Se noi fossimo studiosi o semplicemente lettori attenti ed interessati di un libro antico, che per qualche motivo riveste per noi un’importanza particolare, allora la domanda forse acquisterebbe un senso. I fatti raccontati, sono accaduti come ci sono raccontati? È una testimonianza storica che trasmette un evento? Ora la domanda ha un senso, ma sorge un’altra domanda: se abbia un senso porsi in questa posizione, per un credente. La risposta è ovvia: si. Sulla base di quello che abbiamo detto prima, trattare i libri biblici non ammettendo queste domande come possibili sarebbe come non riconoscere gli uomini che li hanno scritti come veri autori (DV 12). Paradossalmente sarebbe rigettare la via che Dio ha scelto per rivelarsi.
“Storici no”
Posta la sensatezza e la legittimità di questa domanda, purché si tenga presente la posizione da cui è posta, resta da rispondere. Agli autori non si può più accedere direttamente, ovviamente: ci rimane il testo, per comprendere l’intenzione degli autori. Non pretendo naturalmente di poter fare questo lavoro da solo, né presumere di essere il primo, per cui raccoglierò ciò che si può dire sappiamo sull’argomento.
La prima evidenza da raccogliere è che i primi capitoli di Genesi (fino all’undicesimo come limite massimo) raccontano una serie di storie unite sì da un legame genealogico, ma con scarsissima pretesa di costituire un unità di cronaca nella quale personaggi e azioni siano privi di “buchi” (pensiamo alle città fondate da Caino una volta assassinato Abele). Molto più utile e non puramente negativo, è rilevare come i racconti, a dispetto di alcuni riferimenti geografici apparentemente circostanziati (i fiumi del giardino dell’Eden) lasci indeterminati luoghi e spazi riconoscibili almeno finché non si arriva ad Abramo (e al capitolo dodicesimo). Sinteticamente, dovendo «tener conto tra l’altro dei generi letterari», e quindi dovendo collocare in particolare i primi tre capitoli di Genesi, dobbiamo dire che lo stile letterario è quello del mito, il genere mitologico.
Simile conclusione consegue dal fatto che questi capitoli non riportano, per stile e caratteristiche, testimonianze di una tradizione che risale a qualche evento facente parte della storia di un popolo, se non al modo di richiami a tradizioni comuni anche al mondo circostante (pensiamo al diluvio, all’albero, al giardino). Ciò motiva la prima parte della risposta alla domanda “Adamo ed Eva sono personaggi storici?”: ebbene, storici no. “Dio non potrebbe rivelare in visione o in locuzione eventi ignoti ed inaccessibili?”, ecco l’obiezione. Certo che si, ma lasciando integre le «loro facoltà e capacità» (DV 11), e dove abbiamo testimonianza di visioni abbiamo l’esplicito richiamo di colui che vede nel testo (Ez 37, 1ss; Dn 10, 1-8; Ap 1, 9-11): se vogliamo andare alla lettera (pur senza essere letterali), la lettera dobbiamo leggerla. E quindi, Adamo ed Eva non sono personaggi storici.
“Esistiti sì”
Forse che questo è tutto? Dicendo che il genere è mitologico in genere si ottiene una condanna al Tribunale dell’Immediatezza per falsità: il mito è falso, dunque il racconto è falso. Il Tribunale dell’Immediatezza è spesso in errore, in questo caso poi è Tribunale che giudica per Superficialità. Il mito in genere veicola un tipo di verità ad un livello diverso dalla cronaca storica, non si tratta dunque di un falso: può esserlo al modo di chi, volendo dire il vero, sbaglia, non al modo di chi dice cose di cui non sa nulla (come il sottoscritto sulla battaglia di Qadesh). Nello specifico Genesi utilizza il linguaggio del mito per veicolare un tipo di verità che richiede sì forma narrativa, ma non una cronaca storiografica. Qualcuno (con cui faccio fatica a riconoscere il minimo debito, ma vi sono costretto: è Karl Rahner) ha chiamato i primi tre capitoli di Genesi un racconto eziologico, ovvero volto a svelare la causa di qualcosa che è connaturato all’uomo, in questo caso il male e il dramma che è la storia umana1Assumo da Rahner il termine che è divenuto di uso comune, per esprimere la funzione, l’obiettivo di questo racconto: la sua intenzione letteraria, in breve. Non è Rahner, figuriamoci il sottoscritto, il primo nella storia della teologia cattolica a leggere il racconto dei primi capitoli di Genesi in maniera da esaminare criticamente i livelli adatti dell’interpretazione. Origene vede nel peccato di Adamo un referente storico (la prima trasgressione), ma insieme sempre un senso simbolico. Agostino nelle Confessioni (libro XII) parla del racconto di creazione in Genesi 1 come un’esposizione del creato fatta “con l’enumerazione dei giorni” per adattarsi alle capacità dell’uditore come di una possibile e veritiera interpretazione ammettendo una pluralità di sensi. Insomma: la rigidità e univocità nella lettura della Scrittura che tanto facilmente viene messa in campo è un corpo estraneo nella storia della teologia cattolica.
Questo è il livello in cui si colloca la comunicazione di verità che l’autore umano ha fatto propria e nel quale l’Autore per eccellenza ha depositato l’inesauribile verità contenuta nella Scrittura. E quindi, chi sono Adamo ed Eva veramente? I nomi, come acuti interpreti evidenziano, richiamano più dimensioni simboliche dell’essere umano, Adamo fatto di terra ed Eva come colei che dà la vita, di quanto siano nomi propri veri e propri. La narrazione che li vede protagonisti, dal secondo capitolo di Genesi in avanti, ci dà le dimensioni fondamentali in cui collocare l’essere umano di fronte ai suoi simili e soprattutto rispetto a Dio. Dio ha fatto buona ogni cosa, e molto buona la prima coppia di esseri umani, in cui sono contenuti tutti gli esseri umani attraverso l’espediente della genealogia. Essi rappresentano ogni essere umano nella forma in un certo senso più pura, ideale, di esseri appena usciti dalle mani del Creatore.
Con impazienza quindi ci chiediamo: sono esistiti? Non sono personaggi storici, rappresentano l’essere umano: esistono soltanto nel senso in cui si può dire che raccontano l’uomo, cosa molto buona, che prende in mano la sua libertà e quando lo fa cade, liberamente, ma con puntuale inesorabilità? In questo senso senz’altro esistono, ma non soltanto.
Due sono le fondamentali dimensioni della verità che Genesi ci trasmette. Prima la fontale, radicale, fondamentale bontà di tutto ciò che è creato in quanto creato e voluto tale, cioè buono e bello da Dio. Seconda la misteriosa presenza del male (il mysterium iniquitatis) nella creazione a partire dal primo giorno di vita dell’uomo, però come qualcosa di estraneo all’intenzione e al progetto di Dio. Giobbe e soprattutto la Crocifissione dimostrano che non era sufficiente questo racconto a convincercene, ma «l’ammirabile condiscendenza della eterna Sapienza» dovrà fare altri passi verso di noi, tuttavia Genesi ci presenta il male come estraneo al progetto di Dio. Il male si presenta attraverso una misteriosa creatura (il serpente), come opposizione al disegno di Dio, ma diventa effettivo soltanto quando l’uomo (maschio e femmina) con un identico, ma duplice atto di libertà personale lo pongono in essere.
Queste due dimensioni di verità sono irrinunciabili per il cristiano, sono essenziali alla Rivelazione. Partendo da esse possiamo giungere a comprendere la risposta iniziale (storici no, esistenti sì). Se è vero che Adamo ed Eva non sono personaggi storici, perché i testi della Scrittura non ci permettono di affermarlo (se rispettiamo gli autori umani come “veri autori”), tuttavia devono essere esistiti. Dicendo “devono” intendo che la necessità che siano esistiti Adamo ed Eva è teologica. Bisogna sgombrare il campo da equivoci: proprio per quanto detto sull’obiezione “visioni” (dell’autore sacro sul passato), non si tratta di recuperare per una via traversa quello che abbiamo lasciato per la via diretta della lettura del testo e dell’analisi del genere letterario. La necessità è teologica sulla base di due dati teologici.
Originale peccatum
L’umanità nasce contraendo il peccato originale. Se questo ci spiega molto della storia dell’umanità, della cronaca e della nostra biografia, nondimendo il peccato originale è un mistero. Tutti vi nasciamo eppure il peccato è qualcosa che è tale soltanto sulla base di una scelta libera, tant’è che generalmente non ci viene imputato qualcosa di cui non siamo responsabili. Eppure quello originale è insieme un peccato e qualcosa di contratto per il fatto stesso di far parte dell’umanità. Ognuno di noi può riuscire a concepire un peccato personale che trascini la propria vita in conseguenze devastanti, segnando i nostri desideri e il nostro animo per un’esistenza intera. Ma senza un peccato personale, com’è che si nasce già segnati?
Questo mistero non sarà ovviamente sciolto con un discorso o delle ragioni, sebbene sia stato sciolto nella Passione, Morte e Risurrezione di Gesù (non a parole soltanto, comunque). Possiamo però porre dei paletti per aiutare il pensiero a non percorrere vie cieche nel tentare di comprendere l’incomprensibile. Il principio per cui il peccato non può esistere senza un atto di libertà è insuperabile e segna l’esistenza umana disegnando in negativo, in ombra, la sua stessa grandezza. Se è vero che ogni uomo che nasce è peccatore, il peccato deve avere fatto il suo devastante ingresso nell’umanità nell’unico modo possibile, tramite un atto di libertà. In questo senso, e in questo soltanto, Adamo ed Eva non sono personaggi storici, ma devono essere esistiti, una prima coppia che, forse al primo vero atto di libertà, ha posto l’umanità intera sotto il segno e la realtà di uno stato decaduto, nel quale la libertà sorge e cade, cade quando sorge e se non cade è perché è stata sollevata prima che cadesse. «E come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1 Cor 15,22).
Note
↑1 | Assumo da Rahner il termine che è divenuto di uso comune, per esprimere la funzione, l’obiettivo di questo racconto: la sua intenzione letteraria, in breve. Non è Rahner, figuriamoci il sottoscritto, il primo nella storia della teologia cattolica a leggere il racconto dei primi capitoli di Genesi in maniera da esaminare criticamente i livelli adatti dell’interpretazione. Origene vede nel peccato di Adamo un referente storico (la prima trasgressione), ma insieme sempre un senso simbolico. Agostino nelle Confessioni (libro XII) parla del racconto di creazione in Genesi 1 come un’esposizione del creato fatta “con l’enumerazione dei giorni” per adattarsi alle capacità dell’uditore come di una possibile e veritiera interpretazione ammettendo una pluralità di sensi. Insomma: la rigidità e univocità nella lettura della Scrittura che tanto facilmente viene messa in campo è un corpo estraneo nella storia della teologia cattolica |
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Penso che avrei risposto “si”. a) per tutte le cose da lei scritte, b) per le “domande in sottotraccia” ma, soprattutto perché, onestamente, c) allo stato attuale delle certezze scientifiche, che sono invece ipotesi, non è sicuro che Adamo ed Eva NON siano personaggi storici. Per cui, come Galileo, sono sicura che, prima di tutto la Sacra Bibbia è più veritiera della ipotesi di scienziati e/o insegnanti che ne vorrebbero prendere il posto nel cervello e nel cuore dei giovani affidati alla loro (in)competenza. Insomma, mi fido più di persone che hanno ascoltato la Sapienza del Signore che non omarini che vorrebbero prenderne il posto.
Il pericolo di sostituirsi alla Scrittura è grave, per questo motivo mi richiamo al testo della Bibbia (di Genesi) e alla sua lettera. Se Dio ha deciso di rivelarsi per iscritto “usando” uomini nel pieno delle loro capacità, dovremmo rispettare il mezzo che Dio ha scelto, senza scorciatoie. Se l’autore sacro ispirato dalla Sapienza divina ci scrive una poesia, perché leggerla come una cronaca? Se ci scrive una preghiera perché decidere che è un resoconto di battaglia? Per rispetto alla Sapienza e agli agiografi ho scritto che Genesi 1-5 non è un resoconto storico: credo si capisca leggendo i testi; ho scritto pure il motivo per cui Adamo ed Eva sono esistiti. Con così tanta convinzione nel peccato originale che secondo me è il peccato originale che dimostra l’esistenza di Adamo ed Eva: chi ha più certezza in un dato di fede se non chi lo utilizza per dimostrare altro?
Con la scienza, immagino tu intenda paleontologia e biologia, non mi sono confrontato, perché non penso sia necessario: nessuno può dimostrare che 1, 3, 5 milioni di anni fa NON ci fu una prima coppia che sbagliò ad usare la libertà. La scienza studierà le varie specie e gli incroci: affascinante, ma non indispensabile, per quanto ho detto.
Mi scusi ma mi pare che il Magistero insegni cose diverse da quelle che insegna Lei. Se non erro l’esistenza di un genere mitologico è stato condannato cosi come il fatto di negare una reale ( e dunque storica) esistenza di Adamo ed Eva.
Su quest’ultimo argomento La invito a leggere la lettera enciclica “Humani Generis” di Pio XII.
Con rispetto.
Lorenzo Bocci
Ti ringrazio per aver sottolineato un punto nevralgico e delicato. Parlando di genere “mitologico” ho voluto alludere a testi il cui intento è di trasmettere verità acquistare tramite una riflessione sapienziale (ispirata). Non mi sembra di fare torto al testo ispirato, specialmente se lo si legge badando alle impressioni “immediate” e quindi con una certa attenzione ai particolari. Riflessione sapienziale e stile popolare sono le caratteristiche di questo testo – peraltro già richiamate nella risposta della Pontificia Commissione Biblica al Cardinale di Parigi del 1948. Risposta a cui fa riferimento Humani generis quando cerca di inquadrare il valore dei primi 11 capitoli di Genesi. Lì Papa Pio XII afferma la impossibile equivalenza di Genesi 1-11 con le mitologie degli antichi popoli, ciò che io non contesto, per il fatto che i contenuti sapienziali e teologici di Genesi 1-11 sono ispirati e veri. Ciò che ho inteso affermare è che lo stile e il genere letterari sono quelli mitologici in quanto riflessone sapienziale – esistenziale, simbolica e teologica – sulle origini del mondo. Concordo con te sul fatto che probabilmente quanto scrivo non sarebbe stato accettato in alcuni periodi passati (in alcuni…). A essere estremamente puntigliosi persino la risposta della Pontificia Commissione Biblica nel 1948 non sarebbe stata accolta dalla Pontificia Commissione Biblica che nel 1906 rispondeva a quesiti sulla storicità di Genesi 1-3. Ciò non vuol dire concludere che tutto è uguale o indifferente, ma che c’è un’evoluzione nella comprensione dell’esegesi che va in parallelo con un’evoluzione dell’esegesi anche laica. A inizio ‘900 parlare di mito significava squalificare un testo a volgare raccontino per gli ignoranti. Nel 1948 per fortuna si era guadagnata una più rispettosa e adeguata idea del genere del mito, riflessione narrativa sul senso di Dio, uomo e mondo. E quindi Genesi può essere apparentata a quel genere senza danno per il suo valore sapienziale e ispirato.
Premesso che i cristiani hanno diritto di credere in ciò che vogliono, la sua affermazione circa l’esistenza di Adamo ed Eva nasce come esigenza di tenuta del testo mitico di fondazione. Ciò che si oppone alla Bibbia non è quindi la Storia ma la Paleontologia che ci dice che gli esseri umani si sono evoluti da specie animali pre-esistenti e dunque non derivano da un’unica coppia generatrice. Dunque i matriciali progenitori peccatori non possono essere esistiti. Così non c’è stato peccato originale e conseguente destino di morte per i discendenti di un’unica quanto fantomatica catena genetica.
La ringrazio per la concessione che pensavo già spettasse a chiunque! Scherzi a parte…
La sua rilettura del senso della mia argomentazione non mi sembra adeguata. Ma poiché mi è stata rinfacciata un’altra volta, è necessario precisare.
La sua rilettura non fa che riprendere i dubbi che esprimo in forma di domande all’inizio. Cioè: o Genesi è una storia vera e abbiamo il peccato originale dimostrato, oppure Genesi è una favola e non abbiamo il peccato originale. Ovvero: Genesi “insegna” il peccato originale della prima coppia come un racconto storico.
Tutto il testo è scritto per decostruire questa impostazione. Genesi 2-3 non fa della cronaca, la domanda stessa sulla verità della cronaca è insensata perché… non c’è cronaca lì. Il peccato originale è qualcosa di cui parlo nell’ultima sezione, in maniera espressamente teologica e estremamente determinata, ma non lo faccio in base al testo di Genesi.
Avrei senz’altro dovuto evidenziarlo, ma, da credente e in piccolo teologo (intelligenza della fede), parto dal peccato originale come un dato di fede condiviso, che ha innervazioni nella Scrittura e sviluppi nella storia (tradizione) cattolica. Non posso che accennare al fatto che l’abbondanza estensiva ed intensiva del male è “una sfida alla filosofia e alla teologia” e che l’insegnamento cattolico del peccato originale è il tentativo di rispondere, iscrivendo il problema nella storia del rapporto tra uomo e Dio, a questo problema.
Il carattere paradossale di questo insegnamento deriva dal fatto che abbiamo un peccato che come tale è commesso e deve esserlo, ma al contempo è ricevuto (contratto, trasmesso). Lo stato dell’umanità e della sua storia rispetto al male richiede, per rispetto dell’innocenza di Dio e della consistenza della libertà umana, che il male delle origini sia stato commesso come peccato in un atto di libertà, che perciò stesso diventa originario. Da qui la non storicità di Adamo ed Eva, ma la loro esistenza come iniziatori reali e ricapitolatori dell’umanità, ricordando peraltro che i loro nomi in Genesi già suggeriscono un’interpretazione collettivo-simbolica.
A ciò la paleontologia non può aggiungere né togliere molto, neanche in caso si affermi il poligenismo o persino il polifiletismo. In quel caso si richiederebbe una riflessione ulteriore su quel punto scoperto che è la “trasmissione” del peccato, ma non molto di più. Ciò a cui la Humani Generis (enciclica del 1950) già alludeva, ancora in senso restrittivo.
Grazie ancora per aver potuto riprendere questi temi!