Da Roma giungono delle considerazione sulla bozza pienamente accolte sia da Journet sia da Maritain, che il 9 aprile 1968 scrive all’amico dando il suo consenso alle puntualizzazioni. Journet, dal canto suo, confermerà tutto ciò con una lettera inviata alla Santa Sede il Giovedì Santo di quell’anno. Il Pontefice stesso risponderà a Journet con un breve biglietto di ringraziamento, scritto propria manu, con la sua bella chiara e tranquilla scrittura. Oltre a questi messaggi non perverrà più alcuna notizia.
Il 30 giugno 1968, Paolo VI proclama in San Pietro il Credo del popolo di Dio. Solo il 2 luglio, leggendo il giornale, Maritain ritrova nelle sintesi riportate ampi estratti del testo che lui aveva inviato a Journet all’inizio dell’anno.
Sono confuso – osserva nel suo carnet – profondamente travagliato dal fatto di essere stato ingaggiato in un mistero che mi sorpassa così tanto. Per fortuna è Raïssa che ha tutto condotto, che ha fatto tutto, dopo l’inizio di questa straordinaria avventura.
Il Credo del popolo di Dio coincide così sostanzialmente con la bozza preparata dal filosofo francese.
La sua idea, tanto chiara nella sua mente, si concretizza in uno straordinario documento che porta alla proclamazione solenne del Credo del Popolo di Dio. Si potrebbe immaginare che il Pontefice abbia accettato tale scritto acriticamente e, dunque, sia invero da ricondurre al solo Maritain. In realtà, suggerisce il benedettino Cagin, «non si ignora che i documenti del magistero sono il più delle volte preparati da redattori diversi e passano, prima della loro promulgazione, attraverso numerose mani. Ora Maritain, nel caso presente, l’abbiamo visto, non è nella situazione di un redattore incaricato dal Papa di preparare una bozza. È piuttosto il Cardinal Journet che si è trovato in quella posizione. Maritain non ha fatto altro che rispondere all’appello d’aiuto del Cardinale». Sicché, ogni tentativo di liquidare la professio fidei di Paolo VI come esercitazione di un vecchio filosofo amico del Papa risulta fuori luogo. Il cardinale Cottier ne è sicuro, non c’è alcun dubbio che si tratta del Credo di Paolo VI. Del resto, papa Montini aveva scartato già altri progetti, come quello predisposto dal domenicano Yves Congar. Il testo, invece, che si trova davanti, nelle intenzioni nell’autore non era indirizzato a lui, ma a Journet. Paolo VI ha, quindi, semplicemente riconosciuto nei contenuti e nella formulazione di quella bozza ciò che era suo compito confessare come pastore, a nome di tutti i sacerdoti e di tutti i fedeli.
Nello stendere il suo testo, il filosofo francese aveva solo seguito quasi istintivamente il sensus fidei, lo stesso che si esprimeva in maniera concorde nelle richieste provenienti dal Sinodo dei Vescovi e che aveva ispirato il Sommo Pontefice nel proclamare l’Anno della fede, con quella libertà che accompagna sempre le vicende della Chiesa, quando a guidare è il Signore. Al Successore di Pietro non restava altro che riconoscere e autenticare quelle formule, che ripetevano semplicemente l’insegnamento ricevuto da Cristo, che attrae i cuori con la sua grazia.
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