior parte dei casi un Padre abate che deraglia non è un personaggio inizialmente perverso. È il tempo, l’ambiente e poi l’orgoglio, la gloria, il potere… ciò che poco a poco lo piega. 

I superiori colpevoli di derive ne hanno coscienza? 

Penso che molto spesso tutto avvenga in modo inconscio: non è il caso di un falsario, che sa bene ciò che sta facendo. Se il fondatore è convincente è perché è convinto. Egli maneggia allora l’obbedienza come uno strumento che rende schiavi restando convinto di essere nel bene. Quest’incoscienza è più complicata da individuare nel caso di abusi sessuali. Preciso al volo che un abuso sessuale è generalmente preceduto da un abuso spirituale. Per tornare a quel che stavo dicendo, posso assicurarvi che alcuni abusatori sessuali che ho incontrato non avevano sempre compreso il problema! Quel che è incredibile è come delle persone intelligenti potessero talvolta giustificare gli abusi dicendo: «È un dono talmente grande quello che Dio ci offre che, per noi, questo è permesso». Peggio ancora: si possono leggere testimonianze di vittime che raccontano come il superiore ritenesse che non solo Dio permettesse, bensì che volesse! Ancora una volta, non si tratta di persone affette da patologie psichiatriche, di per sé. 

Non sarà una comprensione deviata dell’obbedienza che, a un certo punto, provoca questi drammi? 

Nel mio libro non dico niente di nuovo e di straordinario sull’obbedienza religiosa; sono però colpito di vedere come alcune cose che dovrebbero essere ben note non lo sono affatto! La giusta obbedienza è necessariamente a immagine di Cristo: non è un’obbedienza a un uomo, ma a Dio. Perché essa si renda concreta, bisogna che s’incarni in una realtà: essa passa dunque attraverso l’obbedienza a un uomo. L’obbedienza di Abramo si manifesta tramite il sacrificio di Isacco. Attraverso questo atto Dio gli permette di andare oltre, nella sua obbedienza, non soltanto col desiderio ma anche nel cuore della sua carne. 

Bisogna quindi sempre vedere l’obbedienza a un superiore come la grazia di poter obbedire a Dio con un atto molto concreto. Questo permette di dare un senso incredibile al fatto di ramazzare un chiostro. Si capisce: l’azione richiesta deve sempre rispettare la mia umanità. Un religioso è un essere dotato di intelligenza e responsabile dei suoi atti. Generalmente è quando l’obbedienza si concentra sul superiore che cominciano i problemi. 

Si dice spesso che il superiore è per il religioso l’immagine di Dio. Scrivendo questo libro, ho compreso che per il superiore il religioso è l’immagine di Gesù: è un figlio di Dio che non è mai proprietà di un uomo. 

Oltre all’obbedienza mal compresa, quali sono i meccanismi che favoriscono gli abusi spirituali? 

Lo zelo dei giovani religiosi affamati d’assoluto ma ancora non attrezzati per il discernimento può essere utilizzato dall’abusatore. Le motivazioni altamente spirituali ma sconnesse dalla loro umanità possono sedurli senza che quelli sappiano rendersi conto dei danni che si produrranno nel lungo periodo. Il più delle volte, nella vita religiosa l’abuso prende la forma di una tentazione sotto l’apparenza di bene, cosa che la rende di difficile discernimento per l’incipiente ed è pure quanto la fa difficile da apprezzare al grande pubblico – donde la necessità di un’analisi precisa. È quanto mi sforzo di fare. 

Capita poi che un religioso non possa confidarsi sulle sue difficoltà per via del fenomeno dei circoli: attorno ai fondatori o ai superiori, si trova spesso una sorta di guardia composta da alcuni uomini di fiducia. Generalmente, costoro approfittano del sistema che gestiscono. Il fenomeno dei circoli impedisce al superiore di sentire ciò che viene dalla base, poiché il messaggio deve superare diversi vagli. Un altro elemento può favorire gli abusi: un eccesso di affettività. 

Vale a dire? 

Il caso si dà soprattutto nelle comunità femminili, ma la cosa è stata osservata anche fra degli uomini. Vi racconto un aneddoto che dovrebbe esemplificare in modo luminoso: quando si elegge una nuova badessa, capita che alcune suore votino per colei che termina il proprio mandato per non darle dispiacere, e quest’ultima può giocare su questa cosa per essere rieletta. Non è un ragionamento giusto: tanto peggio per il priore, se vive la sua mancata rielezione come un dramma – cosa che, per inciso, è già anomala per un religioso –: la comunità viene prima di lui. Un priore presta un servizio. Sembra una cosa semplice ma, nella pratica, è tutt’altra cosa. 

Le nuove comunità sono più fragili davanti agli abusi? 

Le nuove comunità sono nate nell’ingenuo entusiasmo del postconcilio. Ci si diceva che la Chiesa era troppo sclerotizzata – cosa peraltro vera – e che bisognava rimpiazzare il tutto con lo Spirito Santo! Il discernimento degli spiriti, però, è cosa che si apprende… Ci sono tre tipi di spirito: il buono, il cattivo e il mio. A forza di dire “la parola del superiore è lo Spirito Santo”, il superiore può prendersi sul serio e giungere a credere che la sua parola sia veramente quella di Dio! 

Invece le congregazioni tradizionali sono al riparo? 

Attenzione: il complesso delle deviazioni di cui parlo si può produrre dappertutto, non escluse le Certose! Nelle congregazioni tradizionali, però, c’è modo di reagire: la deviazione resta locale e l’insieme del corpo può premunirsi. È vero che la sapienza si cristallizza col tempo. Ciò detto, c’è una formula che gira all’esterno e che mi guardo bene dallo spacciare per vera: «La Certosa non è mai stata riformata perché non è mai stata deformata». Non sono d’accordo, nel modo più assoluto! La formula giusta sarebbe: «La Certosa non è mai stata riformata perché è sempre stata riformata»! I nostri predecessori hanno fatto quel che bisognava fare mano a mano che la Storia progrediva. Se il Capitolo generale non avesse fatto il suo lavoro e se le visite canoniche non avessero mai avuto luogo, la Certosa non esisterebbe più. 

A proposito… con quali mezzi una comunità può proteggersi dagli abusi spirituali? 

Bisogna che la comunità sviluppi il proprio sistema immunitario. Il principio-base è quello di potere e contro-potere. Il sistema immunitario deve essere capace di individuare una debolezza e, quindi, di risolverla in modo propositivo. Ci vogliono lucidità e mezzi: la formazione dei responsabili all’esercizio dell’autorità potrà avvertirli quanto ai pericoli che corrono e aiutarli a scegliere delle vie giuste. Ciò che salva, poi, è avere una formazione religiosa iniziale e continua, per resistere. Perché spesso i giovani pieni di entusiasmo e di illusioni non hanno i mezzi per difendersi: questa formazione è una pietra fondamentale della salute umana e spirituale di una comunità religiosa, e la Chiesa oggi insiste enormemente su questo punto. Una formazione che abbracci il pensiero cristiano, in tutta la sua ampiezza e attraverso i secoli, rappresenta un antidoto efficace al pensiero unico. 

Si ritrova poi la necessità di avere uno sguardo esteriore oggettivo sulla comunità: una visita canonica o un capitolo generale sono l’occasione per individuare le derive. Del resto, so che alcune vittime ne vogliono anche ai Vescovi che non hanno reagito in tempo. È cosa possibile ma, molto spesso, il Vescovo non aveva i mezzi per appurare ciò che realmente accadeva. Guardando dal di fuori… che cosa può fare? 

E le famiglie? Hanno un ruolo particolare da svolgere? 

Credo che a livello comunitario esse siano incapaci di diagnosticare delle anomalie. A livello individuale invece esse possono rendersi conto dei punti critici. In Certosa, quando qualcuno entra, le famiglie sono spesso inquiete. Il primo incontro è allora occasione per ciascuna di loro di constatare come il figlio si senta bene: la cosa le rassicura e allora accettano. Se la famiglia invece nota un sentimento depressivo, se nota una distanza che si crea, una legge del silenzio, la sovrastima del carisma o del fondatore, ora che i fenomeni sono ben noti essa può porre questioni e svolgere la parte di chi dà l’allarme. Probabilmente non sarà ascoltata, ma la fessura che potrà creare aiuterà un giorno una presa di coscienza. 

Quando Roma sanziona delle comunità, esiste rischio di errori di giudizio? 

In linea generale, no. Gli eccessi di severità da parte di Roma sono decisamente difficili da trovare. Il problema viene piuttosto dal fatto che Roma non agisce abbastanza rapidamente. Guardiamo all’esempio dei Legionari di Cristo, dove gli abusi hanno impiegato anni ad essere presi in considerazione. 

E che dire delle false testimonianze? 

Queste possono darsi, ma la cattiva fede in questioni del genere è piuttosto rara. La commissione Sauvé si aspettava di avere a che fare con molte false testimonianze, e invece ne ha trovate pochissime: io non conosco veri casi di “falsa testimonianza”. Questo non vuol dire che ogni testimonianza va presa per oro colato: i fatti descritti dalla vittima sono generalmente inattaccabili… è l’analisi che le stesse vittime ne forniscono che talvolta può doversi sfumare. 

11 febbraio 2020 : Dom Dysmas de Lassus,
priore e ministro generale dell’Ordine dei Certosini.
Monastère de la Grande Chartreuse à Saint-Pierre de Chartreuse (38), France.

Ultima cosa: non è paradossale che proprio negli angoli di Chiesa che dovrebbero essere più santi si trovano talvolta crimini abbietti? 

Non lo si dice più troppo: il demonio esiste e colpisce nei punti più importanti. C’è un apoftegma che descrive il diavolo che raduna il consiglio di guerra per valutare i risultati… Un demonio si vanta di aver suscitato tempeste per uccidere migliaia di uomini, e riceve una randellata perché ci ha messo mesi per conseguire i suoi fini. Un altro ha fomentato delle guerre, ma anche lì gli ci è voluto molto tempo… L’ultimo demonio arriva spiegando che ha tentato un eremita nel deserto e che ha finito per vincere dopo quarant’anni di lotta: il diavolo si felicita e lo invita a sedersi vicino a lui. Il demonio cerca sempre di colpire alla testa: è il senso dell’adagio latino “corruptio optimi pessima” [“la corruzione delle persone migliori le fa diventare pessime”].


Traduzione dall’originale francese a cura di Giovanni Marcotullio

2 commenti

  1. Molto, molto interessante e anche molto lucido e concreto.

    Mentre le righe scorrevano mi domandavo quando si sarebbe citata e indicata l’azione del Maligno… Mi sarei molto stupito se non vi fosse stato alcun accenno, ma la chiusura dell’intervista, per quanto non si dilunghi sulla questione, è esaustiva.

    Mi permetto aggiungere e sottolineare che proprio perché Satana mira sempre alla testa (o alle teste, le guide, i Pastori, i Superiori) è bene che il gregge, i “sottoposti”, noi “servi inutili” (😉), ci si faccia carico di un preghiera che sia “scudo” e continua intercessione per chi il Signore a chiamato a responsabilità più “alte”.

    Questa è azione ben diversa da quella messa in atto dalle “cerchie difensive”… Rifletto su come Cristo abbia sempre rintuzzato questo atteggiamento comparso in più riprese, anche tra i suoi Discepoli.

  2. Penso che ci siano alcune comunità di tradizione, come le trappiste di Vitorchiano, le Benedettine di Orta san Giulio, Solesmes, Sept-Fonts, che si sono rinnovate e hanno avuto successo, e questo senz’altro per qualche carisma particolare (facilmente imitabile nello stile educativo e di governo), solo che le altre comunità religiose monastiche hanno un pesante pregiudizio verso queste comunità tradizionali ‘di successo’. Anche all’interno dello stesso ordine. In più lo stile di alcuni formatori vorrebbe essere psicoanalitico senza essere psico-analisti. Uno psicoanalista dell’IPA (International Psycoanalitic Association, quella fondata da Freud, la più importante) ci mette circa 15 anni a diventare autonomo come analista, e come candidato non può avere più di 35 anni, visto il tempo che ci vuole.
    Il vero successo della psicoanalisi si basa sulla cornice : rispetto profondo da parte dell’analista che da del ‘lei’ e che chiama il cliente col suo titolo : dottore, avvocato, ingegnere, professore; la più estrema libertà di dire tutto quello che passa per la mente del’analizzando anche CONTRO l’analista (transfert negativo), che lo sa gestire senza essere vittima del proprio contro-transfert. La maggior parte dei maestri dei novizi non sa gestire né il transfert negativo (quello positivo invece può essere usato bene ed è un’arma formidabile di ‘attaccamento’ , viene comunemente usato dall’analista) e non sa dare nemmeno il rispetto formale che necessiterebbe : gli analisti IPA attendono sulla porta dello studio l’analizzato, lo salutano e lo fanno accomodare : i modi da buona borghesia erano imprescindibili e persino più importanti della seduta stessa per Freud.
    L’analizzando ha una sofferenza e PAGA di tasca propria l’analista per guarire da quella sofferenza. Si pagano anche le famose ‘sedute mancate’, che sono una forma di autotassazione del cliente per aver mancato l’appuntamento senza adeguato preavviso.
    I religiosi non sono analisti e anche se hanno ricevuto una formazione psicologica non han fatto l’analisi di tasca propria, per cui secondo me dovrebbero limitarsi a copiare pari pari il successo educativo delle comunità tradizionali fiorenti. Dico tradizionali perchè c’è una garanzia di controllo (l’Ordine) che comunità fiorenti nuove non hanno (vedasi il caso di Bose). io sono strasicuro che in una comunità tradizionale fiorente esista una forma di auto-controllo che limita una delle parti in causa quando questa sbagli o tenda ad abusare : esempio : la badessa, la maestra delle novizie, la maestra delle professe semplici, la priora , il consiglio, l’economa, in modo tale che vengano arginati errori e abusi e venga fatta cadere la badessa che non è più in grado di esercitare l’autorità in modo adeguato.

Di’ cosa ne pensi