Il fatto che il discorso conclusivo del summit vaticano sugli abusi, pronunciato da Papa Francesco domenica scorsa, sia stato attaccato da più parti (soprattutto fuori Italia) per il riferimento al diavolo conferma una volta di più che abbiamo problemi di comunicazione, tra Chiesa e mondo.
A dispetto del Concilio e di innumerevoli altri tentativi, più o meno velleitari, di “aggiornamento”; a dispetto dei tweet, di Instagram, dei video-maker e di molte altre amenità, noi cattolici fatichiamo a farci capire. È vero, c’è una precisa malizia politica nel fraintendere di proposito il Santo Padre, così da poterlo accusare di pronunciamento deresponsabilizzante (sic!), ma lo stesso – e per il medesimo motivo – era capitato non più tardi di qualche mese fa a Cristiano Ceresani. «Il mistero dell’iniquità è già in atto» (2Ts 2,7) nel mondo, e lo è così tanto che quanti ne sono più succubi neppure avvertono la sua presenza.
D’altro canto, tutto può permettersi la Chiesa, in questo preciso momento storico, tranne che di impartire la lezioncina di catechismo… Cosa di cui pare ben avvertito l’arcivescovo di Reims, che da sei mesi è Eric de Moulins-Beaufort, già vescovo ausiliare di Parigi (nonché finissimo studioso ed editore dell’opera di Henri De Lubac). In una lettera pubblicata sul portale della chiesa particolare affidata alla sua cura pastorale brillano tutte le virtù che si auspicano presenti in un buon vir ecclesiasticus1Anche il discorso conclusivo del Santo Padre, soprattutto nelle sue parti più costruttive e ricche di senso – come l’invito a non considerare lo scandalo sul mero piano di una realtà sociale –, trova piena corrispondenza in questo testo.: la pietà, la scienza, la compassione, l’umiltà, l’affabilità del tratto… e tutto in quella particolare gradazione e sintesi che prende il nome di “carità pastorale”.
Una lettura rinfrancante e corroborante per ogni uomo, per ogni cattolico, e – oso proporlo – per ogni sacerdote e vescovo. Vedrete bene tutti quanti che il Signore non abbandona la sua Chiesa, ma che sempre continua a darle pastori secondo il suo cuore.
Riflessioni sul clima ecclesiale del momento
di mons. Éric de Moulins-Beaufort2Arcivescovo di Reims.
Posso immaginare che quanto dalla scorsa estate e nel corso delle settimane state scoprendo, e che si va ad aggiungere a molti altri fatti rivelati in precedenza, susciti in voi disgusto e scoramento. Niente ci preparava a dover un giorno guardare la Chiesa cattolica come un luogo del male commesso su bambini o adolescenti, del male dissimulato, camuffato, non trattato. Sono battezzato dal 1962, prete dal 1991, vescovo dal 2008: niente mi aveva lasciato neanche solo presentire che avrei dovuto constatare tanti fatti gravi e inammissibili commessi da preti nei confronti di quelli e di quelle che erano stati affidati loro; niente mi permetteva di immaginare che le autorità della Chiesa potessero essersi mostrate così poco attente, così poco responsabili, così incuranti – di fronte a tali fatti – di portare tutto allo scoperto. Dal marzo del 2016, le mie responsabilità parigine3Il primo incarico episcopale di mons. de Moulins-Beaufort fu di vescovo ausiliare in Parigi [N.d.T.]. mi hanno obbligato a guardare questi fatti senza venir meno; ho incontrato persone che erano state vittime o loro parenti; ho incontrato preti che si sono resi colpevoli di crimini o che si sono lasciati andare a gesti i quali – pur senza essere delitti – sono comunque inammissibili e rappresentano abusi contro il sacerdozio che essi hanno ricevuto da Cristo.
Certo, nel nostro contesto attuale pesa un effetto cumulativo. Tutti gli abusi sessuali e tutti gli abusi di potere commessi un giorno da qualche parte sul nostro pianeta da un prete cattolico sono di colpo buttati tutti insieme sulla tavola comune, sotto lo sguardo esterrefatto di tutti gli uomini, dai cattolici agli uomini più potenti.
Da giovedì 21 a domenica 24 febbraio, il Santo Padre ha riunito a Roma i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo. Le relazioni presentate sono accessibili sull’internet, senza difficoltà. Vedremo quali decisioni verranno prese. Il Papa è assolutamente determinato a far uscire la Chiesa dalle attitudini, dalle pratiche, dai silenzi, dalle ombre che hanno reso possibili non soltanto i crimini e i delitti di cui è questione, ma anche che questi non siano veramente rintracciati, nominati, giudicati, che i loro autori non siano sanzionati e che le loro vittime non siano ascoltate e consolate. Per noi, è chiaro che la collaborazione con le autorità giudiziarie del nostro Paese dev’essere indefettibile. Ci sono situazioni che le autorità non possono sanzionare: esse non debbono comunque esulare da una necessaria opera di verità.
Noi sapevamo che la Chiesa aveva conosciuto abusi operati dai suoi dirigenti, ma pensavamo di aver visto il peggio con i papi Borgia e alcuni dei loro successori immediati. Le riforme del concilio di Trento avevano lanciato un immenso lavoro nella formazione dei preti, ma anche nella loro vista spirituali, un lavoro che sembrava garantire l’alta qualità del clero (con l’eccezione di qualche parroco libertino del XVIII secolo). Noi ritenevamo che col Vaticano II le relazioni tra preti e fedeli laici si fossero profondamente rinnovate, che si fossero semplificate, che fossero improntate al servizio comune nella missione data da Cristo e non più di controllo sociale e di inquadramento. Eravamo ingenui. Incessantemente, l’umanità ritorna ai propri demonî; essa ha paura della libertà spirituale che Cristo le opera.
Permettetemi di dire ancora due cose sull’argomento.
La mia convinzione profonda è che il lavoro che stiamo compiendo sia un dono della misericordia divina. Dio non abbandona la propria Chiesa, al contrario lavora a purificarla, anche dal male che era in essa e che lei si ostinava a non vedere. Egli ci offre la possibilità di liberarci dalla ridda di ambiguità e di cecità che ha reso possibili i fatti che ci hanno condotti alla tristemente nota crisi. Il Signore permette anche ai colpevoli di pentirsi. La Lettera agli Ebrei segnala che «è terribile cadere nelle mani del Dio vivente» (10,31). L’autore intende dire che è terribile affrontare il giudizio di Dio senza essersi pentiti, senza aver imparato a farlo. La cosa più sconvolgente in un certo numero di fatti portati alla conoscenza dell’opinione pubblica, a mio giudizio, è la capacità di negazione di un gran numero di colpevoli – negazione non dei fatti ma della loro portata – e la capacità di preti e anche di un vescovo di vivere come se Dio non vedesse niente e niente giudicasse, fino ad accettare di accumulare le più alte responsabilità e i più grandi onori4Non anodino è il riferimento al cardinale Theodore McCarrick [N.d.T.].
La mia seconda convinzione è che il lavoro di verità che la Chiesa deve vivere riguarda tutti i suoi membri ed è un servizio da rendere all’umanità. Potevamo pensare di essere la parte più santa dell’umanità. Certamente, tra di noi ci sono dei santi e c’è molta santità nel popolo di Dio. Eppure la zizzania è più folta e più profondamente radicata di quanto volessimo o potessimo vedere. Ma quel che sta sotto gli occhi di tutti è l’estrema delicatezza delle relazioni umane, e in modo specialissimo della relazione educativa. Facilmente essa può essere corrotta in una relazione di abuso. Cadremmo nella trappola, allora, se rinunciassimo ad avere relazioni intense se rinunciassimo a metterci al servizio di bambini e giovani, se rinunciassimo a lavorare per aiutarli ad aprirsi alla bellezza e alla bontà della vita e dell’universo, alla bellezza e alla bontà della loro umanità fatta per essere amata e ancora di più per amare. Però per questo dobbiamo essere più delicati, più decentrati da noi stessi, più servizievoli, più prudenti riguardo a ogni potere, più coscienti che il solo Maestro degno dell’essere umano è Dio stesso, venuto nella nostra carne in Gesù di Nazaret. Cerchiamo di vivere l’amore del prossimo giorno dopo giorno, con umiltà ma anche con determinazione. Siamo alfieri di un’alta idea della dignità dell’essere umano, che non è un mero produttore e consumatore, ma anzitutto un’immagine di Dio ogni volta unica e insostituibile, che merita di essere rispettata infinitamente. Noi osiamo credere che la sessualità non sia questione di pulsioni ma un dono che può permetterci relazioni profonde, durevoli, benefiche nel lungo periodo. Non rinunciamo mai a vivere all’altezza di quest’idea di uomo, voluto dalla bontà del Padre e chiamato ad esserne foriera.
Note
↑1 | Anche il discorso conclusivo del Santo Padre, soprattutto nelle sue parti più costruttive e ricche di senso – come l’invito a non considerare lo scandalo sul mero piano di una realtà sociale –, trova piena corrispondenza in questo testo. |
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↑2 | Arcivescovo di Reims. |
↑3 | Il primo incarico episcopale di mons. de Moulins-Beaufort fu di vescovo ausiliare in Parigi [N.d.T.]. |
↑4 | Non anodino è il riferimento al cardinale Theodore McCarrick [N.d.T.] |
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