Il salterio compie la santa ira e la mitezza evangelica

Come coniugare:

Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l’uomo che trama insidie.
Desisti dall’ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.
Ancora un poco e l’empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.

Sal 37, 7-11

e

Se Dio sopprimesse i peccatori!
Allontanatevi da me, uomini sanguinari.
Essi parlano contro di te con inganno:
contro di te insorgono con frode.
Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano
e non detesto i tuoi nemici?
Li detesto con odio implacabile
come se fossero miei nemici.

Sal 139, 19-22

Non sono forse in contraddizione?

Perfecto odio oderam illos, et inimici facti sunt mihi (Sal 139,22)

Il primo passo è riconoscere che il nemico ed i nemici sono anzitutto dentro di me ed a volte parte di me. La terra che devo difendere sono la mia relazione con Dio, da cui ogni relazione.

L’ira ci fa perdere questo (Ef 4,26-27). Lo sdegno è ben altro, la santa ira è ben altro, il perfetto odio è ben altro.

L’ira, in quanto vizio capitale, distrugge le relazioni e non compie il passo decisivo di farci entrare nella terra promessa, come Mosé (Num 20, 7-12) che si adira con il popolo e manca non solo perché si adira e disobbedisce a Dio (Non parlò alla roccia ma la percosse) ma anzitutto perché non coglie la Speranza che Dio ha seminato nelle fragili membra del Suo popolo. Mosé ottunde la paternità a cui era stato condotto sin qui da Dio stesso.

Mosé, probabilmente, non coglie, anche per motivi personali, in quell’episodio, il “principio di gradualità”, così necessario nella vita spirituale, propria ed altrui.

Certo il rischio è mutare questo principio (perché è un principio, cioè un aspetto fondante ed esemplare, emblematico, perché è l’agire di Dio con noi) nella “gradualità del principio”, che è l’antitesi scimmiesca del divino.

Carezzando la “gradualità del principio” ci si mette al posto di Dio: «Faremo uscire per voi l’acqua dalla roccia» (Num 20,10).

La Parola di Dio dona Dio e rende possibile l’agire della Parola stessa nel cuore del fedele, come un seme. La Parola di Dio non è solo ispirata da Dio” (2Tim 3,16). Cioè non ci dice solo ciò che Dio desidera, per noi ed in sé. Ma ci dona lo Spirito Santo per poterla mettere in pratica e per incontrare il cuore di Dio. Lo ricordava S. Ambrogio, Theopneustos (2Tim 3,16) significa anche “spirante Dio” (De Spiritu Sancto, III, 112).

Dice infatti il Signore a Mosè: «Parlate a quella roccia» (Num 20,8).

Pertanto l’unica Ira accettabile è quella dello sdegno che impara da Dio ad amare quello che Lui ama e rifiutare quello che Lui rifiuta:

perciò ho giurato nel mio sdegno:
Non entreranno nel luogo del mio riposo

Sal 95,11

Ed è per tale motivo che ogni mattina apriamo la preghiera della Liturgia delle ore con questo salmo, per Amare quello che Dio ama e sdegnare quello che lui rifiuta.

È il metodo più sicuro per adeguare il nostro cuore a quello di Dio e farlo crescere in Lui. Dilatarlo. A questo serve fare le cose con abitudine e non per abitudine, a ricostruire il cuore ed il suo tessuto nel tessuto del Padre.

Qui si trova la santa ira e, soprattutto, si compie la beatitudine della mitezza.

Questa è la nostra terra promessa. Amare quello che Dio ama e custodirlo con somma cura. Per noi e per i fratelli, confidando, obbedendo, con Speranza, però non sul “nostro bastone” ma sulla “Sua Parola”.

1 commento

  1. Salve!
    Ben scritto! Ottima sintesi, ottimo contenuto, ottima esposizione, ottima semantica… Insomma bravo! Complimenti. Penso di usarlo in qualche mia “omelia”… (virgolette)… grazie. saluti. RA

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