Abbiamo accolto con dolore la notizia della morte di Vincent Lambert. Preghiamo affinché il Signore lo accolga nella sua Casa ed esprimiamo vicinanza ai suoi cari e a quanti, fino all’ultimo, si sono impegnati ad assisterlo con amore e dedizione.
Ricordiamo e ribadiamo quanto detto dal Santo Padre, intervenendo su questa dolorosa vicenda: Dio è l’unico padrone della vita dall’inizio alla fine naturale ed è nostro dovere custodirla sempre e non cedere alla cultura dello scarto.
Dall’odierno Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede
Nelle ultime ore di vita di Vincent Lambert cercavo di raccogliere attorno a me qualche elemento di pensiero che mi aiutasse a capire che cosa accade al Paese di Jérôme Lejeune. Mi rimbombavano nelle orecchie le dichiarazioni di Attali sull’“avvenire della vita”, ma ci sono anche testi che consentono di sperare ancora, come la bella dichiarazione dei Vescovi di Francia e il ponderatissimo intervento di mons. Michel Aupetit. Fra i testi che fanno più riflettere che sperare, invece, ho ritrovato questo articolo di Julie Gardett scritto per Marianne nello scorso novembre. Lo traduco di seguito1Certo, mi rendo conto che Vincent Lambert non era ordinariamente in terapia farmacologica, ma questo testo restituisce uno scorcio non banale sul panorama evocato proprio oggi da Michel Houellebecq su Le Monde – mi piacerebbe tradurre anche quel testo..
Penuria: perché certi medicinali
vanno in esaurimento
di Julie Gardett
«Ci hanno detto che il Sinemet risulta fuori catalogo fino a marzo 2019». Elisabeth Humbert, 60 anni, parla con voce malferma. Affetta da morbo di Parkinson, diagnosticato nel 2014, prosegue:
Per dirla tutta, il mio farmacista ne ha ancora da parte delle dosi. Potrò procurarmene per il prossimo mese, ma dopo non ci sarà più modo di ordinarne. Sono molto angosciata perché non so quanto tempo mi ci vorrà per abituarmi al farmaco sostitutivo, per non parlare degli effetti collaterali. Se il tremore torna, non potrò più spostarmi.
Come lei, circa 45mila malati di Parkinson utilizzano il Sinemet come terapia di base.
Non è la prima volta che un trattamento contro la malattia va in stoccaggio, l’anno scorso è successo col Mantadix – sottolinea Didier Robiliard, presidente di France Parkinson –. Da tre anni, passiamo da un esaurimento all’altro. I laboratori fanno allora degli stoccaggi, ma non sono tenuti.
Il Collectif Parkinson si è rivolto al governo in un corsivo diramato sulla stampa nello scorso ottobre per reclamare un piano d’urgenza. Una petizione online «per omissione di soccorso a persona in pericolo» ha raccolto più di 25mila firme in un mese.
Una penuria storica nel 2017
Il Sinemet, un farmaco del laboratorio MSD Frances, filiale del laboratorio americano Merck, fa parte dei medicinali di interesse terapeutico maggiore (MITM). Secondo la definizione iscritta nel codice della sanità pubblica, s’intendono per
medicinali di interesse terapeutico maggiore [quelli] per i quali un’interruzione di trattamento è suscettibile di mettere in gioco il pronostico vitale dei paziente nel breve o nel medio termine, o rappresenta per i pazienti una importante perdita di chances.
Nessuna lista dettagliata di tali medicinali, tuttavia, è stata pubblicata. Un decreto del luglio 2016 descrive appena le sfere terapeutiche riguardate. «Si considera che circa un medicinale su due è un MITM», afferma il dottor Thomas Borel, direttore degli affari scientifici del Leem (le Imprese del medicinale), l’organizzazione professionale del settore farmaceutico. I laboratori devono obbligatoriamente segnalare gli esaurimenti o le difficoltà di approvvigionamento presso l’Agenzia nazionale di sicurezza del medicinale e dei prodotti di salute (ANSM).
Nel 2017 la penuria è stata storica: 530 segnalazioni di esaurimento di MITM sono stati annoverati dall’ANSM. Dal 2008 queste segnalazioni sono state decuplicate! La legge per la Salute del 26 gennaio 2016 ha rinforzato il quadro legislativo del 2011, che costringeva i laboratori ad allertare circa gli esaurimenti. Ormai gli industriali farmaceutici sono tenuti a mettere in campo dei piani di gestione delle penurie (PGP): contingentamento in ospedale, stoccaggio eccetera. In caso di mancanze relativamente a questi obblighi, un laboratorio si espone a sanzioni finanziarie stabilite dall’ANSM, ammontanti fino al 30% del monte d’affari realizzato in Francia dal prodotto di cui si parla. Tuttavia,
a mia conoscenza non ci sono mai state sanzioni irrogate sui laboratori – commenta il presidente di France Parkinson –. L’ANSM raccoglie e distribuisce le informazioni riguardo agli esaurimenti, ma la sua efficacia si limita a questo. Il governo è impotente di fronte all’industria farmaceutica.
Di fatto, la direzione di sorveglianza dell’agenzia s’appoggia su un polo detto “esaurimento e difetto di qualità”, costituito da tre o quattro equivalenti a tempo pieno, stando a quanto rivela il rapporto informativo del Senato, composto in nome della missione di informare sulla penuria di medicinali e di vaccini, e pubblicato il 2 ottobre. Secondo codesto rapporto, le famiglie di medicinali più toccate sono gli anticancerosi, gli anti-infettivi (antibiotici o vaccini), gli anestetici e i medicinali del sistema nervoso centrale. Le farmacie ospedaliere, che più di altre prescrivono farmaci MITM, sono di fatto quelle più colpite, anche se neppure le fabbriche vengono risparmiate.
Quali sono le ragioni di queste penurie, che mettono a rischio la vita dei pazienti? Il laboratorio MSD France, che produce il Sinemet, invoca le “difficoltà della catena di produzione” di un sub fornitore degli Stati Uniti. Secondo un rapporto ANSM datato 2015, la défaillance della catena produttiva (ritardi, incidenti, capacità insufficiente, perdita di savoir-faire ecc…) è causa del 44% dei casi. Seguono le difficoltà di approvvigionamento della materia prima (17%), il difetto di qualità del prodotto finito (13%) e delle materie prime (5%). Ma le ragioni profonde degli esaurimenti affondano le loro radici nella finanziarizzazione dell’industria farmaceutica e nella sua corsa al profitto.
Nel bel mezzo degli anni ’90, l’azionariato si è frammentato tra molteplici proposte azionarie istituzionali come i fondi pensione, i sicav e via dicendo – spiega Matthieu Montalban, conferenziere in scienze economiche all’università di Bordeaux e specialista dell’industria farmaceutica –. Per generare più cash e fidelizzare i loro azionisti, evitare che il titolo crolli (e dunque di essere mangiate dai pesci grossi), le aziende si sono ricalibrate sulle attività più redditizie, i “blockbusters”, come il Viagra, che generano miliardi di dollari di profitto.
Effetti perversi
Secondo l’Unione degli ospedali per gli acquisti (Uniha), leader dell’acquisto collettivo che raccoglie più della metà degli stabilimenti ospedalieri, Sanofi è stato il laboratorio più difettoso nel 2017, col 17% degli esaurimenti rilevati negli ospedali. Il medesimo anno il Fleuron francese, nella top ten mondiale dei laboratori, ha versato circa sei miliardi di euro agli azionisti fra utili e riscatti di azioni, il che ammonta circa al 70% del suo fatturato, 8,4 miliardi di euro (calcoli di Matthieu Montalmban).
Questa caccia agli utili ha comportato riduzioni di personale e dislocamento all’estero del processo di fabbricazione. A oggi dal 60 all’80% dei principî attivi sono fabbricati in Cina e in India, dove la manodopera è a buon mercato e le norme ambientali meno stringenti. La produzione, invece, si è concentrata. Alle volte, un solo stabilimento fabbrica un principio attivo. Non appena insorge un problema di qualità, i laboratori che preparano medicinali non vengono più riforniti di principio attivo: la produzione si ferma.
La questione si pone a tutti: a forza di demoralizzare – s’interroga il dottor Thomas Borel –, non si va incontro a dei rischi? La rilocalizzazione della produzione dei principî attivi è la capacità, per la Francia, di conservare la propria indipendenza sanitaria e strategica. Immaginiamo un blocco politico fra la Cina e l’Europa: sareste dipendenti di materie prime, non potreste più produrre medicinali indispensabili, sarebbe drammatico.
Un altro effetto perverso della razionalizzazione dei costi è la produzione a flusso teso, un concetto inventato dal costruttore automobilistico Toyota. Si tratta di fabbricare su richiesta, per evitare le spese di stoccaggio. Cosa che aggrava le penurie.
Sono un tecnico del mantenimento e dunque sto al cuore del sistema – illustra Patrick Rojo, delegato sindacale di Sanofi Winthrop –: in termini di qualità, di consegne, lavoriamo sul filo, non abbiamo più magazzino. Attualmente gli esaurimenti relativi ai medicinali si contano a decine. La domanda è identica, ma l’organizzazione non riesce più a soddisfarla. La competenza è scomparsa e non è stata rimpiazzata. Possono esserci dei resi di partite, bisogna rifare le cose e questo allunga i tempi. L’utile risulta a volte stantio e i controlli vengono spalmati nel tempo.
I laboratori sono regolarmente accusati di creare la penuria per aumentare i prezzi, o di tendere la produzione per vendere ai Paesi che offrono di più. Questa idea, secondo il rappresentante di Leem, viene da un «fraintendimento degli industriali», il cui interesse sta, al contrario, nell’«aumentare i volumi» per soddisfare «una domanda mondiale che non cessa di crescere».
La produzione è il risultato di una politica – afferma Patrick Rojo –. L’esaurimento, da parte sua, è una cosa stabilita. Ad esempio per il Lovenox, un anticoagulante, siamo in tensione lì dove il prodotto non è caro. Dove invece è caro, come in Germania o negli Stati Uniti, non c’è problema a fare stoccaggio.
E aggiunge il professor Alain Astier, capo onorario del dipartimento di farmacia del gruppo ospedaliero Henri-Mondor (AP-HP) a Créteil:
I laboratori, come i grossisti che fanno le ripartizioni, giocano sulle esportazioni parallele. L’esempio caricaturale è stato la Grecia nel momento della crisi finanziaria: dei grandi laboratori hanno rifiutato di vendere medicinali ai greci insolventi, anche se questo significava mettere in pericolo le loro vite.
Sono spesso i vecchi medicinali, quelli i cui brevetti sono scaduti nel dominio pubblico e che non generano più denaro a sufficienza per i laboratori, a essere toccati dal fenomeno degli esaurimenti. Tra il 2011 e il 2013 i brevetti dei “blockbuster”, tra i più venduti al mondo – tra cui il Plavix per Sanofi – sono arrivati a termine copertura. Una catastrofe per l’industria perché, quando i generici arrivano sul mercato, le vendite del principio attivo, cioè del prodotto originale, crollano vertiginosamente.
L’industria farmaceutica ha dovuto reinventare il proprio business modello della metà degli anni 2000 – spiega l’economista Matthieu Montalban –. Non esistono più i “blockbuster”, bensì ci sono i “niche busters”.
Non si pensa più a grandi medicinali per i grandi numeri, ma per una piccola popolazione in funzione del profilo genetico e della diagnosi, al fine di ottenere un’esclusività del mercato. Questi adattamenti possono fruttare decine di migliaia di euro l’anno per ogni paziente.
I grandi laboratori che investono in tali innovazioni hanno tendenza a tralasciare i medicinali che subiscono la concorrenza dei farmaci generici. È il caso degli antitumorali, che interessano 400mila nuovi malati l’anno.
Le 35 molecole di base in oncologia, quelle che curano l’80% dei pazienti – rivela Catherine Simonin, amministratrice nazionale della Ligue contre le cancer –, sono delle vecchie molecole che hanno perduto la loro licenza da tanto tempo. I laboratori preferiscono a loro dei medicinali innovativi provenienti dalle bietecnologie, prodotti i cui prezzi sono schizzati alle stelle.
E conferma, il professor Alain Astier:
Se l’origine degli esaurimenti è dovuto a varie concause, quella profonda è il denaro: le innovazioni terapeutiche in oncologia (come gli anticorpi monocloni) costano facilmente 1.000, 2.000, 3.000 euro al flacone.
In una nota indirizzata al ministero della Solidarietà e della Salute il 29 gennaio 2018, l’Istituto nazionale del cancro (Inca) s’è mostrato allarmato per le conseguenze delle penurie di medicinali sulla salute dei pazienti.
È possibile che uno scemare delle occasioni [di cura] […], o anche [l’incremento] dei decessi, siano oggigiorno legati, direttamente o indirettamente, alle tensioni che portano agli esaurimenti.
Nel novembre 2016 tre pazienti affetti da linfoma sono morti al CHU di Nantes in seguito a gravi complicazioni cardiache dopo aver ricevuto un trattamento alternativo al melphalan, un antitumorale che in quel momento risultava non reperibile, ma l’inchiesta aperta dalla Procura di Parigi è stata archiviata nel 2015 per “assenza d’infrazione”.
All’ospedale Henri-Mondor, in questo momento, mica 200 medicinali sono esauriti e non possono essere prenotati, e per questi non c’è possibilità di surrogato, neppure di cattiva qualità – rincara il professor Alain Astier –. Non si lascia mai un paziente senza trattamento, ma i risultati in termine di speranza di vita non sono necessariamente i medesimi, con un trattamento sostitutivo.
Il problema degli esaurimenti dei medicinali essenziali non è solo francese. Secondo la senatrice (Union centriste) del Calvados, Sonia de la Provôté, la soluzione è in parte da ricercare sul versante dell’armonizzazione europea, perché non esiste una procedura di gestione degli esaurimenti di medicinali a livello continentale, e neppure c’è una definizione comune dei MITM.
Bisogna che ci sia una strategia industriale europea del medicinale, perché possiamo ritrovare la nostra indipendenza sanitaria, espone l’ex medico del lavoro e membro della commissione del Senato sul tema, una politica globale per gli stoccaggi, per le autorizzazioni all’immissione sul mercato, per la gestione e la distribuzione.
Negli Stati Uniti si è sviluppato un mercato nero dei medicinali in penuria, hanno preso il toro per le corna. A fronte dei rincari di prezzo talvolta deliranti, 500 stabilimenti ospedalieri hanno deciso di fondare la loro società farmaceutica, Civica Rx, con base a Salt Lake City, di riscattare le licenze dei trattamenti essenziali mancanti e di fabbricare da sé dei generici a prezzo fisso. I primi medicinali dovrebbero uscire sul mercato da qui alla fine del 2019. Sperano di risparmiare così fino al 20%. Nel Paese del capitalismo, il medicinale non è un bene di consumo come un altro.
Note
↑1 | Certo, mi rendo conto che Vincent Lambert non era ordinariamente in terapia farmacologica, ma questo testo restituisce uno scorcio non banale sul panorama evocato proprio oggi da Michel Houellebecq su Le Monde – mi piacerebbe tradurre anche quel testo. |
---|
Di’ cosa ne pensi