A Dublino è entrato nel vivo del suo programma l’Incontro Mondiale delle Famiglie: Papa Francesco – che andrà personalmente in Irlanda del Sud i prossimi 25 e 26 agosto – ha salutato l’apertura dei lavori con un videomessaggio.
Emma Ciccarelli ha portato la voce del Forum delle Associazioni Familiari, affermando di aver visto nei numerosi giovani in giro per le strade di Dublino l’interlocutore ideale dell’evento:
I temi in discussione toccheranno il vissuto quotidiano. Ci saranno riflessioni sulle famiglie rifugiate, sul problema del divario digitale tra le generazioni, sulle difficoltà del matrimonio. Non verranno affrontate solo tematiche ideologiche ma anche concrete,potremmo dire pastorali. Daranno il loro contributo, con la loro testimonianza, coppie e giovani che vivono questi problemi sulla propria pelle.
Sarebbe bello se la vice-presidente del Forum avesse ragione, ma il rischio costante di certi eventi ecclesiali è sempre quello che – nella migliore delle ipotesi – essi si risolvano in grandi convegnucci autoreferenziali, in cui la pompa dell’organizzazione e l’eccellenza dei relatori non bastano a ottenere spazi mediatici mainstream che non siano distorti dagli interessi propri dei media stessi. Speriamo naturalmente di essere smentiti dai fatti e per questo seguiamo con interesse lo svolgimento dei lavori.
A oggi, tuttavia, la notizia “Dublino 2018” è stata declinata dai media come occasione in cui Papa Francesco andrà ad incontrare le vittime dei sex crimes del clero irlandese. Oscurato tutto il resto. Nei prossimi giorni – c’è da scommetterci – la farà da padrone la relazione del gesuita omosessualista James Martin, imposto a forza dalla nota lobby in un meeting il cui tema è totalmente avulso ai cavalli di battaglia dell’attivista lgbt (grave anche solo che questa sigla militante sia stata inserita nel titolo della relazione, confluita nel programma generale dell’evento).
C’è da dire però che mentre la relazione di padre Martin era stata imposta da tempo e nel tempo – la lobby si fa audace e mano a mano tenta atti di forza vieppiù intensi, onde espandere la finestra di Overton con la propria azione – la Lettera del Santo Padre al Popolo di Dio appare piuttosto dettata dalla richiesta del Gran Giurì della Pennsylvania, che a fine luglio ha chiesto l’intervento della Giustizia statunitense contro trecento sacerdoti che negli anni avrebbero abusato di almeno un migliaio di minori.
Il testo di Papa Francesco è delicato e sincero, profondo e toccante, nel dirsi pronto alla «solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente» – la quale evoca non solo la piena e leale collaborazione con le autorità civili, ma pure un’umile e radicale conversione ecclesiale. Mons. Diarmuid Martin, il primate d’Irlanda, s’è infatti augurato pubblicamente che il Papa vada a Dublino non solo a chiedere perdono, ma a «provocare la Chiesa perché cambi radicalmente stile».
E non si tratta solo di “pedofilia”1In realtà non si tratta quasi per niente di pedofilia, come si vedrà., ma di «abusi sessuali, di potere e di coscienza»: un sinistro tridente che
si manifesta con chiarezza in un modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa […] quale è il clericalismo, quell’atteggiamento che «non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente»2Lettera al Cardinale Marc Ouellet, Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, 19 marzo 2016.. Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo.
«Qualsiasi forma di clericalismo». Ben detto, Santità. E ci vorrà mano assai ferma per discernere, incidere e amputare dove si mostrerà necessario: già i nomi che sono stati evocati dal Dossier Pennsylvania sfiorano (neanche troppo di lontano) alcuni eccellentissimi membri della Curia Romana. Un Eminentissimo Principe di Santa Romana Chiesa ha disertato pochi giorni fa, senza dare spiegazioni molto dettagliate, il Meeting Mondiale delle Famiglie aperto ieri a Dublino. Si tratta di uno dei più popolari cardinali statunitensi, a dire il vero di uno che mi sorprenderebbe molto se risultasse coinvolto nella nuova ondata di scandali, che si annuncia ineluttabile.
Ieri su Church Militant è stato pubblicato il resoconto di un dossier preparato dal 2012 in qua. Dunque – non ce ne vogliano gli antibergoglisti di maniera – al culmine della crisi ratzingeriana e del “caso Spotlight” negli USA3L’omonima pellicola sarebbe uscita nelle sale nel 2015.. Sembra che stia dolorosamente venendo a galla la verità più indicibile, quella che per ora viene relegata fra le dichiarazioni di ecclesiastici che i media, per un motivo o per l’altro, abbiano facile gioco nel presentare macchiettisticamente: lo disse Bertone, “il Cardinale dell’attico”, lo ha recentemente ripetuto Burke, “il Cardinale nemico del Papa”4Quella sua fissa di essere tenuto a convincere il Papa di eresia, fra altre, lo rende colorito.. Lo ha però sempre detto anche don Fortunato Di Noto, forse tra le massime autorità al mondo in quest’orrida materia – e la sua è un’autorità guadagnata sul campo, non a chiacchiere e distintivi. Il fatto è che nella Chiesa dei nostri giorni non c’è tanto un’emergenza pedofilia, quanto un’emergenza efebofilia. Non solo, i dati delle vittime, perlomeno sui grandi numeri, non lasciano spazio a dubbi: le bambine e le ragazze che sono vittime dell’abuso sessuale di sacerdoti sono così poche, in percentuale, da far emergere chiara la verità – il problema è un’alta e incontrollata percentuale di sacerdoti «dalle tendenze omosessuali profondamente radicate».
Un problema allarmante e fino ad oggi relativamente sommerso: Ratzinger, eletto ad aprile 2005, approvò la pubblicazione dell’Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini Sacri il 31 agosto dello stesso anno – primo atto di governo al rientro da Castel Gandolfo, così da favorire un’applicazione immediata della stessa, prima dell’avvio degli anni formativi nei seminari di tutto il mondo. Vi si leggeva, fra l’altro:
[…] questo Dicastero, d’intesa con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ritiene necessario affermare chiaramente che la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione[9], non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay[10].
Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate.
Qualora, invece, si trattasse di tendenze omosessuali che fossero solo l’espressione di un problema transitorio, come, ad esempio, quello di un’adolescenza non ancora compiuta, esse devono comunque essere chiaramente superate almeno tre anni prima dell’Ordinazione diaconale.
Tali disposizioni sono state ribadite da Papa Bergoglio, che le ha fatte richiamare nella nuova Ratio Fundamentalis dei seminarî (dicembre 2016) e che fino a maggio 2018 ha dedicato l’incontro con la plenaria della Cei a ricordarlo: «Nel dubbio, meglio che gli omosessuali non entrino in seminario».
E poi Maurizio Crozza – in una cover di Take Me To Church di Hozier interpretata nei panni di Elton John e del Romano Pontefice – ha potuto dire, rivolgendosi a Papa Francesco: «Se entri in un seminario, vedrai: / sembra Mikonos, dài!». Forse davvero parliamo della lettera di Poe.
Oggi riportiamo in traduzione5Grazie alla solerte dedizione di Lucia Scozzoli. i contenuti dell’inchiesta pubblicata da Militant Church, e se nei prossimi giorni davvero si dovrà parlare solo (o perlopiù) di pedofilia ed omosessualità… possa almeno essere la volta buona in cui si faccia il trait-d’union.
La testata Church Militant ha scoperto come negli anni ’90 e nei primi anni del 2000 sia stato istituito un percorso clandestino per seminaristi omosessuali, attraverso il quale uomini gay sessualmente attivi provenienti dalla Colombia, dal Sud America, sono stati segretamente incanalati verso i seminari statunitensi.
Molti seminaristi sono entrati in contatto con noi e vogliono che l’intera storia della massiccia crisi di predazione omosessuale da parte del clero – specialmente nei seminari – sia completamente portata allo scoperto.
Note
↑1 | In realtà non si tratta quasi per niente di pedofilia, come si vedrà. |
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↑2 | Lettera al Cardinale Marc Ouellet, Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, 19 marzo 2016. |
↑3 | L’omonima pellicola sarebbe uscita nelle sale nel 2015. |
↑4 | Quella sua fissa di essere tenuto a convincere il Papa di eresia, fra altre, lo rende colorito. |
↑5 | Grazie alla solerte dedizione di Lucia Scozzoli. |
Salve!
Anche se io non ho mai nemmeno pensato all’argomento “preti sposati” e fino a poco prima di leggere questo articolo l’argomento era per me senza significato… adesso mi sembra che prima di tanti “controlli” sui seminarsti omosessuali possa essere senz’altro utile un percorso che ammetta i preti al matrimonio… mi sembra di primo acchito che una moglie sia l’elemento più vigilante in assoluto sulle questioni sessuali del marito o almeno molto più vigile dei sistemi adottati fino ad ora… direi con facilità che dalla mia esperienza di marito e padre di tre figli forse a mia moglie -e dico forse- potrebbe scappare una mia eventuale “scappatella” che forse si chiama così proprio perché “scappa” cioè sfugge all’attenzione della moglie… ma non sfuggirebbe senz’altro un mio comportamento ripetuto qualsiasi sia… Per mia fortuna, anche se ho incontrato qualche donna che ha tentato almeno i miei sensi, ho sempre resistito ma posso dire che mia moglie si era sempre accorta anche di un semplice sguardo… quest’anno facciamo “solo” 25 anni di matrimonio rimandato più volte per vicissitudini familiari ma io e mia moglie ci siamo fedeli da quando ci siamo fidanzati e sono più di 35 anni… E la vigilanza sarebbe solo un aspetto secondario il primario è la stabilità emotiva e psicologica che in un rapporto uomo-donna distribuisce a piene mani!
saluti.
RA
Caro Roberto,
l’idea che la possibilità di Matrimonio per i sacerdoti possa in qualche modo risolvere uno qualunque dei problemi della infedeltà e dei peccati che riguardano la sfera della sessualità in un/una consacrato/a è purtroppo una vana utopia.
Senza entrare nel merito dei motivi teologici (e canonici che come tali sarebbero al limite modificabili), dal punto di vista concreto seppure in ordine alla vita spirituale, il consacrato/a ha (o dovrebbe avere) con Dio lo stesso rapporto sponsale che lei, come me, ha con sua moglie.
Lei non tradisce sua moglie per l’amore e il rispetto che le porta o perché sua moglie è “vigile”?
Non tradisce per amore o per timore (di essere scoperto…)?
Certo una buona moglie, ci fa maturare – specie noi uomini – nel viglilare noi stessi i nostri sguardi financo i nostri pensieri (che di fatto sarebbero facilmente occultabili), ma questo è appunto un percorso di conversione in cui la Moglie e il Marito che Dio ci pone accanto, sono l’uno per l’altra aiuto.
Un cammino di crescita.
I consacrati hanno (o dovrebbero avere), oltre ad una intima unione spirituale con la Trinità e Maria che viene dalla preghiera assidua, una particolare “grazia di stato” e una vita comunitaria dove fratelli/sorelle, padri spirituali e superiori nell’ordine, vegliano (o dovrebbero vegliare) su ogni possibile, caduta o anche sola tentazione.
Tutte realtà a cui un laico sposato difficilmente accede… seppure non sia impossibile.
Certo se tutto questo lo si butta alle ortiche, consegnandosi difatto ai propri peccati e diciamolo tranquillamente, in mano al demonio (che si frega le mani di gioia ogni volta che può traviare un consacrato/a), se proprio chi dovrebbe vigilale, istruire, formare, correggere ed educare, invece inganna, travia e perverte (e non vorrei essere nei loro panni il giorno del Giudizio), non c’è “percorso che ammetta i preti al matrimonio” che tenga!
Vigilanza e formazione, prudenza e misericordia, amore a Cristo e alla Sua Chiesa, Predicazione e Sacramenti e DISCERNIMENTO, questo è necessario.
Santi Pastori che formino Santi Sacerdoti che a loro volta fomano un Santo Popolo di Dio e allora ognuno di fronte a Dio, nello stato in cui ognuno è chiamato a vivere, avrà in abbondanza quei Doni che lo Spirito Santo garantisce e che non chiamano nessuno ad essere “custode” di nessun altro, ma ha essere formati e allenati al combattimento interiore, la cui vittoria è sempre certa appoggiati in Dio.
Salve!
Ovviamente la Sua cortese risposta è profonda e dotta ed io l’apprezzo.
Come ho scritto io sono del tutto neutro alla questione preti sposati ecc…
e dico neutro per non dire che proprio non rientra né mai è rientrato
nei miei pensieri di cattolico. Cioè non me ne frega nulla,,, ecco, l’ho detto
Ho scritto della mi idea di getto e senza pensarci su proprio perché
mi è venuta in un baleno e per questo ho forse tralasciato
le parti che davo per scontate.
La mia idea mi è venuta per quello che ho letto nell’articolo
e cioè per le azioni compiute da diversi coinvolti nello
trasferire seminaristi e preti da un poisto “vigile” ad
un posto molto meno “vigile”.
Ho ovviamente tralasciato gli arricchimenti diversi e più
alti della mera “vigilanza” dati dal matrimonio in realtà
l’ho appena accennato solo per far capire che lo
davo per scontato essendo il mio interesse volto
al meroaspetto della “vigilanza” essendo quello
assolutamente mancato dalle cose raccontate nell’articolo.
Per cui sono d’accordo con lei su tutto e mi è piaciuta la
sua risposta tranne forse nella parte dove lei
accenna alla possibilità di aggirare la vigilanza del coniuge
che ricordiamo che nel caso in questione -essendo i preti tutti maschi-
sarebbe la moglie.
Lei dice che alla moglie se si vuole “gliela si fa” ed è vero,
ho perà il dubbio che “gliela si fa” se il matrimonio
ha già delle profonde crepe oppure se la cosa è solo
sporadica… negli altri casi noi maschietti presumiamo,
forse per orgoglio, di essere più scaltri delle nostre mogli
ma in effetti non è quasi mai così.
Ad ogni modo è dimostrato che è più facile aggirare
la vigilanza di altri preti e nel caso laico degli organi
deputati alla vigilanza ma molto più diffiile aggirare
la vigilanza della moglie…
Eppoi la moglie sarebbe un buon filtro per l’omosessualità.
A questo ultimo proposito il raccondo di alcuni preti
anziani di mia conoscenza ma ha fatto capire
che almeno nei seminari italiani il “controllo” sulla omosessualità era
piuttosto nella forma della “oppressione” e le frasi che ho sentitoe erano:
“non potevi nemmeno toccare la spalla del tuo vicino in gesto di amicizia
che venivi subito preso da parte e severamente redarguito o punito”
Per non dire di molti altri atteggiamenti che si verificavano e
che io -che ho fatto ilmilitare di leva- pensavo tipici
solo delle caserme! Nota disambigua non parlo
di cose sessuali ma di sottili fome di “bullismo” che
ovvimanete nei seminari non erano di tipo fisico ma
psicologico…
saluti
RA
Caro Roberto,
non so dove in ciò che ho scritto si deduca che volendo “alla moglie gliela si fa”… cosa che peraltro è vera ed è stata vera per molti e per molto tempo (anche ai mariti “gliela si fa”), ma questo fa parte dell’arte dell’inganno in cui l’Uomo sa essere maestro e che certo io né ammiro, né auspico, solo osservo essere una realtà.
Non credo la moglie potrebbe essere un argine a ateggiamenti devianti di omoerotismo (miglio definizione di ciò che definiamo “omosessaulità).
Questi atteggiamenti infatti si riscontrano anche in uomini sposati.
E’ una devianza dell’anima (o della psiche se preferisce) e tale rimane, non sarà certo avere preti sposati che libererà la Chiesa da una simile piaga.
Sugli atteggiamenti più oppressivi che educativi, d’accordo, possibilmente siano educativi, ma se devo scegliere tra il vietare ogni contatto fisico che possa essere anche solo amicale tra due seminaristi o lasciare che tutto passi sotto il segno di un affetto amicale, per poi ritrovarmi festini a base di sodomia, beh… veda un po’ lei.
Per altro quello del massimo rigore nel non avere contatti fisici troppo frequenti, se non peggio di dubbia motivazione, è un sanissimo e prudente atteggiamento che dovrebbe essere adottato da ogni uomo e donna cristiana, laddove non si tratti del proprio Coniuge.
Perché infatti dovrei avere “toccamenti” che siano di spalle, mani, viso (per non parlare di ben altre parti del corpo) con persone che NON sono una “carne sola” con me?
Non crediamoci così forti o invulnerabili… si comincia con qualche contatto (che può essere anche di sguardi) e si finisce nel più classico degli adulteri.
Perché il demonio, lei mi insegna, è molto più scaltro di noi e sa bene come attirarci in trappola.
Le racconto un aneddoto che a molti potrà sembrare un’esagerazione.
Un (per me santo) sacerdote che conoscevo, con sui avevo una certa confidenza e che è già salito al Padre, portava degli occhiali piuttosto spessi e mai troppo puliti. In aggiunta aveva un alito piuttosto “pesante”.
Un giorno, proprio perché in confidenza, gli chiesi perché non curasse un po’ meglio questi due aspetti. Mi rispose che gli occhiali sporchi rendevano tutti un po’ uguali alla sua vista, specie le donne e che in particolare, dato il suo alito, queste ultime, mantenevano da lui sempre una certa distanza…
Le posso assicurare che non era né misogeno, né vedeva nelle donne uno “strumento del demonio”, ma evidentemente conosceva in sé una debolezza e aveva adottato uno stratagemma perché la sua debolezza non potesse mai divenire profonda ferita e poi cancrena.
La saluto e le auguro una Buona Domenica.