Nell’Inghilterra del tardo medioevo, non era infrequente dare alle stampe dei piccoli libretti noti con il nome di Festyvall: erano un elenco delle principali feste popolari del calendario nonché (per noi moderni) una curiosissima testimonianza di come queste feste fossero celebrate all’epoca.
Ebbene: in un Festyvall edito a Londra nel 1511, si legge che “in olde tyme good people wolde on All Halowen daye bake brade and dele it for crysten soules” – un’usanza non molto diversa da quella che, come mi insegnate, ancor oggi viene praticata in molte zone d’Italia, laddove è tradizione lasciar apparecchiata la tavola a vantaggio delle anime dei defunti, che in quella notte torneranno sulla terra a visitare le loro vecchie case.
La noticina del Festyvall è interessante per più di una ragione.
Intanto, testimonia come questa antichissima pratica, già in voga presso le popolazioni celtiche nella notte di Samhain, sia sopravvissuta ai secoli trasformandosi, attraverso un graduale processo di cristianizzazione, in una pia devozione verso le anime del Purgatorio.
Secondariamente (e scusatemi se è poco!) il Festyvall dice che, nell’Inghilterra del 1511, esisteva una roba che si chiamava Halowen e che era ricorrenza molto amata dalla popolazione, la quale festeggiava con un tripudio di attività diverse.
Per riferirmi a questa roba qua (al All Halowen daye che festeggiava il popolino medievale) utilizzerò d’ora in poi il termine “Halloween”. Un po’ improprio, ma concedetemelo, per non stare ogni volta a scrivere “quella roba che all’epoca veniva chiamata All Halowen Daye“.
E insomma: sono innumerevoli le fonti documentarie che testimoniano quanto e come la notte di “Halloween” fosse amata dalla brava gente medievale. Nel suo Trick or Treat, Lisa Morton ne cita svariate, con una precisione che potrebbe far invidia a tanti archivisti.
Ad esempio: nel secolo XVI, svariate cronache parrocchiali ci raccontano come fosse tradizione far suonare le campane nel corso di tutta la notte di Ognissanti. Quale fosse lo scopo di tanto disturbo acustico, non viene esplicitato, ma noi possiamo senz’altro immaginarlo, soprattutto alla luce di altre consuetudini praticate con particolare intensità nelle regioni settentrionali dell’Inghilterra. Lì, la popolazione era solita accendere grossi falò, con lo scopo dichiarato di “indicare la via di casa” alle anime dei defunti che, in quella notte, sarebbero tornare a visitare la loro famiglia.
In diverse zone delle isole britanniche, la vigilia di Ognissanti segnava tradizionalmente l’inizio della stagione natalizia. La ricorrenza era contraddistinta da quella atmosfera carnascialesca che, nel tardo medioevo, caratterizzava molte feste popolari (esplicandosi in manifestazioni tipo la Festa dei Folli, la Cerimonia dell’Episcopello, e tante altre sulla stessa linea).
In particolar modo, in numerose aree dell’Inghilterra, era consuetudine che, nel giorno di Halloween, ogni castello nominasse un Lord of Misrule, il servitore che avrebbe avuto l’incarico di procurare momenti ludici nei mesi a venire, restando in carica fino al giorno della Candelora. In Scozia, lo stesso ruolo veniva ricoperto dall’Abbot of Unreason, un giovanotto – quasi sempre scelto tra il clero minore – che aveva l’incarico di curare le attività di svago nel periodo invernale (nel Medioevo ci si svagava un sacco, nel periodo invernale. Pure in chiesa. Qui un esempio. Sconsigliato a liturgisti dai cuori deboli).
Potrei andare avanti così per molti altri paragrafi, citando le varie tradizioni popolari che erano in voga un tempo nella notte di Halloween.
Potrei, ma ritengo più utile toccare e insistere fortemente su un altro punto. E cioè: tutte queste tradizioni popolari non possono in alcun modo essere definite “non cristiane”.
Non è che la pratica di apparecchiare la tavola per le anime dei defunti fosse qualcosa che veniva fatto in alternativa alla celebrazione cattolica del 2 Novembre. Non è che i contadini che accendevano i falò nei campi stessero portando avanti una tradizione pagana che se ne stava in competizione con quella clericale.
Banalmente: quelle erano le modalità con cui, all’epoca, la brava gente, nell’intimo della sua casa, era solita celebrare la ricorrenza.
A Ognissanti accendevi il falò per indicare la strada di casa alle anime del Purgatorio e imbandivi per loro una tavola apparecchiata. L’indomani andavi devotamente in chiesa e partecipavi alla liturgia, senza che vi fosse alcun tipo di contrasto tra le due pratiche (tant’è vero che i preti erano ben lieti di prestare il loro campanile alle “rituali” scampanate notturne. Nessuna delle cronache parrocchiali restituisce sentimenti di avversità verso queste tradizioni).
Spero di potermi spiegare meglio facendo un esempio.
Oggidì, è consuetudine che in Italia la brava gente festeggi il Natale addobbando il pino, mangiando il panettone e appendendo ghirlande alla porta.
Potremmo forse definirle tradizioni cristiane? Il Magistero cattolico si è mai espresso sull’importanza di mangiare il pandoro?
Ovviamente no, perché pino, panettone e ghirlande di agrifoglio non sono, in sé, elementi cristiani legati alla celebrazione di quel momento liturgico. Sono, banalmente, graziose usanze popolari che oggi contraddistinguono il modo in cui tante famiglie scelgono di vivere la ricorrenza nelle loro case.
Si taglia il panettone il 25 di dicembre, dopo essere tornati dalla Messa di mezzanotte. Nessun conflitto, nessuna competizione.
Ecco: nel Medioevo, le celebrazioni popolari attorno alla festa di Ognissanti erano esattamente questa roba qua.
Non un residuo di arcaici culti pagani (…o quantomeno: non più di quanto lo sia oggidì la consuetudine di vestirsi di rosso a Capodanno), ma bensì il modo in cui la gente era solita celebrare, a casa sua, la festa.
Erano tradizioni popolari, ingenue e tutti gli altri aggettivi della gamma che potrete tirare in ballo. Però, erano tradizioni che, nella loro banalità, erano funzionali a parlare a cuori semplici per sottolineare concetti teologici complessi: ad esempio, che la comunione tra vivi e morti non si spezza; che è importante avere cuore il destino dei defunti; che molte cose possono essere fatte da vivi per coloro che si trovano nel Purgatorio.
Tutti concetti molto complessi e, soprattutto… molto poco protestanti.
***
Il panettone non è un dolce cristiano, né tantomeno un elemento legato alla liturgia. Eppure, non suonerebbe implausibile alle mie orecchie uno scenario in cui – conquistata l’Italia da una forza anticristiana che si pone come obiettivo primario la scristianizzazione della società – il new deal decidesse di vietare il commercio di panettone e l’uso di luminarie di Natale lungo le strade.
Né il panettone né luminarie sono, in sé, cristiane, ma ricordano alla popolazione una importante festa liturgica. Se il tuo scopo è impedire che ne prosegua la pratica religiosa, sarà decisamente meglio vietare per legge tutte quelle usanze (anche le più banali) che la popolazione era solita associare a quei momenti.
Questo fu esattamente ciò che fecero i riformatori anglicani con le usanze legate alla festa di Ognissanti.
Mi rendo conto che l’affermazione potrebbe provocare un lieve shock nel mio lettore, ma, credetemi, è la verità: all’inizio dell’Età Moderna, “Halloween” fu durissimamente avversata perché era una festa… troppo cattolica.
E badate bene: parlo proprio di “Halloween”.
Non parlo delle celebrazioni liturgiche nella festa di Ognissanti e nel giorno dei defunti: quelle – grazie al cavolo – è ovvio che sparirono, quando la riforma protestante prese piede. Non ci va niente, a dire al clero riformato “oh raga, mi raccomando, l’anno prossimo non si organizza niente di particolare in quei due giorni”.
Il problema dei riformatori non era quello, ovviamente. Il problema era che la brava gente era affezionata a tradizioni popolari che avevano un imbarazzante effetto collaterale: suggerire l’esistenza di un Oltretomba conforme a quello predicato dai cattolici.
E dunque Halloween diventa una festa pericolosa.
Una festa purgatoriale, cattolica, da combattere in ogni possibile modo. E infatti, come sintetizza Lisa Morton,
Sia Enrico [VIII] che Elisabetta [Tudor] videro nel giorno di Ognissanti una festa papista e entrambi emanarono delle leggi volte a reprimerne i festeggiamenti popolari.
La cosa bella del saggio Trick or Treat è che si basa su un impianto documentario rigorosissimo. E quindi non è un problema argomentare, carte alla mano, che le cose stanno esattamente in questo modo.
Ad esempio: a più riprese, nel regno di Enrico VIII e poi ancora in quello di sua figlia Elisabetta, vennero emanate delle leggi per impedire alle chiese di far risuonare le campane nella notte di Ognissanti (in quella pratica che – ricordiamo – aveva probabilmente lo scopo di indicare alle anime la via di casa). Ed è interessante notare come le iniziative di legge si scontrarono con una certa ostinazione dal basso: gli archivi dell’epoca tengono traccia di numerose multe comminate a improvvisati campanari che, nonostante il divieto, avevano portato avanti la tradizione.
I festeggiamenti popolari che in Scozia portavano alla nomina dell’Abbot of Unreason furono vietati per legge nel 1555. Il Lord of Misrule inglese ebbe vita un po’ più lunga (se non altro, perché la sua elezione avveniva all’interno delle mura di abitazioni private) ma scomparve anch’egli entro l’inizio del ’600, sotto il peso della predicazione riformata.
In questo stesso periodo di tempo e in questa stessa temperie culturale, succede una cosa molto bizzarra.
Per la prima volta da che esiste Halloween (ma andiamo pure più indietro nel tempo: per la prima volta in assoluto fin dai tempi di Samhain), ecco che le streghe fanno capolino e cominciano ad essere associate a questa festa.
Che cavolo c’azzecca una strega con Halloween?, se ci pensate.
Con l’Halloween che ho descritto fino ad adesso, proprio zero.
Con modalità più o meno ingenue e superstiziose, attraverso legami più o meno solidi con tradizioni precristiane: ma, fino a quel momento, Halloween era sempre stata una festa legata al culto dei morti. Nella notte di Halloween, le strade si riempivano di fantasmi benevoli, fantasmi minacciosi, magari anche qualche entità spaventosa dell’Oltretomba…
…ma, in tutto questo, cosa c’entrano le streghe?
Non puoi manco dire che le streghe sono entità soprannaturali simili ai fantasmi.
Sono streghe e basta. Che c’azzeccano?
Il fatto è che, come dire, le streghe erano figure abbastanza impopolari, nell’Europa della prima età moderna.
Parliamo del periodo in cui stavano cominciando a scatenarsi le prime ondate di psicosi e le prime grandi cacce alle streghe.
Tendenzialmente, far sapere alla popolazione che le streghe hanno la consuetudine di fare una certa cosa è un buon modo per indurre la popolazione a non fare la stessa cosa.
…e molto, molto, probabilmente non è un caso che siano tutte quante di area protestante, le prime attestazioni di feste demoniache che le streghe sarebbero state solite tenere nella notte di Halloween.
Come a dire: certamente io non mi permetto di affermare che tutti quelli che fanno cose strane ad Halloween sono di per sé adoratori di Satana, ho molti amici che fanno cose strane ad Halloween! Però…
Un episodio in particolare plasmò fortemente l’immaginario anglosassone, sotto questo punto di vista. Nel 1590, sotto il regno di Giacomo I Stuart, si tenne a North Berwick (e, parallelamente, in Danimarca) uno spettacolare processo di stregoneria durante il quale decine e decine di individui furono accusati di aver complottato contro la corona. In particolar modo, gli accusati furono giudicati rei di essersi riuniti nella notte di Halloween per intraprendere oscuri riti volti ad impedire l’incontro tra Giacomo Stuart e la sua promessa sposa, Anna di Danimarca, generando con la magia violentissime tempeste marine tali da impedire alla principessa danese di salpare per l’Inghilterra. Per ottenere tale scopo, le streghe avrebbero sorvolato i mari sui loro manici di scopa, gettando tra i flutti gatti vivi legati a pezzi di corpi umani dissezionati.
Fu un mega-processo dalla durata di due anni, con due sessioni parallele in Scozia e in Danimarca. Fu una caccia alle streghe di grande scala, che non mancò di impressionare profondamente la popolazione. E insomma, scrive Lisa Morton:
Dopo il celebre processo alle streghe di North Berwick […] Halloween sarebbe stato associato per sempre a streghe, gatti, calderoni, demonio e manici di scopa.
…peraltro, non si capisce bene con che criterio, calcolando che l’inconsueta ondata di maltempo che (effettivamente) impedì per mesi l’incontro tra i due coniugi ci fu sì, ma iniziò a settembre.
Peraltro, le povere streghe di North Berwick non sono nemmeno un caso isolato. Nel suo Vampiri. Una nuova storia, Nick Groom offre un elenco sorprendentemente lungo di entità soprannaturali arruolate in chiave anticattolica dalle cronache politiche inglesi.
I fantasmi dei caduti in battaglia portarono avanti la causa protestante durante la guerra di successione austriaca e ci furono analoghi fantasmi antigiacobiti all’indomani della battaglia di Culloden. […] Invocare forze ultraterrene era un modo per riunire sentimenti generalmente anticattolici e antiegalitari (sia contro i francesi sia contro gli spagnoli o i giacobiti) in una dichiarazione unificante di identità nazionale, guidata da presunti imperativi morali protestanti.
***
Basta, cotanto sforzo riformato a far sì che la festa di Halloween entri in odio alla popolazione?
Effettivamente no, ché le tradizioni sono dure a morire. Eppure, anni e anni di predicazione anti-halloween-osa ottengono comunque il risultato primario che si prefiggevano i riformatori: e cioè, slegare la festa di Halloween dalla pia pratica dal sapore purgatoriale.
Come scrive Linda Morton,
entro il sedicesimo secolo, Halloween – intendendo con questo termine la notte del 31 ottobre, ormai priva di legami con le celebrazioni di Ognissanti e in memoria dei defunti […] – si stava sempre più caricando di elementi di folklore.
[…] Nelle aree dove l’influenza celtica era più forte – principalmente in Scozia e in Irlanda – Halloween rimase una ricorrenza molto amata. Gli Scozzesi in particolar modo la trasformarono in una celebrazione notturna carica di atmosfere romantiche e paurose al tempo stesso.
Paolo Gulisano, scrivendo per le edizioni Ancora, giunge alle stesse identiche conclusioni:
Anche negli altri Paesi nei quali, durante il Cinquecento, trionfò la Riforma, la ricorrenza dei santi e dei morti fu naturalmente abolita. Col risultato che la celebrazione [di Halloween] tornò a un semplice folklore […] privo di sacralizzazione ed esposto quindi ai rischi di cadere nella superstizione.
I falò che un tempo venivano accesi per indicare la strada di casa alle anime del Purgatorio, cominciarono ad essere accesi allo scopo di tener lontane le streghe.
Le candele (o, più raramente, zucche intagliate a mo’ di lucerna) che venivano poste sui davanzali per dire ai propri morti “siamo qui, non vi dimentichiamo” si trasformarono in generici talismani per tenere lontane malevole entità spiritiche.
A un certo punto, presero addirittura piede degli scherzosi rituali di “magia bianca” che – tra il serio e il faceto – avrebbero dovuto permettere alle giovinette di predire il futuro e propiziarsi la fortuna (qui ne trovate una gustosa rassegna).
Entro la fine del ’700, Halloween era ormai una festa totalmente scristianizzata.
E siccome vien difficile scristianizzarsi senza prima esser stati cristiani, spero che capirete ormai la mia affermazione per cui Halloween è (stata) una festa cristiana eccome.
Anzi, vi dirò di più: una festa cattolica fin nel midollo.
Di’ cosa ne pensi