di Anne-Bénédicte Hoffner
Arcivescovo di Reims e presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia, mons. Éric de Moulins-Beaufort dice la propria “tristezza” davanti alle misure annunciate dal governo nel progetto della legge bioetica.
A proposito dell’appello a manifestare domenica 6 ottobre, egli ritiene «che non rientra nel ruolo dei vescovi o dei preti prescrivere i mezzi politici coi quali i cattolici devono lavorare come cittadini».
Anne-Bénédicte Hoffner: Come giudica il progetto di legge di revisione delle leggi di bioetica presentato mercoledì 24 luglio davanti al Consiglio dei Ministri?
+ Éric de Moulins-Beaufort: Questo progetto di legge era stato annunciato dal presidente della Repubblica fin dalla sua elezione. Non costituisce una sorpresa. Ai miei occhi, esso conferma l’impotenza dei politici a resistere a una specie di pressione che essi stessi hanno contribuito a creare: da anni fanno credere che le soluzioni tecniche, mediche e giuridiche permetteranno di dare sollievo a tutte le sofferenze e ai desiderî irrealizzati mano a mano che essi saranno identificati. Affermando questo, i nostri politici ci ingannano perché inevitabilmente le cause delle sofferenze si sposteranno. L’unico risultato sarà la creazione di altre frustrazioni.
Questo progetto di legge, nel complesso, mi riempie di una grande tristezza perché, per rispondere a delle mancanze, si modificano le condizioni di generazione, di filiazione, il nostro rapporto col corpo, laddove sarebbe possibile vivere tutto ciò in altro modo.
A.-B. H.: Le sembra che tutte le disposizioni di questo testo siano pericolose?
+ E. M.-B.: No, io penso che i trapianti e l’intelligenza artificiale in medicina siano degli argomenti che meritano un esame approfondito e sui quali bisogna progredire. Per contro sono preoccupato circa l’estensione della ricerca sulle cellule staminali embrionali, e soprattutto sulle condizioni nelle quali i ricercatori se le procurano. Tutto ciò implicherà la morte di un embrione? Il progetto di legge precisa che esse saranno “coltivate”, ma siamo molto dotati quanto al rivestire i nostri atti di parole edulcoranti e metterci a posto la coscienza con poca spesa.
Mi domando anche se abbiamo disposto mezzi sufficienti, ad esempio, nel trattamento dei diversi tipi d’infertilità. Non è che ci siamo lasciati affascinare – dal giorno in cui nacque il primo bambino fatto in provetta – dalla possibilità di fabbricare la vita?
E ovviamente mi preoccupa l’invenzione di una sorta di “procreazione senza corpo”, nella quale il genitore non sarebbe che il fornitore di materiale genetico. Si vuole rispondere al desiderio di certe donne di avere un figlio organizzando una procreazione senza padre. E d’altro canto si vuole prendere in conto il desiderio dei bambini così nati di incontrare il loro padre – il quale del resto non è che un fornitore di gameti.
A.-B. H.: Anche lei, come altri, ha l’impressione che in materia di bioetica il nostro Paese sia su un “piano inclinato”, nel senso che una riforma tira l’altra?
+ E. M.-B.: In effetti sembra che ad ogni revisione della legge i quadri normativi saltino, che le precauzioni prese la volta prima vengano everse. Non molto tempo fa, alcuni – fra cui il primo ministro – si dicevano contrari alla PMA per le donne sole e hanno cambiato parere. Il ministro della Salute, Agnès Buzyn, afferma che la GPA è «oggi contraria ai nostri principî fondamentali». I politici possono dire tante belle cose, sull’argomento: restando nella loro logica, finiranno per autorizzarla.
Questo progetto di legge apre già la porta a una possibile commercializzazione dei gameti. Come si farà, infatti, una volta che si saranno autorizzate le coppie di donne o le donne sole ad avere bambini, se non c’è sperma a disposizione? Per forza di cose saremo obbligati ad andare a comprarne all’estero. Pur conservando un certo senso della dignità umana, del principio di non-disponibilità del corpo umano, le nostre società si lasciano trascinare in concezioni estremamente tecnicistiche e mercantili dell’essere umano.
A.-B. H.: Quale alternativa all’uso della tecnica può essere proposta dai cattolici?
+ E. M.-B.: Io comprendo il dolore delle persone che non hanno figli. Ma si deve manomettere il sistema della filiazione per rispondere a questo desiderio? Dietro a questo desiderio si nasconde senza dubbio una paura della morte, della solitudine, senza dubbio anche un desiderio di amare e di essere amati in maniera incondizionata. Questo complesso desiderio deve essere chiarificato. Ma noi, cattolici, possiamo affermare che tale duplice desiderio può essere assunto altrimenti, all’interno della famiglia o negli impegni sociali.
È già abbastanza complicato essere degli esseri umani, e con questo progetto di legge andiamo a moltiplicare le situazioni complicate. Sappiamo che il più auspicabile luogo di emergenza dell’esistenza umana è l’unione corporale di un uomo e di una donna che si sono dati l’uno all’altra e che, così, creano uno spazio di amore e di rispetto che in qualche modo lenisce il mondo. Lavoriamo piuttosto a favorire questo lenimento, e ad aiutare l’essere umano così nato a crescere il meno male possibile nel nostro mondo spesso caotico.
A.-B. H.: Il primo ministro, Édouard Philippe, chiama i parlamentari che ora dovranno esaminare il testo a un “dibattito sereno”. Come possono parteciparvi i cattolici?
+ E. M.-B.: Non possiamo che ringraziare il primo ministro per aver auspicato tale dibattito sereno. L’anno scorso lo Stato ha organizzato degli Stati Generali della Bioetica di buona qualità: non sono sicuro che il progetto di legge sia all’altezza di quella consultazione.
Ormai spetta ai parlamentari condurre questo dibattito: spero che sia sereno e anche approfondito, e che quelli che discuteranno certe disposizioni non vivano sotto il terrore di non apparire progressisti o di passare per “omofobi”.
A.-B. H.: Tale dibattito “sereno” deve aver luogo anche in seno alla Chiesa, nelle parrocchie?
+ E. M.-B.: I cattolici sono come tutti gli altri: anch’essi hanno paura di non avere bambini, perché infertili oppure omosessuali. Alcuni si lasciano quindi tentare da queste soluzioni tecniche e ho i miei dubbi che, nell’opinione cattolica, si potranno trovare tutte le risposte.
Il nostro ruolo, quanto ai vescovi, è di lavorare per aiutare tutti quelli che vogliono vivere una relazione d’amore, di fraternità, di amicizia, di generosità e di mutua riconoscenza: che le persone sposate siano attente ai single, che quanti hanno figli siano attenti a chi non ne ha… Noi possiamo darci forza gli uni gli altri per alleviare e anche aiutare a trasfigurare queste situazioni dolorose.
A.-B. H.: La Manif pour Tous e altre associazioni in cui operano dei cattolici hanno lanciato un appello a manifestare contro questo progetto di legge il 6 ottobre. Personalmente lei invita i cattolici a manifestare?
+ E. M.-B.: Personalmente, ho molto amato la formula che nel 2012 aveva impiegato il cardinale André Vingt-Trois [all’epoca Presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia, N.d.R.], quando aveva invitato i cattolici a “manifestarsi”. I cattolici sono dei cittadini come gli altri. Noi, vescovi, abbiamo parlato molto: abbiamo scritto, abbiamo inviato riflessioni ai parlamentari e ai membri del governo e continueremo, durante la discussione del progetto di legge, perché tutto ciò che può essere migliorato merita di esserlo. Padri, madri, figli… tutti i cittadini devono farsi sentire presso i rispettivi deputati e senatori.
Da parte mia, penso che non rientri nel ruolo dei vescovi o dei preti il prescrivere i mezzi politici coi quali i cattolici devono lavorare in quanto cittadini. Se alcuni pensano che manifestare possa essere utile, e poiché questo può avere un certo peso nell’aiutare i parlamentari ad avere un dibattito sereno e completo, che lo facciano. Ma non può essere questa l’ultima parola – o l’unico distintivo – di un’attitudine cristiana.
A.-B. H.: Ha toccato la questione tra vescovi? Avete una posizione comune per evitare la cacofonia di posizioni che si ebbe attorno alla legge sul “mariage pour tous”?
+ E. M.-B.: Quando in aprile ci siamo visti a Lourdes abbiamo lavorato su altri argomenti. Non potevamo sapere, all’epoca, come le cose si sarebbero orientate, né quale sarebbe stato il calendario. Senza dubbio ne parleremo a novembre, ma una volta che il dibattito sarà stato avviato. Ci saranno sempre delle prese di posizione differenti. Da parte mia, personalmente, penso che in politica ogni cattolico debba cercare il mezzo più giusto di offrire il proprio contributo. Nostro dovere di vescovi è nutrire la loro riflessione e incoraggiarli ad essere cittadini attivi, adulti, e aiutarli a rispettare gli altri come credenti, anche quando fanno altre scelte politiche e sociali. Questo non deve impedire loro di stimarsi.
Voglio sperare che questa legge non passa….perché è una follia.