A quanto detto – cioè che la Chiesa nascente mostra la fede nella risurrezione di Cristo prima della benché minima attività paolina in loco, e da fonti indipendenti – si aggiunge che:
- in nessun modo si è necessariamente dipendenti da una fonte per la sola anteriorità cronologica (non vale per i codici, che hanno coordinate ben precise… figuriamoci per le ipotesi!);
- il Nuovo Testamento pullula di cristologie altissime (per certi versi più alte della stessa cristologia paolina – penso a quella giovannea, ma anche a quella della Lettera agli Ebrei) che nulla hanno a che fare con i theologoumenoi di Paolo, e che per giunta sono state sviluppate da autori e contesti in forte polemica con quelli paolini (si pensi anche solo alla polemica antipaolina nell’Apocalisse).
Con queste premesse – la cui falsità abbiamo già smascherato – Biglino si appresta a
uscire dallo steccato teologico che la Chiesa ha costruito sulle dottrine paoline (il fondamento “inventato” del cristianesimo) e ipotizzare una chiave di lettura diversa, più concreta e maggiormente rispondente a quanto è narrato nell’Antico Testamento.
(p. 136)
Come abbiamo visto, dopo aver mostrato di ignorare (se non di voler mistificare) il contenuto dottrinale della fede cristiana, Biglino è uscito non da un qualche “steccato dottrinale”, ma unicamente dalla storia, diremmo pure dalla realtà. Sarà opportuno dedicare altre puntate a svelare punto per punto le procedure con cui questo prestigiatore delle Scritture produce le sue mistificazioni: anticipiamo che nella prossima si offrirà un tale saggio della flagrante disonestà intellettuale del Nostro… che pure quanti non sanno leggere né l’ebraico né il greco dovranno prenderne atto.
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