Alfie, al massimo un’eccezione
Nella mia analisi del comunicato di McMahon mi spingevo a chiedermi se, in merito alla manipolazione delle parole del Santo Padre
la diocesi si sia limitata a recepire la formulazione della sentenza del 20 febbraio e non abbia invece contribuito a produrla, vista la sicurezza con cui l’assurda presentazione delle “cure palliative” viene ostinatamente ripetuta. Se, anziché un improbabile giudice della Corte Suprema, a cercare i messaggi del Papa ad uso della posizione dell’ospedale, non sia stato chi ne aveva ben maggiore dimestichezza e ben prima che si arrivasse alla conclusione dell’iter giudiziario, rispondendo alla richiesta di supporto dell’ospedale nella persuasione di due giovani sposi cattolici (lui d’educazione e nel battesimo, lei accordatasi al suo sposo nel battesimo del figlio). E che solo poi, attraverso gli argomenti dell’ospedale, sia confluito nella sentenza. Se tutto non sia partito proprio dall’arcidiocesi.
Non vorremmo mai scoprire che, sì come la pervicace reticenza dell’Alder Hey al trasferimento di Alfie si mostra sempre più fortemente terrore dell’eventualità che in altri ospedali emergano oltre ogni dubbio le loro negligenze, anche qualche alto prelato di Liverpool si muova nella noncuranza della vita di un bambino e con la preoccupazione di coprire l’abuso di un messaggio del Santo Padre.
Difficile dire se questi pensieri acquistino maggior consistenza, difficile immaginare che l’intera Conferenza Episcopale si sia prestata a coprire un abuso della diocesi di Liverpool. A meno che questa condotta, di supportare gli ospedali che propongono l’interruzione del sostegno vitale come se fosse perfettamente normale, non sia diventata una prassi consolidata nelle diocesi d’Inghilterra. Tragicamente, la dichiarazione di ieri non lo esclude, anzi:
Spetta [al Bambin Gesù] l’onere di presentare alle corti britanniche, dove vengono prese decisioni cruciali in caso di conflitto di opinione, le ragioni mediche per un’eccezione da fare in questo tragico caso.
Di tutta la dichiarazione, è questa il passo che mi ha lasciato esterrefatto e che posso solo pregare di fraintendere radicalmente: Alfie, un bambino che soffre di una malattia neurodegenerativa non diagnosticata e i cui trattamenti somministrati sono soltanto ventilazione e alimentazione assistite, oltre ad un antiepilettico (sovradosato per generare spropositati effetti sedativi), se anche venisse previa ragione medica trasferito in un ospedale che desidera curarlo, sarebbe un’eccezione.
Un’eccezione?
La Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles sta forse dichiarando che la norma e la prassi in condizioni analoghe a quelle di Alfie sono e devono rimanere l’accettazione delle disposizioni giudiziarie che prevedono l’interruzione del sostegno vitale? Che un secondo parere medico – finora mai accettato in sede giudiziaria se non ridicolmente mistificato dal giudice Hayden e ribadito malamente in appello dai 3 giudici della Corte d’Appello, dunque ridicolmente sollecitato dalla CBCEW (della serie, be’, perché non avete ancora presentato le vostre valutazioni?) – che offra un piano di cure in accordo non già con l’insegnamento della Chiesa, ma con il rispetto minimo di una vita indisponibile può venir presentato in via del tutto eccezionale? Che i bambini di Inghilterra e Galles debbono rimanere alla mercé delle corti britanniche indipendentemente dalla realtà della loro condizione clinica?
Di fronte a queste terribili domande posso solo allegare un breve rapporto dello stato del sistemo sanitario britannico, l’NHS, in materia di mortalità e specialmente, per quello che si può intuire, di mortalità infantile.
Il 14 marzo 2018 il British Medical Journal dava un allarme senza precedenti nel paper Rise in mortality in England and Wales in first seven weeks of 2018: nelle prime 7 settimane del 2018 in Inghilterra e Galles ci sono stati quasi 10mila decessi in più rispetto al medesimo periodo del 2017. Si tratta di un aumento del 12,4%. Lo studio, basato su dati preliminari, conclude che questo incremento è incompatibile sia con il nettamente inferiore tasso d’invecchiamento, sia con eventuali effetti delle condizioni climatiche particolarmente avverse dell’inverno trascorso. Prova inoltre a rintracciare alcuni tratti fondamentali della tendenza: sarebbero soprattutto i malati con disturbi neurologici a patire di una mortalità superiore a quella attesa, quella pediatrica registrerebbe il divario peggiore. Anche nei pochissimi ambiti dove la mortalità non diminuisce, comunque il miglioramento è uno dei peggiori d’Europa. Tra i fattori più gravi ipotizzati dagli autori c’è la costante riduzione dei finanziamenti alle cure essenziali dei disabili. Interrogato dalla rivista, il Ministero della Salute ha risposto che la situazione «è complessa», senza dare motivazioni sul perché, con una misura eccezionale, il NHS il 2 gennaio ha cancellato migliaia di operazioni non urgenti già calendarizzate. Commentando il silenzio del Ministero, l’autore Danny Dorling ha spiegato che se la responsabilità di tutti questi decessi in più fosse davvero del NHS, il governo non potrebbe permettersi di ammetterlo.
Il BMJ ha pubblicato una settimana dopo un rapporto più mirato sull’aumento della mortalità infantile negli anni precedenti (2015 e 2016). L’Office for National Statistics non ne ha pubblicati rapporti più recenti, ma il Royal College of Paediatrics negli ultimi 3-4 anni ha lanciato allerte su base semestrale, denunciando come l’aumento di mortalità neonatale ed infantile (sotto 1 anno) e pediatrica non possa continuare ad essere ignorato.
La domanda che possiamo porci è quanti di quei 10mila in più sono pazienti curabili che vengono terminati anzitempo proprio per le decisioni dell’ospedale.
Quanti pediatrici.
Quanti come Alfie.
Quanti nel silenzio assoluto.
E, Dio non voglia, quanti con l’assenso e il “supporto” della Chiesa Cattolica in Inghilterra.
Perché, se dovesse verificarsi la scarcerazione di Alfie, questa per i Vescovi Inglesi dovrebbe rimanere un’eccezione?
Di’ cosa ne pensi