Oggi l’ufficio delle letture proponeva un estratto dal trattato “Contro Noèto” di sant’Ippòlito, sacerdote, alcune righe così dense da farmi venire il mal di testa:
Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla c’era che fosse in qualche modo partecipe della sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola, così anche lo creò. Il mondo cominciò ad esistere, perciò, come lo aveva desiderato. E quale lo aveva progettato, tale lo realizzò. Dunque Dio esisteva nella sua unicità e nulla c’era che fosse coeterno con lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose.
Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato.
Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio.
Sovente capisco poco o nulla di quel che leggo a tema religioso, segno evidente che il dono della scienza non mi è proprio stato elargito (o è la sapienza? O l’intelletto? Anche qui rivelo tutta la mia stupidità).
Per ovviare all’ignoranza lapalissiana che mi travolge, spesso faccio una cosa moderna: mi butto su Google. E così ho scoperto che quest’astruso Ippolito è stato nientepopodimeno che il primo antipapa della storia, ma nonostante ciò si è meritato la proclamazione a santo.
In realtà, che l’Autore del Contro Noeto sia da identificarsi con l’antipapa è tutt’altro che pacifico, nella comunità accademica. A quest’opera – dagli importanti contenuti cristologici e trinitari preniceni – sono state dedicate nei mesi scorsi due puntate di Padri Nostri1Ritengo che il valore del pezzo di Lucia esuli dalla questione ippolitea, essendo la storia della Chiesa letteralmente straripante di piccoli o grandi scismi confezionati per (sacrosante) ragioni dottrinali: nel nostro strano tempo invece dobbiamo registrare docenti di storia della Chiesa che scagliano contro Papa Francesco l’accusa di monofisismo (nella fattispecie, meno irricevibile che assurda!) e i loro parabolani pronti ad applaudire costoro dopo aver applaudito preti scomunicati che gli scagliavano addosso l’accusa di arianesimo (e con ciò si mostra come ignorino i contenuti dell’una e dell’altra eresia). Trovo assurdo che persone così evidentemente impreparate in questioni tecniche si dichiarino “turbate” dalle diatribe fra i tecnici, e penso anzi che questo sia uno dei veri mali della Chiesa contemporanea (perlomeno in Occidente, dove anche così cerchiamo di reagire al secolarismo dilagante): nel porre l’attenzione su questo punto penso che sussista il post di Lucia [G.M.]:
Pare (dico pare perché non credo che Wikipedia sia la fonte migliore per questioni teologiche e di storia della chiesa) che Ippolito avversasse la posizione di Teodoto di Bisanzio e degli Alogi; similmente si oppose a Noeto di Smirne, Epigono, Cleomene e Sabellio, i quali insistevano sull’unità di Dio (Monarchiani) e che ritenevano il Padre e il Figlio mere manifestazioni (modi) della Natura Divina.
Per Ippolito, al contrario, Padre e Figlio erano due persone distinte e separate ed il Figlio era subordinato al Padre. Dato che l’eresia modalista non era apparsa inizialmente chiara, papa Zefirino (198-217) non prese posizione contro di essa ed Ippolito lo censurò fortemente, rappresentandolo come un uomo debole, indegno di guidare la Chiesa e strumento nelle mani dell’ambizioso ed intrigante diacono Callisto (che divenne poi papa dopo Zefirino, dal 217 al 222).
Insomma, per questioni di pura elevatissima teologia, Ippolito stimava il papa un eretico usurpatore del sacro scranno.
La Chiesa non era nata da molto e già i più intelligenti si scannavano senza remore, tutti presi a difendere l’ortodossia.
Il durissimo confronto tra Callisto ed Ippolito raggiunse l’apice trasformandosi in scisma quando il primo divenne papa (217). Immediatamente Ippolito lasciò la comunione della Chiesa di Roma e fu eletto antipapa da una ristretta schiera di seguaci da lui chiamati “Chiesa”, in contrasto con la maggioranza dei romani da lui chiamati “Scuola di Callisto”. Ippolito accusava Callisto di essere caduto nell’eresia di Teodato prima e di Sabellio poi. Inoltre lo accusava di lassismo morale nei confronti di peccati gravi quali l’adulterio e l’omicidio. Inoltre, Ippolito riferisce che Callisto lo accusava, ingiustamente, di Diteismo (forma di teismo che crede in due grandi dèi al posto del solo Dio). Ippolito continuò la sua opposizione alla Chiesa di Roma come antipapa anche durante i pontificati dei due successori di Callisto: Urbano I e Ponziano.
Una frattura durissima! E tutta montata sulla Trinità, con una spruzzata di moralismo.
A risistemare lo scisma nella Chiesa ci pensò un uomo di mondo e cioè Massimino il Trace, il quale esiliò tutti quelli che si ritenevano papa, e cioè Ippolito e Ponziano, in Sardegna. I due si incontrarono sull’isola, forse per la prima volta davvero si parlarono e, guarda te i miracoli, si riconciliarono. Dal loro esilio invitarono i rispettivi seguaci a rappacificarsi e poi morirono entrambi nel 235 in esilio.
Alle volte le difficoltà della vita danno una bella scartavetrata alle elucubrazioni filosofico-teologiche e restituiscono quella semplicità che Gesù elogia apertamente nel vangelo («Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli»).
Dio è un mistero fitto, irraggiungibile alle menti più raffinate. Ma, per grazia sua, Egli ha deciso di nascondersi in ogni cosa, come una matriosca che racchiude se stessa all’infinito, e non ci sarà mai gesto abbastanza povero, infimo e di poco conto in cui Egli non sia visibile comunque.
Beati coloro a cui Dio disvela i grandi concetti della teologia e mostra le leggi dei massimi sistemi, ma beati anche noi piccoli stupidi ignoranti che incontriamo Dio nel raccogliere le foglie bagnate sul terrazzo di casa, rapiti da un volteggio improvviso che ci trascina il naso in su.
E scusatemi dunque se non mi appassiono ai moderni dibattiti sull’ortodossia di papa Francesco, su questo o quel tema: fate conto che io sia già in esilio nell’arida terra delle difficoltà quotidiane. Qua si può godere del lusso di ammettere di non capire tante cose e vi assicuro che è un privilegio che vale tutte le avversità che me lo hanno concesso.
Note
↑1 | Ritengo che il valore del pezzo di Lucia esuli dalla questione ippolitea, essendo la storia della Chiesa letteralmente straripante di piccoli o grandi scismi confezionati per (sacrosante) ragioni dottrinali: nel nostro strano tempo invece dobbiamo registrare docenti di storia della Chiesa che scagliano contro Papa Francesco l’accusa di monofisismo (nella fattispecie, meno irricevibile che assurda!) e i loro parabolani pronti ad applaudire costoro dopo aver applaudito preti scomunicati che gli scagliavano addosso l’accusa di arianesimo (e con ciò si mostra come ignorino i contenuti dell’una e dell’altra eresia). Trovo assurdo che persone così evidentemente impreparate in questioni tecniche si dichiarino “turbate” dalle diatribe fra i tecnici, e penso anzi che questo sia uno dei veri mali della Chiesa contemporanea (perlomeno in Occidente, dove anche così cerchiamo di reagire al secolarismo dilagante): nel porre l’attenzione su questo punto penso che sussista il post di Lucia [G.M.] |
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