Ieri alle 12 si è tenuto in Vaticano presso la sala Clementina l’incontro del Pontefice con una delegazione del Forum delle Associazioni Famigliari, per i 25 anni della fondazione: prima c’è stato un momento comunitario e poi un’udienza privata con ogni singola associazione.
Per l’assemblea iniziale, il Papa aveva preparato un discorso, ma, nell’introduzione accorata e profonda di Gigi De Palo, il Pontefice ha percepito una caratteristica che probabilmente vede latitare da più parti, e cioè il coraggio, e dunque ha deciso di accantonare il discorso scritto, ritenendolo troppo freddo, ed ha parlato a braccio di temi molto più coinvolgenti di quelli previsti, o per meglio dire, molto più sconvolgenti.
Estratti di quel discorso improvvisato sono rimbalzati subito su molte testate, avvenire ne ha riportati ampi stralci. Il sito della Santa Sede ci ha messo, invece, parecchie ore per raggiungere la scia che esse avevano prodotto (comparendo già alle 13 pure su televideo), riuscendo a rendere disponibile, oltre al discordo previsto e consegnato ai presenti senza essere letto, anche quello effettivamente pronunciato: ore di vuoto, non colmate nemmeno dalla pubblicazione del video dell’intervento sul sito vaticanews, come avviene di solito.
Confesso di aver temuto, per alcune ore, che qualcuno volesse ovattare con qualche mezzuccio la vasta eco delle parole di fuoco (cioè colme di Spirito, e non dal tono acceso) che il Papa aveva regalato a quelle famiglie presenti, in virtù del loro coraggio.
Il discorso1A questo link. è tutto da leggere e rileggere, stracolmo di spunti da meditare: giustamente sta rimbalzando su siti e bacheche e credo che sia in assoluto il discorso del Papa più letto tra tutti quelli che ha pronunciato e di continuo pronuncia negli eventi ed incontri che si susseguono a Roma.
Ma che cosa c’è che infiamma tanto? C’è verità: il Papa ha risposto a tono al coraggio che ha percepito nell’assemblea, non si è tirato indietro a confrontarsi con loro allo stesso livello di profondità. Infatti ha parlato di aborto selettivo come di una forma di nazismo coi guanti bianchi (e ci ricordiamo come il medesimo paragone tra aborto e selezione eugenetica nazista costò a moti pro life, tra cui Adinolfi, una incredibile quantità di insulti e improperi sui social e sui giornali, come fosse stata una bestemmia): nessun buonismo, nessun pietismo per la “povera donna” costretta ad ospitare un estraneo non voluto in grembo; nessuna empatia per i genitori che si trovano di fronte ad una diagnosi infausta di malattia del figlio in arrivo. Parole che il mondo considera pietre, e che invece, in quel consesso di genitori e figli, alcuni disabili (ultimo il figlio con sindrome di down proprio di Gigi De Palo), sono state balsamo sulle ferite, incoraggiamento forte a proseguire sulla erta strada del sacrificio per il bene.
Sacrificio: questa è la parola più coraggiosa di tutte, pronunciata dal Pontefice. Chi la vuole sentire oggi? È una mostruosità, il male assoluto, orrore e sdegno!
Ieri sui social ho letto un commento, sotto il post di una persona che, come tanti, rendeva onore al gesto eroico del ragazzino di Messina che, nel rogo della sua casa, è tornato tra le fiamme cercando di recuperare il fratello minore e finendo così vittima anch’egli. Riporto questo commento raggelante:
Io ho davvero un altro concetto di eroe.
Tra l’altro non ho capito se il fratellino minore è perito anche lui oppure no.
Perché se lo è, allora questo “eroe” ha fatto sì che invece di una sola vittima, i genitori abbiano due figli da piangere.
No, questo per me non è eroismo.
Questo è nichilismo mascherato da altruismo, entrambe due cose distruttive dell’integrità di noi esseri umani.
Secondo costui, se prima di un gesto non si compie un attento calcolo di costi e benefici, rischi ed opportunità, possibilità di riuscita e di fallimento, allora a buttarsi in un atto che richiede sacrificio per il bene altrui non si è coraggiosi, ma stolti e stupidi, addirittura nichilisti, perché non siamo individui unici ed irripetibili, tesori di inestimabile valore e inimitabili, ma solo ingranaggi di un meccanismo, formichine tutte uguali, soldi nelle casse dello stato, mattoncini dell’edificio dell’umanità. Se per salvare una pedina sacrifichi una pedina, non ci hai guadagnato nulla. Puro calcolo.
Questa è la gente che abita il mondo e a cui la Chiesa cerca di rivolgersi, tra gli altri. Ma ieri in sala Clementina c’erano famiglie che sapevano cosa significa essere eroi per davvero e il Papa, occhi negli occhi, ha potuto dire cose grosse: “La vita di famiglia: è un sacrificio, ma un bel sacrificio”. Ed ha aggiunto subito dopo che serve tanta pazienza, che bisogna saper aspettare pure il marito fedifrago: atrocità maschilista e medievale!
Eppure, in questo elogio della fatica coniugale, c’è tanta speranza, perché nell’attesa senza presupposti di riuscita c’è una visione del futuro che non è previdente o prudente, ma profetica, e colma la vita di un significato grande e pieno, che sazia.
Nella codardìa diffusa, travestita da superficialità disimpegnata, c’è un’inquietudine che rende l’uomo triste. Invece nel coraggio della vita famigliare, quella in cui si fa la giusta fatica e si resta sempre proiettati verso l’alto e verso l’altro, si compie un cammino che fa crescere e che porta lontano.
Note
↑1 | A questo link. |
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Qui entrambi gli interventi
https://www.ilcattolico.it/catechesi/catechesi-del-santo-padre/udienza-alla-delegazione-del-forum-delle-associazioni-familiari-16-06-2018.html
Stavolta avevamo salvato anche noi, ma sapevo che saresti arrivato, puntuale e zelante come sempre.