4. OLTRE IL COMA, LA VEGLIA, LA SPERANZA E IL CONTRORDINE. Fino alla fine di febbraio Tafida rimane in stato comatoso senza che ai genitori venga comunicata la sua condizione clinica. Al contrario, in diversi colloqui con il team della TPI al King’s College viene ribadito che la bambina non ha possibilità di recupero e che sarebbe necessario prepararsi al protocollo di fine-vita. I genitori sono irremovibili. Tra la prima e la seconda settimana di marzo un neuropediatra consultant al KCH ha però informato i genitori che Tafida stava mostrando dei segnali emersione dal coma e che stava riacquisendo la regolarità del ciclo di sonno-veglia. In orario “scolastico” (secondo letteratura, anzi forse con un po’ d’anticipo), Tafida stava abbandonando la condizione più incerta per entrare in uno stato vegetativo o, più propriamente, in una sindrome di veglia aresponsiva (SVA). La sorpresa di quale fosse la situazione di Tafida ha ceduto presto ad un’aspettativa incoraggiante: il neuropediatra li informava che per capire le possibilità di recupero della bambina sarebbe stato necessario un tempo di osservazione anche di un anno. Dopo quel primo colloquio ne è pero succeduto in cui, dopo una più attenta revisione della letteratura, il medico sosteneva che 3 mesi sarebbero stati sufficienti per valutare se mai sarebbe stato possibile un recupero (i genitori si sono chiesti come fosse possibile che un neuropediatra con un’esperienza più che ventennale potesse non essere al corrente). In tutti i casi tra marzo ed aprile la famiglia non ha più subito pressioni, intanto sono comparsi in Tafida i primi movimenti oculari e periorali, i primi accenni di sorriso spontaneo, come nell’evoluzione tipica di un disordine di coscienza in emersione. Prevedendo di non poter più persuadere i genitori per il fine-vita, il King’s College ha richiesto al Barts Health di riprendere in carico la paziente. Il trust ha destinato Tafida al Royal London Hospital, trasferimento accettato dalla famiglia dietro la rassicurazione che la bambina, intubata in via rinotracheale per il mantenimento della ventilazione, fosse sottoposta ad una tracheostomia e che in pochi mesi sarebbe stata domiciliata.
5. IL RITORNO DELL’IDROCEFALO E I TENTATIVI D’ESTUBAZIONE. Il trasferimento è avvenuto all’inizio del mese di aprile, ma l’équipe ha preferito elaborare un proprio giudizio circa le misure più idonee a garantire le cure e l’assistenza a Tafida, venendo meno all’impegno contratto dai colleghi del KCH. Al Royal London Hospital la valutazione sull’applicazione di una ventilazione per tracheostomia è stata affidata al Comitato Etico, pur essendo una questione di squisito carattere clinico. Nella nuova valutazione medica invece l’esecuzione delle RMI ha evidenziato la ricomparsa dell’idrocefalo. Il 12 aprile Tafida è stata quindi rimandata al KCH per una nuova operazione, la terzoventricolostomia endoscopica; anch’essa però si è dimostrata non risolutiva, così il team del KCH ha innestato una valvola sottocutanea (reservoir) per liberare il fluido con a sollecitazioni manuali (come punture), applicazione che ha permesso il monitoraggio dell’idrocefalo. Col ritorno di Tafida al RLH la valutazione medica della nuova équipe ha concluso l’opportunità di eseguire dei trial di estubazione per verificare la sua autonomia ventilatoria. Dei 5 tentativi previsti ne sono stati eseguiti solo 2, il secondo dei quali in particolare sofferenza, patendo la bambina un’infezione al torace sviluppatasi proprio nelle vie respiratorie. Con evidenza Tafida non era in grado in quello stato di conservare autonomia nella respirazione. Nel mese di maggio ella ha sofferto spesso stati di malessere, cui ha fatto seguito un nuovo accumulo di liquor. Data la natura ormai chiaramente cronica dell’idrocefalia, in un nuovo intervento il 7 giugno si è provveduto all’inserzione di una derivazione ventricolo-peritoneale (shunt) che, scaricando il fluido accumulato direttamente in addome, mantiene la pressione intracranica di Tafida sotto controllo in regime continuo.
6. L’ACCELLERAZIONE INGLESE SUL FINE-VITA E LA CHIAMATA ALL’ITALIA. Tra il mese di maggio e giugno Shelina e Mohammed perdono definitivamente la fiducia nel sistema sanitario britannico, mentre la bambina mostra sempre più segni di risposte alle sollecitazioni durante i momenti di veglia e le sue condizioni si stabilizzano (come sono stabili oggi). Avendo seguito le vicende di Charlie Gard ed Alfie Evans i due genitori guardano all’estero per trovare istituti di cura in cui trasferire Tafida, inizialmente in Bangladesh, per sfruttare la doppia cittadinanza di cui godono tutti i membri familiari (Tafida è “immigrata” bengalese di 3a generazione). I medici del RLH e KCH si riuniscono il 19 giugno e il giorno successivo il Barts Health trust svolge meeting avente come proposta approvata all’ordine del giorno un’accelerazione sulla rimozione del sostegno vitale, pervenendo alla risoluzione di chiamare in causa il tribunale ed ottenere un dispositivo giudiziario, nel caso i genitori di Tafida avessero insistito nell’opporre un fermo rifiuto. Contestualmente viene chiarito che la doppia cittadinanza di Tafida non costituisce un elemento sufficiente al permesso di espatrio verso il Bangladesh e che sarebbero state necessarie procedure burocratiche cui per l’ospedale è possibile opporsi. Shelina Begum fa sapere che in nessun caso acconsentirà a firmare il consenso per il protocollo di fine-vita e per l’ordine DNR (Do-Not-Resuscitate, non rianimare). Il piano sanitario viene presentato il 24 giugno dalla pediatra a capo del team del RLH ai genitori. Questo riguarda non se, ma dove avrebbero preferito che avvenisse l’estubazione: se in ospedale, in un hospice pediatrico o a casa. Il medico ha quindi comunicato la data in cui il RLH prevedeva di rimuovere il sostegno vitale, nonostante la famiglia avesse chiesto quantomeno del tempo da passare in famiglia. Per tutta risposta, secondo la testimonianza dei genitori, il medico avrebbe risposto con sarcasmo sul fatto che i suoi doveri non sono quelli di un madre. I genitori hanno ribattuto chiedendo una 2nd opinion, inizialmente negata ma, dopo notevole insistenza supportata dagli argomenti legali avanzati dalla madre, alla famiglia vengono concessi 3 giorni per cercare un parere esterno. Avendo un amico di famiglia con un figlio in cura all’Ospedale Pediatrico dell’Istituto Gaslini raccomandatolo ai genitori di Tafida, vien fatta pervenire la richiesta di esaminare il caso al nosocomio ligure che l’accoglie. Cominciano i rapporti tra Gaslini e RLH (descritti in apertura) e vengono interessati i Giuristi per la Vita, già parte della collaborazione internazionale che rappresentò la famiglia Evans allo stesso scopo, perché si occupino della rappresentanza legale e della mediazione nei rapporti con l’Italia.
7. ESPLODE IL CONTENZIOSO, VERSO IL PROCESSO.
- Nel pieno del dialogo trai due team medici, il 27 giugno il trust richiede un meeting al 1° luglio per fissare una data per l’estubazione: la data fissata è il 5° luglio, nonostante si stesse attendendo la 2nd opinion del Gaslini. Il padre Mohammed annuncia che non permetterà in nessun modo la rimozione del sostegno vitale, che non lascerà la figlia indifesa.
- Il trust viene messo a conoscenza del fatto che il parere del Gaslini è in arrivo e la fondazione informa i genitori il 4 luglio che in attesa del parere il termine dell’estubazione viene spostato al giorno 8.
- La lettera contenente l’avviso del Gaslini viene stesa e spedita da Genova il 5 luglio.
- L’8 luglio i genitori avvisano il trust di voler trasferire la bambina in Italia, il quale nega il trasferimento ma, dopo pressanti richieste, accorda un negoziato, avvisando i genitori che in ogni caso la risoluzione dovrà avvenire alla presenza di un giudice e che possono consigliare legali specializzati in questo tipo di concordato.
- La disponibilità del trust alla mediazione giudiziaria viene però ritirata il giorno dopo, il 9 luglio, sulla base dell’impossibilità di raggiungere una soluzione condivisa, motivo per cui i genitori vengono sostanzialmente sfidati a portare il contenzione in una causa davanti alla corte competente.
- Il 10 luglio il trust acconsente comunque ad un tentativo di mediazione per l’indomani; i genitori richiedono che la discussione alla presenza dei legali avvenga solo dopo il coinvolgimento diretto del Gaslini (probabilmente con una visita alla bambina, già offerta ufficiosamente), ma la richiesta viene rifiutata.
- La mediazione ha luogo l’11 luglio.
- Il 12 luglio i dirigenti del trust e i parenti presenziano alla videoconferenza tra i medici del RLH e del Gaslini, quando si certifica la convergenza diagnostica. Al termine della videoconferenza il trust riferisce ai genitori che non vedono motivo per cambiare la loro linea e che solo una sentenza può decidere il rilascio di Tafida.
- I genitori presentano dunque la loro istanza all’Alta Corte di Londra il 15 luglio in ambito di una vertenza amministrativa sulla libera circolazione dei pazienti cittadini europei.
- Il trust e la divisione dei Servizi Sociali sulla tutela del diritto delle Famiglie e dei Minori (CAFCASS), incaricata di rappresentare l’interesse di Tafida in via indipendente, presentano la loro contro-istanza il giorno dopo in ambito di diritto familiare.
- La corte della Family Division presieduta dal giudice Alistair MacDonald annuncia un procedimento unico in due vertenze separate e susseguenti il 22 luglio, prevista per settembre e poi regolarmente svoltasi.
Gli episodi più conflittuali del resoconto provengono inevitabilmente dalla testimonianza familiare, prima affidata alle apparizioni televisive, alle interviste sulla stampa britannica e ai comunicati autonomi, poi, per quanto riguarda i mesi di giugno e luglio, resa il giovedì 12 settembre come “evidence” al banco dei testimoni dalla madre Shelina Begum. Senza entrare nel merito di quanto nella prospettiva dei genitori la percezione di questo conflitto possa essere stata influenzata in esasperazioni (sarebbero commenti di carattere meramente speculativo), è evidente che l’alleanza medico-famiglia sia stata incrinata fin dai primi giorni della vicenda. Dei 3 team inglesi che hanno esaminato la bambina (uno solo in consulenza), nessuno ha mai concretamente aperto all’eventualità di una soluzione diversa dalla procedura eutanasica di tipo omissivo. Questo nonostante le valutazioni iniziali si fossero dimostrate infondate e senza registrare come significativa l’evoluzione nella capacità acquisite dalla paziente durante la primavera.
(CONTINUA)
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