È brutto dire “l’avevo detto”, oltretutto è una magrissima soddisfazione, ma stanotte è venuto fuori che la situazione negli Stati Uniti è molto più grave di quanto sembrasse col già catastrofico Dossier Pennsylvania: mons. Carlo Maria Viganò ha reso pubblico un memoriale infuocato dei suoi anni da Nunzio Apostolico USA, che è pure un J’Accuse contro la filiera omosessualista che pervade la gerarchia della Chiesa cattolica negli Stati Uniti.
Mi ha colpito nella rassegna stampa la prima pagina di un quotidiano italiano da sempre avverso a Papa Bergoglio: «Le mie denunce ignorate per anni, ora Francesco deve dimettersi», si legge tra caporali. Senonché nessuna delle due frasi si trova nelle 11 pagine dell’ex nunzio, ma se della prima ci sono almeno i contenuti la seconda è così arbitraria da dare a intendere che Viganò ponga una sorta di impeachment per Papa Francesco. Il che è semplicemente ridicolo, come ben sa chiunque abbia in tasca due lire di diritto canonico: a norma del Can 332 §2, infatti, perché le dimissioni del Romano Pontefice siano valide si esige solo che siano libere (oltre al fatto che siano debitamente manifestate). Per il resto, vale sempre il Can 1404 del Codice di Diritto Canonico: «La Prima Sede non può essere giudicata da nessuno». Lo tengano a mente per il prosieguo i vaticanisti di (questa) domenica.
Insomma, il Papa non è un qualunque presidente degli Stati Uniti e nessuno può pretenderne le dimissioni, per quanto lo scriva tenuemente e richiamando alla preghiera.
Attendiamo le reazioni del Santo Padre: se c’è sul volo papale almeno un giornalista, sarà inevitabile parlare della dichiarazione di Viganò, che è stata firmata il 22 e la cui esplosione a orologeria sembra pensata appunto per mettere Francesco con le spalle al muro di fronte alla stampa. Fino ad allora vorrei sottolineare due cose.
Stiamo appena iniziando
Ci sono ben altri barili pronti ad esplodere, anche al di qua dell’Atlantico:
Mi preme dire che l’Italia non ha ancora vissuto un tale momento di verità riguardo l’abuso sessuale e lo sfruttamento del potere riguardo il passato.
Sono parole rilasciate ad Agensir dal gesuita Hans Zollner, che lo stesso Viganò ha menzionato nella propria dichiarazione come «Vice-Rettore della Pontificia Università Gregoriana, presidente del Centre for Child Protection, Membro della Pontificia Commissione per la Protezione dei minori». Monsignor Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo di Ravenna-Cervia e membro della Commissione per la Tutela dei Minori della CEI, ha recentemente dichiarato su Avvenire:
Bisogna creare nelle diocesi delle équipe, delle strutture che possano fare formazione e prevenzione. Perché non lo stiamo facendo e questo è il problema. Non c’è nessuno che per esempio raduni i nostri educatori di oratorio e faccia un corso su quali sono i segnali a cui stare attenti, come impostare il rapporto con le famiglie, quali sono le cautele che bisogna avere nelle attività che si fanno. Qualche diocesi si è messa avanti ma noi vorremmo che diventasse un impegno di tutte.
Quando ho voluto pubblicare in traduzione il testo redatto da Church Militant sulla passerella omosessualista fra le due Americhe ho immediatamente cominciato a ricevere riscontri inquietanti, da parte di laici e di ecclesiastici, su fatti recenti accaduti nelle diocesi italiane. Si va dall’ex rettore di seminario deposto dai suoi vescovi per aver bloccato l’iter formativo di candidati con «tendenze omosessuali profondamente radicate» fino alla vittima di un prete depravato che induce serialmente ad atti osceni in luoghi sacri, e che il suo Vescovo (il quale da anni aspira a promozioni romane) sposta di parrocchia in parrocchia – sì, è tuttora parroco, contro le direttive di Benedetto XVI! – pur avendo ricevuto decine di lettere di denuncia. In mezzo a questo c’è il seminarista omosessualista che, cacciato da un seminario, trova rifugio in un altro… e se non basta va in un ordine religioso e finisce per essere ordinato prete dalle mani dell’ignaro Papa Francesco. E c’è il pretino omosessualista che le ha tentate tutte per mettersi in plancia per l’episcopato… e dopo essersi bruciato molte cartucce è finalmente entrato in un importante ordine mendicante – deciso a diventare almeno provinciale d’Italia. E ci sono molte e molte altre cose: quasi ogni angolo d’Italia nasconde uno scandalo ecclesiastico, a grave discapito delle innumerevoli presenze benefiche della Chiesa.
Dunque è verissimo ciò che dice la professoressa Janet Smith, citata da Viganò:
Il problema degli abusi del clero non potrà essere risolto semplicemente con le dimissioni di alcuni vescovi, né tanto meno con nuove direttive burocratiche. Il centro del problema sta nelle reti omosessuali nel clero che devono essere sradicate.
Chiosiamo a margine: neppure le dimissioni del Papa sarebbero una soluzione, anzi in un momento di così sfacciata prepotenza della lobby omosessualista fino ai massimi vertici della gerarchia cattolica nessuno sano di mente (e che ami la Chiesa) si augurerebbe un nuovo conclave. Tanto più che l’unica citazione letterale delle parole di Papa Francesco, nelle 11 pagine di memoriale di Viganò stigmatizza nettamente l’omosessualismo serpeggiante tra i Vescovi:
Sì, i Vescovi negli Stati Uniti non devono essere ideologizzati, non devono essere di destra come l’arcivescovo di Filadelfia [il papa non mi fece il nome dell’arcivescovo], devono essere dei pastori; e non devono essere di sinistra – ed aggiunse, alzando tutte e due le braccia – e quando dico di sinistra intendo dire omosessuali.
A proposito di scandali nostrani, c’è un inciso di Viganò molto importante:
[…] cito solo il noto caso di Vincenzo di Mauro, nominato Arcivescovo-Vescovo di Vigevano, poi rimosso perché insidiava i suoi seminaristi […].
L’ex nunzio lo usa per attaccare il cardinal Bertone (il che proverebbe al massimo, se ciò che dice risultasse confermato, che Papa Benedetto non era più bravo di Papa Francesco nello scegliersi i collaboratori), ma la cosa importante è che viene posto con forza il tema della lobby omosessualista nella Chiesa proprio mentre si afferma che il di lei momento egemonico si sviluppa da decenni (e da secoli, se si tiene conto che Viganò dice di aver citato a Papa Ratzinger il precedente di san Pier Damiani…).
“Clericalismo”: la lezione del Papa e le distorsioni di alcuni
Cosa c’entri tutto questo con “il clericalismo”, che Papa Francesco vivamente stigmatizza, è affare non evidente ai più: così da una parte abbiamo chi accusa il Papa di star ciurlando nel manico, e dall’altro chi approfitta della diagnosi bergogliana per negare gli evidenti danni provocati dalle cordate omosessualiste nella Chiesa. Come in ogni polarizzazione, si è in presenza di due aberrazioni che si rafforzano a vicenda.
In dealing with the #abuses case are implied at least 2 big things:
1. The understanding of the #ministry in the Church, considering the clericalism.
2. The reform of the #papacy in the sense #PopeFrancis talks about.— Antonio Spadaro (@antoniospadaro) August 23, 2018
Provo ad accennare a un altro fatto che conosco direttamente per indicare le ragioni della “diagnosi bergogliana”: un giovane sacerdote ha cambiato tre parrocchie in tre anni per gravi disordini sessuali. Andava a letto con delle adolescenti: una di queste è rimasta incinta e ha abortito, senza che il giovane prete muovesse un dito. Davanti a fatti di una simile gravità, che a norma del diritto si sarebbero ben prestati perlomeno a una sospensione a divinis, il giovane prete è stato mandato a Roma per un percorso di accompagnamento psicanalitico. Da fonti assai prossime ho saputo che di fronte al Vescovo che gli comunicava la propria decisione la sua reazione sarebbe stata: «E ora cosa dico a mamma?». Ora il prete è di nuovo parroco, come il suo confratello omosessuale che induce i parrocchiani ad atti turpi in luogo sacro (sì, medesima diocesi e medesimo vescovo): quando era seminarista non erano sfuggiti ai suoi superiori dei comportamenti molto sopra le righe. Puntualmente relazionati. Sistematicamente ignorati.
Penso che i fatti siano più importanti delle parole, e che le persone di cui si è circondato il papa, o che ha difeso sino all’ insulto della giustizia e del rispetto per fedeli e vittime, siano fatti. Che le parole come ” clericalismo” siano la foglia di fico per nascondere il vero problema, che è l’ omosessualismo e l’ omoeresia. Penso che sia vero che il problema nasca prima di papa Bergoglio (relazione Oko ad es) ma che non sposti di una virgola la sua, di responsabilità. Penso che lei stia usando tutta la sua notevole intelligenza per fare un gioco, ancorché professionale, che mi sembra piuttosto ambiguo. E questo alla luce di fatti che conosce da tempo ma che mi sembra abbia tenuto, e tenga tutt’ ora, coperti. Per il “bene della Chiesa” ? Mi permetta di non essere d’ accordo con lei.
Gentilissima,
grazie per il franco confronto.
Concordo quanto ai fatti: valgono almeno quanto le parole, se non di più. Chiunque può vedere in qualunque momento che qui non si lesinano critiche – e ci guardi Iddio dai giudizi temerari – su alcune scelte del Santo Padre. Precisando che i suoi immediati predecessori non furono molto migliori di lui, almeno in questo. E certo non avevamo bisogno che venisse a ricordarcelo Viganò.
Mi pare più seria la questione del “vero problema”, e proprio facendo leva su tutto quanto ho raccontato (nonché sul molto di più che ho taciuto) oso dissentire: il vero problema non è “l’omoeresia”. Essa esiste, certo, ma come corollario di un problema maggiore, e non basta che ci sia un sacerdote omosessuale perché si abbia a che fare con un “omoeretico”: affermare il contrario così, sic et simpliciter, rischierebbe di scatenare una caccia alla strega che risulterebbe perniciosa più del male che sarebbe inteso a debellare, oltre che completamente inutile.
Conosco un giovane sacerdote rivelatosi omosessuale quando è scappato con l’amico: fino al giorno prima nessuno sospettava alcunché di simile, compresi i suoi superiori (e non parliamo di un soggetto ribelle e poco “docibile”). Come è esplosa “la bomba”? Prima quel sacerdote è stato lasciato solo – da Vescovo e clero – ad affrontare gravami ordinari e straordinari del suo contesto pastorale (quelli straordinari erano davvero notevoli); poi, una volta che sia fuggito, è stato ostracizzato per esplicito ordine del Vescovo. Questo è un bruttissimo caso di clericalismo che coinvolge un prete omosessuale… come vittima.
Ne conosco anche altri, i quali di tanto in tanto debbono schivare gli adescatori che nello stagno della loro solitudine volentieri vanno a pescare: non tutti sono “omosessualisti”, anche se spesso si tratta di uomini irrisolti e pastori “umanamente inadeguati”. Per questo la santa Chiesa, in via prudenziale, ordina che non siano ammessi in seminario quanti fra loro hanno un orientamento omosessuale “fortemente radicato”… ma non indice una crociata contro gli omosessuali tout court. Non sarà inutile ribadire questo aspetto, dato il contesto culturale particolarmente sensibile a certo giustizialismo.
E a proposito di giustizia… i fatti che conosco (e che è pesantissimo serbare) non li denuncio non per ignavia né per pusillanimità, ma perché come ho detto (forse però non sono stato abbastanza chiaro) sono già noti a tutti. Viganò si illude di poter innescare con la propria lettera chissà quale reazione a catena: nulla accadrà, e non solo perché moltissimi non sono nella sua condizione di prelato a fine carriera che nulla ha più da perdere, ma anche perché a quanto vedo ogni Vescovo d’Italia è, se non direttamente responsabile di una qualche procedura poco limpida, perlomeno testimone di procedure analoghe portate avanti da confratelli. Che magari sono loro buoni amici e probabilmente anche delle buone persone: le strutture di peccato sono tali perché in esse si impegolano anche persone veramente dabbene (certo, non per questo restano immuni da responsabilità…).
Insomma, come mi disse uno di questi Vescovi anni fa: «Siamo tutti gente onesta… io però ho le scarpe sfondate».
Tutti sanno e tutti tacciono. Ma è questo quello che farebbe Cristo, vero capo della Chiesa? E’ giusto tacere la verità, dato che significa accettarla ed essere quindi conniventi di atti illeciti? Rispetto poi a Cristo capo della Chiesa, ricordo che pochi giorni fa il Cardinale Burke diceva proprio questo, per esortare i fedeli a non disperare. Il Papa, diceva, non è che il Suo vicario in terra e può sbagliare, e faceva riferimento alla casistica elaborata da teologi controriformistici sulla possibilità di un Papa eretico e sulla sua deposizione. Ora, sappiamo come né san Bellarmino né Giovanni di san Tommaso in realtà ritenessero possibile una simile eventualità, e che basare una richiesta di deposizione del Papa sui loro casi di scuola non regge (anche se ci si può lecitamente chiedere perché esercitarsi in teorie ritenute puramente astratte). Comunque, il problema mi sembra il seguente: tutti sappiamo bene che la Chiesa ha avuto Papi peccatori che mai furono messi in discussione (Bonifacio VIII, almeno per il trattamento riservato al suo predecessore Celestino V; Alessandro VI, di cui non mette neppure in conto parlare; Leone X che, per restare in tema, era non solo omosessuale, ma aveva relazioni, etc.), Questi Papi tuttavia furono peccatori quanto a sé ma non misero mai in pericolo la dottrina (penso all’Exsurge Domine di Leone X tanto per fare un esempio). Oggi forse, e sottolineo il forse, perché magari mi sbaglio (e lo preferirei). assistiamo al fenomeno opposto. Se insomma il peccato in sé stesso non va temuto, perché è sempre possibile redimersene, e perché riguarda atti personali, elevare a sistema dottrine che su quello si basano (ad esempio, se la Chiesa depennasse il peccato di omosessualità o quello di adulterio nel caso di divorziati risposati, e chissà col tempo, pur di piacere al mondo, che cos’altro) temo sia un altro conto.
Sbaglio?
Grazie
Ora è tardi e non mi dilungo, ma vorrei ugualmente dire un paio di cose.
Che la Exsurge, Domine sia un distillato di verità lo contraddice almeno la proposizione 33 della stessa, falsa fino al grottesco.
Il punto non è che mai a un Papa sia scappata una virgola fuori posto… ce ne sono stati diversi a cui ne sono scappate alcune: il punto è che neanche il Papa è grande come la Chiesa, e sempre ogni documento magisteriale acquisisce vigore dalla ricezione ecclesiale. Il motore di quest’ultima è – per usare un concetto caro a certe teorie economiche – una “mano invisibile” che opera in tutti i credenti, ed è ciò che chiamiamo “senso soprannaturale della fede”. I credenti, senza neppure doversi sentire o mettere d’accordo, lasceranno cadere le disposizioni fallate e si attaccheranno a tutte le parole che bene servono la Parola come a una bombola d’ossigeno.
In ultimo, la prima domanda: Cristo è sempre vivo e agente, non c’è bisogno di chiedersi “cosa farebbe se…”. “Se” cosa? Vivo e onnipotente, Cristo evidentemente fa quello che vuole. Cioè non “quello che gli pare”, perché la volontà divina è tutta orientata alla salvezza universale, non all’affermazione del proprio ego. Proprio perché Cristo è vivo e agente, le teorie sul “Papa eretico” non possono che essere puramente astratte, dal momento che lo Spirito del Risorto, «da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci» (Joseph Ratzinger).