Matteo Salvini tra vangeli, rosarî… e bordelli

Ma soprattutto, per Tommaso, ci si appella al De Regimine Principum (IV, c. 14).

Aristotele […] introduce il racconto del poeta Esiodo nel quale Marte si congiunge con Venere: perciò conclude che, se [i soldati] si astengono dalle donne, cadono nell’omosessualità. Perciò Aristotele in questo punto disapprova l’opinione di Platone, perché è male minore congiungersi carnalmente con donne che cadere in basse turpitudini. Ecco perché S. Agostino dice che la meretrice nel mondo fa quello che la sentina fa nel mare, o la fogna nel palazzo: “Togli la fogna e riempirai di fetore il palazzo”, a analogamente si dice della sentina. “Togli le meretrici dal mondo, e lo riempirai di sodomia”. E per tale motivo lo stesso S. Agostino nel tredicesimo libro del De civitate Dei dice, che “la città terrena ha reso lecita turpitudine l’uso delle meretrici”.

Alcune osservazioni. Secondo la teologia scolastica “tollerare” non equivale affatto ad “approvare”.1A. Tillet, Fornication, in Dictionnaire de théologie catholique, Letouzey et Ané, Paris 1951. Ciò è vero, ma è altrettanto vero che i riflessi pratici del regolamentarismo – e più ancora quelli sociali – vanno incontro a una severa critica. Il regolamentarismo si è espresso storicamente nella forma della “casa di tolleranza”, la quale assolverebbe la funzione pedagogica di confinare il meretricio e mostrare che, dopo averlo combattuto con forza e respinto, ne rimarrebbe pur sempre un “residuo” difficilmente sopprimibile nella pratica e sconsigliabile in teoria. Secondo questa tesi la prostituzione è un “male minore”. In quanto tale possiede una funzione sociale ed è appunto per questo che si deve tollerare.2Luigi Scremin, La questione delle case chiuse, Studium, Roma 1952.

I moderni commentatori di Agostino e Tommaso, tuttavia, hanno fortemente ridimensionato i passi in cui i due grandi dottori sembrano avallare la posizione regolamentarista. Un esame rigoroso dei testi sembra destituire di ogni fondamento l’argomento che legittima la tolleranza della prostituzione con l’autorità di Agostino e di Tommaso.3Cfr. Adélard Dugré, La tolérance du vice d’après saint Augustin et saint Thomas, in «Gregorianum», 6 (3), 1925, pp. 442-446.

Come è stato notato4A. Dugré, op. cit., pp. 445-446. il passo agostiniano del De ordine non avalla affatto la tolleranza della prostituzione a meno di non ricorrere alla tecnica dell’estrapolazione per decontestualizzarlo. Innanzitutto il De ordine è uno scritto precedente al battesimo di Agostino, ed è noto che con la conversione al cristianesimo si consuma una svolta radicale anche nel pensiero del futuro Doctor Gratiae. Nel De ordine Agostino si interroga sull’universalità della divina provvidenza. Nella sua risposta afferma che Dio permette il male in vista del bene giustificando questa tesi con una similitudine tra decreti divini e leggi umane, immagine imperfetta delle leggi provvidenziali. È così che l’orribile mestiere del carnefice è tollerato perché utile alla società. Allo stesso modo, il commercio infame delle prostitute circoscrive e argina il vizio della lussuria, proteggendo le donne oneste. Si tratta di una semplice costatazione. Agostino non pronuncia alcun giudizio di valore su queste condotte umane.

Per altri invece s. Agostino avrebbe avuto di mira solo la prostituzione clandestina. Si abusa dunque della sua autorità trasferendo le sue parole all’organizzazione della prostituzione pubblica (secondo il sistema delle “case di tolleranza”).

Per quanto riguarda invece Tommaso, tra i suoi scritti autentici il passo più favorevole alla tolleranza della prostituzione è quello, citato in precedenza, contenuto nella Summa theologiae (II-II, q. 10, a. 11). S. Tommaso si serve proprio del passo agostiniano del De ordine – che, come abbiamo visto, non fa scuola sul tema della prostituzione – per giustificare la provvidenza divina la quale, come accade anche nel governo umano, tollera alcuni mali dell’universo per non eliminare con la loro soppressione dei beni maggiori oppure per impedire mali maggiori. Ma Tommaso qui parla della tolleranza dei falsi culti per enunciare un principio generale: che talora è concesso tollerare un minor male per evitarne uno più grande. Ma il Doctor Angelicus non applica questo principio generico alla questione della tolleranza della prostituzione. Nei passi citati s. Tommaso enuncia il principio generale della tolleranza senza la minima applicazione alla prostituzione, servendosi dell’affermazione di Agostino per una argomentazione analogica.

Il fatto che l’Aquinate citi il testo di Agostino dopo aver enunciato il principio generale della tolleranza del male basta a legittimare la tolleranza della prostituzione? I commentatori di Tommaso (Salsmans, Guzzetti, Dugré, Scremin) ne dubitano.

Ma i regolamentaristi puntano soprattutto sul De Regimine Principum (IV, c. 14), dove Tommaso appare molto più esplicito. Il ragionamento è questo: in regime di astinenza dalle donne gli uomini cadono inesorabilmente nell’omosessualità, perciò il principio del male minore suggerisce che si uniscano alle meretrici. Il problema è che il De Regimine Principum solo in parte è opera di s. Tommaso; la paternità dell’opuscolo viene assegnata  all’Aquinate soltanto fino al capitolo quarto del secondo libro mentre il resto sarebbe stato scritto dal suo discepolo e confessore Tolomeo da Lucca (1236- 1326 o 1327) . Il passaggio favorevole alla tolleranza del vizio si trova infatti nel quattordicesimo capitolo del quarto libro, quindi sarebbe ascrivibile a Tolomeo.5Filippo Cancelli, Tolomeo da Lucca, in Enciclopedia dantesca, 1970. A sfavore dell’attribuzione tomista del passo giocano anche due citazioni erronee di Agostino, fatto alquanto inusuale per Tommaso.6A. Dugré, op. cit., p. 444.

Note

Note
1 A. Tillet, Fornication, in Dictionnaire de théologie catholique, Letouzey et Ané, Paris 1951.
2 Luigi Scremin, La questione delle case chiuse, Studium, Roma 1952.
3 Cfr. Adélard Dugré, La tolérance du vice d’après saint Augustin et saint Thomas, in «Gregorianum», 6 (3), 1925, pp. 442-446.
4 A. Dugré, op. cit., pp. 445-446.
5 Filippo Cancelli, Tolomeo da Lucca, in Enciclopedia dantesca, 1970.
6 A. Dugré, op. cit., p. 444.

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