Dopo dieci giorni di favolosa montagna, giusto ieri pomeriggio ho fatto rientro a casa e sono stata subito invitata a cena dai miei genitori, bramosi di rivedere i nipoti dopo tanto tempo di solitudine estiva.
La piacevole serata di racconti di avventure è stata però interrotta bruscamente da un vicino, intento a sbracciarsi di fronte alla finestra: minacciose fiamme e acre fumo nero uscivano dal locale caldaia di casa, dove mia madre tiene anche una postazione cottura, per friggere in libertà senza invadere di odori molesti la casa. Purtroppo, in un attimo di distrazione, aveva lasciato il fornello acceso sotto la padella con l’olio in cui aveva cotto le patate e poi ci eravamo tutti eclissati in sala da pranzo, troppo lontano per sentire rumori e odori.
Subito sono stati allertati anche i vigili del fuoco.
Non sono mancati gli attimi di panico: saltata la corrente, ci era impossibile usare la gomma del giardino per inondare di acqua la stanzetta bruciante, perché il motorino del pozzo non funzionava. Il vicino è accorso in aiuto con capienti secchi e una bella autobotte da irrigazione (è contadino). In pratica, quando sono arrivati i pompieri, le fiamme erano già spente e si alzava dal locale solo una colonna di fumo nero e un notevole calore.
Sono scesi dal veicolo rosso bardati come iron man, con respiratore, bombola, casco: sudavo a vederli! Si sono buttati dentro, hanno controllato tutto, soprattutto il tetto di legno carbonizzato in superficie. Poi sono usciti ed hanno iniziato a togliersi pezzi, svelando alla nostra vista visi estremamente giovani, freschi, decisamente belli.
Con pazienza e qualche strumento apposito, hanno passato al setaccio ogni angolino, per verificare che non ci fossero focolai pronti a riprendere vigore, hanno visionato l’impianto del gas, chiesto informazioni e dato consigli su come intervenire per ripristinare rapidamente la funzionalità; hanno portato fuori dal locale cose intatte, per preservarle dal fumo, hanno rassicurato i miei genitori un po’ sconvolti, hanno sorriso tantissimo. Nessuna critica, nessuna ombra di rimprovero per la disattenzione, o per l’obsolescenza dell’impianto, mancante di un sezionatore apposito per il locale, o per il giro a sirene spiegate forse non necessario (in fondo sono arrivati ad incendio spento).
Gentilissimi, amorevoli, dolci, premurosi, delicati.
Ho sempre pensato che i pompieri fossero persone brusche, per la concitazione e la necessaria autorità da esercitare in momenti di emergenza, forse in questo condizionata da tanti film americani, in cui non mancano mai sgarberie e linguaggi coloriti.
I nostri vigili del fuoco non sono così: dolci come mamme. È impossibile non volere loro bene, istintivamente, immediatamente.
Ho letto tanti racconti sulle prodi gesta dei vigili del fuoco italiani, rinomati per la loro professionalità e competenza, ma anche per lo spirito di sacrificio e la capacità di spendersi fino all’ultima goccia di energia, ma non avevo mai colto quel profondissimo e ricchissimo lato umano, che comunque ciascuno rileva: come il caso dei pompieri a Genova, entrati in un bar per rifocillarsi un attimo dopo tre giorni di scavi, sporchi e polverosi, che subito si sono scusati per l’olezzo della fatica che si portavano appresso. Volevano pagare le consumazioni come tutti, ma la barista ha rifiutato. Gli altri avventori del bar si sono precipitati in massa alla cassa per contribuire, pagando per loro.
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