Statica e quasi immobile per anni, la vicenda di Vincent Lambert ha avuto nella giornata odierna un colpo e un contraccolpo formidabili. Di buon mattino il primario Vincent Sanchez ha notificato ai membri delle famiglie del disabile, a mezzo di una scarna email, che aveva sedato l’uomo. E ciascuno dei destinatari poteva con ciò intendere che la procedura terminale era stata avviata.
Dichiarazioni e disposizioni
Nel pomeriggio, alle 17, l’avvocato dei genitori di Vincent, Jean Paillot, ha introdotto un’istanza d’urgenza presso la Corte d’Appello di Parigi. Alle 22 c’è stato il verdetto, che accoglieva l’appello, e pochi minuti dopo un altro legale, Jérôme Triomphe, ne ha annunciato trionfante l’esito alle svariate centinaia di manifestanti raccoltesi a Parigi questa sera:
La Francia deve rispettare la decisione del comitato delle persone handicappate dell’Onu. L’alimentazione e l’idratazione di Vincent saranno immediatamente ristabilite. È un’immensa vittoria.
Certo, considerando come stamattina pensassimo che non avremmo mai più rivisto gli occhi di Vincent aperti, l’immediato ristabilimento dei sostegni vitali è “un’immensa vittoria”, ma bisogna capire bene la sua portata1Che comunque appare – almeno a me che pure non speravo molto nella Corte d’Appello – qualcosa in più di un momentaneo respiro.. Il testo integrale della sentenza non è stato ancora pubblicato, ma da France Presse abbiamo il passaggio fondamentale:
La corte «ordina allo Stato Francese […] di prendere tutte le misure al fine di far rispettare le misure provvisorie richieste dal Comitato internazionale dei diritti delle persone handicappate il 3 maggio 2019, tendenti al mantenimento dell’alimentazione e dell’idratazione».
Il CDPH, comitato dell’Onu, aveva chiesto alla Francia di soprassedere quanto all’arresto dei trattamenti in attesa di un esame del dossier (la sentenza non è però riaggiornata sine die: è stato posto un termine di sei mesi per l’indagine del Comitato). Venerdì, in prima istanza, il tribunale di Parigi si era dichiarato incompetente per far applicare questa domanda. La Corte d’Appello, da parte sua, ha giudicato che
indipendentemente dal carattere obbligatorio o coercitivo della misura di sospensione domandata dal Comitato, lo Stato francese si è impegnato a rispettare questo patto internazionale.
Viviane, la madre di Vincent, ha esultato apertamente, dichiarando all’AFP:
Stavano eliminando Vincent, è una grandissima vittoria! Adesso torneranno ad alimentarlo e a dargli di nuovo da bere. Per una volta, sono fiera della giustizia.
E si resta colpiti dall’apparente sproporzione tra lo sforzo sovrumano che questi due anziani genitori titanicamente oppongono al Leviatano e l’esiguità della contropartita: un bicchiere d’acqua, una flebo di fisiologica.
François, uno dei nipoti di Vincent favorevoli alla soppressione dello zio, ha lamentato la decisione della Corte:
Per una volta ci stavo credendo… È veramente sadismo puro, da parte del sistema medico-giudiziario. È sempre la stessa storia: quelli che fanno tutti questi ricorsi devono goderci.
È noto – ma basta anche questa sola dichiarazione – che il dramma di Vincent si consuma e si amplifica all’interno di una famiglia dilaniata: uno dei suoi fratelli e una delle sue sorelle si oppongono all’arresto di nutrizione e idratazione. Dall’altra parte ci sono la moglie Rachel, il nipote François e cinque fratelli e sorelle dell’uomo divenuto suo malgrado la pietra d’inciampo della casa: questi vedono nella semplice sopravvivenza di Vincent l’effetto di un accanimento terapeutico e – pure in mancanza di disposizioni anticipate di trattamento messe per iscritto da Lambert – garantiscono che l’ex infermiere non sarebbe voluto sopravvivere nello stato in cui è ora ridotto.
La politica sullo sfondo
C’è poi da considerare il peso che in tutto ciò gioca la politica, intesa nel duplice aspetto degli interessi (anche economici) legati al business dell’eutanasia e delle prese di posizione alle imminenti elezioni europee. François-Xavier Bellamy, il giovane candidato repubblicano – brillante al punto da essere contestato anche nel partito – ha preso posizione al fianco della famiglia pur non stressando eccessivamente la vicenda sul piano propagandistico.
Resta peraltro dubbia l’applicabilità della legge Leonetti al caso di Vincent, non essendo quest’ultimo in alcun modo un malato terminale2L’estensore materiale del testo legislativo, però, l’ex deputato repubblicano Jean Leonetti, ha dichiarato ieri, ossia domenica, che l’arresto delle cure si sarebbe ben iscritto nel quadro della sua norma.: oltretutto la Francia ha vissuto nei mesi scorsi un travagliato processo di “Stati generali della bioetica”, che da molti analisti è stato giudicato una montagna che partorisce un topolino. Grandi aspettative, grandi dichiarazioni programmatiche, e poi – malgrado le vistose spinte in favore di una legiferazione pro-eutanasia – è prevalsa una linea attendista e tuzioristica (con l’avallo personale, almeno apparentemente, di Macron). Anche i vescovi di Francia hanno prodotto un loro peculiare contributo al dibattito, e in tutto ciò la figura di Vincent Lambert, quasi immobile nel suo letto d’ospedale, assumeva sempre più un valore simbolico. Da una parte e dall’altra, in molti hanno creduto che l’ostinazione con cui il dottor Sanchez ha avviato la procedura letale incrociasse i già menzionati interessi politici.
Tra Gulliver e Aktion T4
È presto, insomma, per cantare vittoria, ma non per tirare un legittimo sospiro di sollievo: Vincent resterà (salvo diverse disposizioni concordate con l’Organismo internazionale) al Sébastopole di Reims e il suo quadro clinico verrà studiato con lo specifico obiettivo di determinare se la sua pauci-relazionalità (ovvero il c.d. stato di “coscienza minimale”) sia sufficiente a considerarlo un handicappato. C’è innegabilmente un che di malsano e di alienante, in questa impostazione: il modello antropologico sotteso ammette implicitamente l’ipotesi che in forza del trauma cranico subito e dei conseguenti danni permanenti riportati Vincent non sia (più) una persona umana. Questo strano modo di ragionare farebbe sorridere, assomigliando alle distopie dei saggi di Lapuzia di cui narra Gulliver, ma vi sono utopie più vicine nel tempo, le cui cicatrici solcano ancora il corpo dell’Europa, che tolgono in qualche modo forza alla pungente ironia di Swift… sembra che qualcuno non si rassegni a lasciar cadere i delirî eugenetici.
In tal senso, vale la pena di ricordare qualche paragrafo del documento che un anno fa per Vincent Lambert firmarono 70 medici e paramedici specializzati nell’assistenza a disabili paucirelazionali (come l’uomo di cui stiamo parlando… e come Michael Schumacher – ricordato da mons. Aupetit – che nessuno si sogna di far morire di fame e di sete):
[…] Alcuni tra noi hanno potuto visionare un breve video, scene girate nel giugno 2015, il quale permette di affermare che il signor Vincent Lambert è sì in stato iporelazionale, e cioè non è in coma, non richiede alcuna misura di rianimazione e ha capacità di deglutizione e vocalizzazione. Se ci è impossibile pronunciarci sull’esatto livello di coscienza e sulle sue capacità relazionali, per contro il signor Vincent Lambert ci sembrar avvicinabile ai pazienti afferenti alle nostre unità EVC-EPR, e a quelli che neppure hanno la tracheotomia. È evidente che non è in fin di vita. La sua sopravvivenza nelle condizioni e nel contesto che lo circondano – disintegrazione famigliare, procedure giuridiche interminabili, scatenamento mediatico, assenza di progetto di vita con abbandono di ogni rieducazione o uscita o momento in sedia a rotelle, isolamento sensoriale e relazionale nella sua camera, dov’è rinchiuso a chiave da quattro anni… – testimonia anzi ai nostri occhi la sua tenace pulsione di vita.
Come non tenere conto del fatto che il signor Lambert è sopravvissuto nel 2013 a trentuno giorni senza alimentazione e con un’idratazione ridotta al minimo, mentre per la nostra unanime esperienza questo fatto è incomprensibile con una volontà di morte? Quando non vogliono più vivere, questi pazienti muoiono in pochi giorni, a volte in poche ore. Questa sopravvivenza per trentuno giorni testimonia al contrario un’incontestabile pulsione di vita che avrebbe dovuto fondare da cinque anni a questa parte una nuova presa in carico imperniata su un progetto di vita e che non si riduca a cure da balia.
Le esperienze mediche, anche praticate da eminenti specialisti, riposano sempre su esami praticati in un tempo necessariamente limitato. Esse non sono adattate alla situazione di questi pazienti, dei quali bisogna conquistare la fiducia prima di poter ottenerne una qualunque manifestazione di presenza cosciente. Questa valutazione non può essere convalidata che da un’équipe pluridisciplinare, in condizioni di vita variegate, lungo un arco temporale sufficientemente lungo, di più settimane, in contatto con i membri presenti della famiglia. Questo è impossibile in un contesto di reclusione senza progetto di vita. Ora, la nostra esperienza incrociata di praticanti specializzati con questo tipo di pazienti ci porta a constatare che lo stato detto vegetativo cronico, nel senso di un paziente che non sarebbe capace di alcuna relazione, non esiste: tutti i pazienti diagnosticati vegetativi che sono passati nei nostri centri di cura hanno in realtà una coscienza minima che bisogna saper individuare e sfruttare in stretta sinergia con la famiglia. Presi in carico in ospedale o in strutture specializzate, questi pazienti fanno spesso progressi sbalorditivi che sorprendono sempre gli attendenti alle cure, e tutti si sono rivelati essere capaci di relazioni interpersonali con il loro entourage, più o meno elaborate ma sempre esistenti e verificate. […]
Due piste d’approfondimento… e un sentiero sfuggente
Ma per ora si aprono sei mesi di respiro e di luce, nei quali il padre e la madre di Vincent potranno rivedere il figlio e cercare di riportarlo al culmine della sua forma psicofisica possibile, almeno quanto basta per provare che l’applicazione della legge Leonetti al suo caso comporterebbe ipso facto un abuso præter legem. Un aspetto della dinamica di questa giornata che sarebbe interessante ed utile approfondire riguarda i video: perché solo oggi sono stati divulgati quei brevi e semplici video che hanno mostrato urbi et orbi, e al di là di tecnicismi da azzeccagarbugli, come Vincent sia vivo, vigile e tutt’altro che assente a sé stesso. Viene da pensar (male: si fa peccato ma spesso ci si azzecca) che a Viviane sia stato fatto espresso divieto di divulgare quei materiali, probabilmente anche lasciando intravedere delle sanzioni, ma che la stessa abbia deciso di calare tutte le carte nella mano che sembrava decisiva. Se così stessero le cose, però, bisognerebbe capire con quali motivazioni si potevano porre simili vincoli a referenti di un paziente che – dato il caso di pubblico interesse – intendessero offrire all’opinione pubblica elementi per costruire opinioni informate.
Un altro versante che sarebbe utilissimo approfondire riguarda l’opinione pubblica francese, che a tratti è sembrata più zelante nel “tifare morte” che nel ricercare la verità delle cose. Certamente occorre previamente verificare se e in che misura gli esaltati che popolano la blogosfera siano un campione attendibile dell’attuale popolazione francese; tuttavia sarebbe un problema a sé (e non trascurabile) anche se si dovesse riscontrare che tutti i matti di Francia vivono sui social – perché all’affermazione che Vincent piangesse ieri «per la gioia di essere alfine liberato» si può ancora concedere il beneficio della buona fede, ma l’incitazione a «staccare la presa ai suoi genitori» ricorda troppo da vicino quella crudeltà gratuita che davvero speravamo di aver sepolto dopo la Guerra, magari tra la Dichiarazione del 1948 e il Concilio.
Infine, un’annotazione a margine, quasi una confessione personale. Oggi pomeriggio io ritenevo che il duplice ricorso d’urgenza dei genitori di Lambert (uno alla CEDU e uno alla Corte d’Appello di Parigi) non avesse speranze di sortire qualche effetto positivo: ritenevo insomma che fosse “naturale”, giusto e perfino bello che gli anziani genitori non si dessero per vinti e che non stessero ad aspettare il trapasso del figlio con le mani in mano, ma non pensavo che ne avrebbero ottenuto qualcosa al di là del piano morale. E invece, se la CEDU ha immediatamente respinto il ricorso, dalla Corte d’Appello è insperatamente giunto il ribaltamento fattuale (ovvero la sospensione, ma la partita sembra riaperta…) della sentenza del Consiglio di Stato. Ciò non cessa di sembrarmi un fatto straordinario e, come tale, di stupirmi: certo, è difficile parlare di “influenze” su entità di magistratura, ma la ragione addotta dalla Corte nell’accoglimento dell’istanza rimanda appunto alla natura (pure non vincolante!) dei trattati internazionali (la Santa Sede non è membro dell’Onu, ma pure vi ha un “osservatore permanente”), e lì potrebbe essersi aperto lo spiraglio per l’azione diplomatica di una forza super partes e amica della vita, priva di secondi fini e capace di lavorare nell’ombra senza rivendicare – che stile inconsueto e rivoluzionario! – le proprie vittorie. Insomma, forse non un vero e proprio deus ex machina… ma quasi.
Note
↑1 | Che comunque appare – almeno a me che pure non speravo molto nella Corte d’Appello – qualcosa in più di un momentaneo respiro. |
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↑2 | L’estensore materiale del testo legislativo, però, l’ex deputato repubblicano Jean Leonetti, ha dichiarato ieri, ossia domenica, che l’arresto delle cure si sarebbe ben iscritto nel quadro della sua norma. |
Speriamo e speriamo sempre …..
È presto, insomma, per cantare vittoria….Grazie. Ma speriamo sempre in meglio.