Se torniamo a concentrarci sulla prostituzione, questo riconoscimento simbolico appare come una evenienza remota, praticamente assente; impensabile il meretricio senza la contraccezione e il pronto soccorso all’aborto in caso di insuccesso contraccettivo. Anche nel XVI secolo c’era consapevolezza che la prostituzione spingesse a evitare positivamente e direttamente la gravidanza o ad abortire.
Questo legame si salda ancora di più se pensiamo in che misura oggi la prostituzione si lega a nuove forme di schiavismo in cui lo schiavo non è più, come un tempo, considerato una “merce” redditizia e di lunga durata, da conservare il più a lungo possibile. La nuova schiavitù è usa e getta, il rapporto tra schiavista e schiavo è di breve durata: dallo schiavo-merce lo schiavista mira a realizzare il massimo profitto nel più breve tempo possibile. Per questo nemmeno c’è motivo di proteggere lo schiavo-merce da malattie e incidenti (le medicine costano): conviene di più lasciarlo morire.
In paesi come la Thailandia una percentuale altissima di prostitute schiave contrae infezioni multiple (le malattie a trasmissione sessuale sono numerose) che vengono curate solo se compromettono la capacità di avere rapporti sessuali. Altrimenti le malattie croniche vengono trascurate.
A maggior ragione, non c’è schiavista disposto a spendere denaro per il mantenimento di bimbi considerati inutilizzabili: alle schiave costrette a prostituirsi è impedito il concepimento. La contraccezione stessa è spesso dannosa per la loro salute.
In alcuni casi sono gli stessi schiavisti a somministrare anticoncezionali, obbligando le ragazze ad assumerli ininterrottamente e negando loro l’alternanza delle mensili pillole placebo. In questo modo le mestruazioni cessano e le ragazze lavorano più notti alla settimana. Alcune ricevono tre o quattro pillole anticoncezionali al giorno; ad altre il protettore o il contabile somministrano iniezioni di Depo-Provera. Lo stesso ago può essere usato per tutte le ragazze, trasmettendo il virus Hiv dall’una all’altra. Per quelle che restano incinte l’aborto è la regola.1Kevin Bales, I nuovi schiavi. Le merce umana nell’economia globale, Feltrinelli, Milano 2000, p. 61
Per queste donne non c’è alcuna possibilità di vita all’infuori del bordello, dove sono destinate comunque ad avere vita breve. Bollate come appestate dalla società, talvolta bandite dai loro stessi villaggi, di fatto non escono dai bordelli se non per andare a morire di Aids nei pochi centri di riabilitazione gestiti da organismi benefici e dal governo (peraltro sufficienti solo ad accoglierne una minima percentuale).
L’argomento del “male minore” portò un tempo a innalzare la regolamentazione della prostituzione a componente del sistema di etica sociale delle città cristiana. Si credeva così di contenere a un tempo la prostituzione e l’incontinenza maschile, aprendo vie meno peccaminose e meno pericolose per la società. Alla prostituzione si assegnava una funzione sociale analoga a quella assolta in campo medico dall’ascesso di fissazione: tollerandola si sarebbero evitati l’adulterio (solo quello delle donne, beninteso) e insieme deviazioni come l’incesto, la sodomia, la violenza e la seduzione.
La teoria “diminutiva” alla base della “tolleranza” era fondata su una conoscenza sommaria della psicologia sessuale che la pratica smentì ovunque con brutalità: l’anonimato delle case di tolleranza rese possibile la proliferazione di quei mali che la regolamentazione avrebbe in teoria dovuto impedire: rapporti adulterini, tra consanguinei, deviazioni sessuali, stupri e violenze di ogni genere. Basti solo ricordare la distinzione, completamente ignorata, tra la ricerca insaziabile del piacere fisico come elemento puramente sensuale – un processo che cronicizza e fomenta le espressioni patologiche della sessualità – e l’attrattiva propriamente sessuale, l’attrattiva psicologica tra un “io” alla ricerca di un “tu”, con tutto il suo contenuto relazionale, affettivo e sentimentale.2Matteo Salvini, con ogni evidenza, aderisce a questa concezione degradata e degradante della sessualità. Per rendersene conto basta ascoltare il suo intervento a Radio Anch’io dove Salvini dice almeno tre enormità. La prima enormità è l’idea che stuprare a pagamento una donna sia «fare l’amore», affermazione che denuncia non soltanto una concezione inaccettabile dell’affettività e del lavoro, ma anche una nozione privatistica del corpo femminile, assimilato a una cosa di cui godere, come se fosse un bene disponibile una volta pagato il corrispettivo “prezzo”. La seconda enormità è l’idea che prostituirsi sia un lavoro come un altro, che si sceglie come si sceglie di fare l’insegnante, il poliziotto o il muratore. La terza enormità di Salvini scatta quando il leader leghista arriva a dire che anche quella della prostitute nigeriane è una «scelta», quando è universalmente noto che si tratta di schiave di un racket. L’antropologia leghista è radicalmente anticristiana. Per un cristiano la dignità personale è inviolabile, il corpo è sacro. Le persone non sono cose. Vedi Annalisa Grandi, Salvini: «Riapriamo le case chiuse, fare l’amore fa bene», «Corriere della sera», 16 gennaio 2018.
Anche dal punto di vista numerico il fenomeno della prostituzione si poteva considerare tutt’altro che circoscritto: si stima che nel 1500 a Venezia esercitassero come prostitute oltre 11.000 donne (circa l’11% della popolazione), a Roma se ne contavano invece 4.900 su 55.000 abitanti – poco meno del 9%.3L. Scremin, La prostituzione e la morale, cit., p. 13.
Note
↑1 | Kevin Bales, I nuovi schiavi. Le merce umana nell’economia globale, Feltrinelli, Milano 2000, p. 61 |
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↑2 | Matteo Salvini, con ogni evidenza, aderisce a questa concezione degradata e degradante della sessualità. Per rendersene conto basta ascoltare il suo intervento a Radio Anch’io dove Salvini dice almeno tre enormità. La prima enormità è l’idea che stuprare a pagamento una donna sia «fare l’amore», affermazione che denuncia non soltanto una concezione inaccettabile dell’affettività e del lavoro, ma anche una nozione privatistica del corpo femminile, assimilato a una cosa di cui godere, come se fosse un bene disponibile una volta pagato il corrispettivo “prezzo”. La seconda enormità è l’idea che prostituirsi sia un lavoro come un altro, che si sceglie come si sceglie di fare l’insegnante, il poliziotto o il muratore. La terza enormità di Salvini scatta quando il leader leghista arriva a dire che anche quella della prostitute nigeriane è una «scelta», quando è universalmente noto che si tratta di schiave di un racket. L’antropologia leghista è radicalmente anticristiana. Per un cristiano la dignità personale è inviolabile, il corpo è sacro. Le persone non sono cose. Vedi Annalisa Grandi, Salvini: «Riapriamo le case chiuse, fare l’amore fa bene», «Corriere della sera», 16 gennaio 2018. |
↑3 | L. Scremin, La prostituzione e la morale, cit., p. 13. |
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