Qualcuno ricorderà forse che tempo fa mi occupai di Antico e Nuovo Testamento, libri senza Dio, il penultimo libro di Mauro Biglino (l’ultimo l’anno scorso: il 2017 ci ha regalato anche la revisione dei libri Veda!). Mi ero ripromesso all’epoca di passare in rassegna gli errori, le contraddizioni e le contraffazioni di cui l’autore aveva infarcito il suo testo “a tesi”. Poi ho tralasciato la cosa: i miei interessi (esegesi, teologia, storia) mal si conciliano con la fantascienza, e quest’ultima facilmente mi viene in uggia. Ogni promessa, però, è debito, e del resto vedo che quel vecchio articolo continua a macinare parecchie letture ogni giorno: evidentemente la domanda c’è, dunque sarà opportuno offrire una confutazione serrata alle tesi di Mauro Biglino.
Forse il problema più serio, nell’affrontarle, è che tutto il suo impianto manca di una vera organicità: normalmente, nella controversistica, i disputanti riescono a individuare nelle idee dell’avversario una certa gerarchia, un’armonia delle parti che – proprio come in un organismo vivente – rende chiaro quali sono gli organi vitali e quali no. Si colpisce allora al cuore la tesi avversaria smascherando la fallacia centrale, quella da cui, a cascata, si smontano le altre.
Ora, una tesi centrale nelle teorie di Mauro Biglino non c’è: l’autore ha un bel dire e ripetere che la questione fondamentale sarebbe quella del plurale di Elohîm. Non è così: la questione di “Elohîm plurale/singolare” è relativamente difficile da buttare giù… solo in quanto non sta in piedi di suo. Ricordiamo:
- che l’uso di Elohîm come plurale tantum sia attestato in tutto il semitico nord-occidentale è un’evidenza filologica a prova di bomba;
- che nelle Scritture bibliche si attestino ricorrenze di Elohîm come veri plurali – e che dunque postulano l’esistenza di altre divinità oltre al Dio di Israele – è la cosa più normale del mondo: che io dica a un induista “Shiva non potrà salvarti” non può essere addotto come prova della mia credenza nell’esistenza di Shiva (ovvero poiché innegabilmente Shiva esiste, almeno nelle credenze di alcuni uomini, tutti gli uomini possono parlarne concedendogli un certo grado di esistenza – quello dei personaggi di fantasia – e tuttavia negandogli il grado di esistenza propriamente detto, quello che può supportare l’azione e la passione); infine,
- che da un lato si ostenti riguardo asettico per le fonti, quasi come se potessero risultare parlanti al di là del proprio sitz im-Leben, e dall’altro si introiettino nei testi categorie anacronistiche è un’incoerenza metodologica tale da inficiare ogni considerazione – anche quelle che, prese singolarmente, sono in sé stesse fondate e ragionevoli.
Cosa vuol dire quest’ultimo punto? Una cosa che Biglino fa di continuo, per quanto la dissimuli: periodicamente ripete di volersi attenere al nudo testo, salvo poi operare censure previe, sul testo stesso, in base a presupposti ermeneutici extra-testuali. Il più ricorrente di questi è l’affermazione che «nella Bibbia non v’è nulla di religioso»: il gioco di prestigio riesce, a Biglino, perché da una parte si coartano a forza, nella Bibbia, i concetti di “Dio”, di “spirituale” e di “sacro” come sono stati distillati da tremila anni di riflessione giudaico-cristiana, e dall’altro gli stessi testi addotti sono sempre parziali, mai presi veramente sul serio nella loro integralità.
Cercheremo di darne un saggio, nelle prossime settimane, a partire dai capitoli centrali di Antico e nuovo testamento, libri senza Dio: quelli dedicati a Gesù. Come dicevo all’inizio, non si ha a che fare con un’organica (ancorché eterodossa) serie di tesi, tra le quali colpendo le principali si ottenga un organico disgregamento. Leggere Biglino è piuttosto come assistere a uno spettacolo di ombre cinesi: al lettore, anche a quello non mal disposto (ma poco formato), sembra di riconoscere la sagoma di cani, gatti, colombe, draghi… però nulla del genere è realmente presente; le immagini vengono percepite da un pubblico già capace di riconoscere certi contenuti e sono prodotte tramite l’artificiosa sovrapposizione di realtà solide distinte e la sistematica proiezione su un piano mutilato di una dimensione.
Se pensi si aver ragione ti consiglio un confronto con lui, peraltro apertissimo al dialogo. Ma chissà perché nessuno di voi blogger ha il coraggio di parlare con lui in pubblico. Su YouTube ci sono numerosi confronti con teologi e studiosi dell’antico testamento, non c’è stata storia. Il blog lascia il tempo che trova….
E perché mai dovrei venire a correre nel labirinto costruito da Biglino, fatto di risposte univoche a domandine costruite ad hoc? Questa psicologia infantile passivo-aggressiva e di bassa lega, del tipo “se non fai un dibattito con lui vuol dire che hai paura e/o che lui ha ragione”, andrà bene per le bolle che lo seguono (ma ricordate la lezione di Tamatoa, “fishes”…), non certo per chi ha gli occhi in testa. Al suo invito io replicai controinvitandolo a Roma, a discutere con veri biblisti e veri teologi. Non rispose. Se il blog lascia il tempo che trova non perdere il tuo tempo a commentarlo. Intanto quel che ho scritto è stato linkato sulla pagina Wikipedia del Pifferaio.