Aleteia ci ha ricordato di recente la buona pratica dei Venerdì della Misericordia (abbiamo tutta una settimana per deciderci e…. passare ai fatti). Papa Francesco li ha proposti gestisverbisque all’attenzione di tutta la Chiesa: non si è limitato a parlarne, ma ha dato un esempio costante di come realizzare l’appuntamento con la Misericordia. Aleteia non esagera quanto sostiene che i Venerdì della Misericordia potrebbero trasformare la nostra vita: l’incontro con l’altro – specie se in varia misura bisognoso – ci fa crescere spiritualmente quando è accolto nella giusta disposizione d’animo. A patto di tenere sempre a mente che anche nelle opere buone – come in tutto il resto – il primato appartiene a Dio, persino quando ci sembra di “condurre il gioco”. Verità che tendiamo a dimenticare, soprattutto quando ci figuriamo già con un’aureola in testa.
San JoséMaría Escrivá argutamente commenterebbe:
Santerello sta a santo come bigotto sta a devoto: è la sua caricatura
E il Catechismo della Chiesa Cattolica, parlando del merito e delle opere buone, ci avverte:
Il merito dell’uomo presso Dio nella vita cristiana deriva dal fatto che Dio ha liberamente disposto di associare l’uomo all’opera della sua grazia. L’azione paterna di Dio precede con la sua ispirazione, mentre il libero agire dell’uomo viene dopo nella sua collaborazione, così che i meriti delle opere buone devono essere attribuiti innanzitutto alla grazia di Dio, poi al fedele. Il merito dell’uomo torna, peraltro, anch’esso a Dio, dal momento che le sue buone azioni hanno la loro origine, in Cristo, dalle ispirazioni e dagli aiuti dello Spirito Santo (CCC 2008)
Che il “gioco” sia sempre nelle mani di Dio mi è stato possibile comprenderlo anni fa, in un modo che non ho più dimenticato perché la pedagogia divina è sempre efficace (è un episodio che racconto spesso, perché mi ha davvero colpito. Se l’avete già sentito o letto, pazientate: è effetto dell’età che avanza. Pensate alle mie compagne d’ospizio che, un domani, saranno costrette a sentirlo da mattina a sera).
Su suggerimento del mio parroco d’un tempo, avevo scelto di arricchire la nota devozione dei Primi 9 Venerdì del mese con la visita a qualche persona, nell’intenzione di donarle un poco del mio tempo. Presa dall’ entusiasmo per un’iniziativa che sapeva di buono, stilai un elenco con nove nominativi, inserendo anziane parrocchiane, amici che avevo trascurato e conoscenti che, sofferenti per un lutto o rallegrati da un lieto evento, avrebbero gradito la mia visita. I primi della lista erano, però, due zii, marito e moglie, che più volte mi avevano invitato, lamentandosi perché era raro per loro incontrarmi. Accontentarli e, al tempo stesso, onorare così il mio impegno con Dio, mi sembrò talmente… “cosa buona e giusta” che non li avvisai nemmeno. Decisi di passare nel pomeriggio del primo Venerdì da loro e per l’occasione comprai anche piccoli doni per rendere ancora più piacevole la visita.
Ma non avevo fatto i conti con Lui.
La mattina del Venerdì, alla fine della Messa delle 9:00, una signora della parrocchia, ora defunta da tempo, buona ma petulante, mi annunziò che nel pomeriggio sarebbe passata a casa mia per una visita. La liquidai rapidamente, dicendo di avere già un impegno. Per niente al mondo avrei rinunciato al mio progetto, tanto più per una persona… un po’ molesta. Lessi delusione sul suo viso, ma alla fine la buona signora non mi privò del consueto sorriso con cui accompagnava le nostre conversazioni.
Di pomeriggio, armata delle migliori intenzioni e dei miei doni, suonai alla porta dei miei zii, ma non rispose nessuno. Contattati via telefono, si dissero dispiaciuti perché un impegno li avrebbe trattenuti fuori qualche ora. La visita fu ovviamente rimandata. Questa volta fu il mio turno di rimanere delusa.
Solo a fine serata, riesaminando la giornata che volgeva al termine, compresi, però, che la mia occasione di amare il prossimo in Cristo era sfumata la mattina, non il pomeriggio. Non avevo accolto la persona che, forse, con la sua visita a me, aveva più bisogno di altri del mio tempo. Se petulante, sarebbe persino stato un valore aggiunto: «sopportare pazientemente le persone moleste» era opera di Misericordia autentica rispetto ad una visita di cortesia a due familiari. Il sorriso della signora mi torna in mente ancora adesso come segno di un’occasione perduta.
C’era anche un’altra possibilità: forse, attraverso lei, Gesù avrebbe voluto visitarmi ed io lo avevo rifiutato. Perché probabilmente ero io la più bisognosa di ricevere una visita, tra tutti quelli della lista: non avevo capito nulla, infatti, – con il mio progettino arido – di come Dio ama l’uomo. Pensando a quella circostanza, mi vengono in mente le parole di Gesù quando alla città di Gerusalemme dice:
non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata.
Lc 19, 44
L’ingresso di Dio nella storia dell’uomo si è verificato in un modo inatteso e molti – incapaci di rinunciare alle loro aspettative – si sono chiusi nell’incomprensione, fino a perdere l’appuntamento più importante della loro vita. Ancora oggi, il rischio che corriamo è quello di mettere “a parte” Dio, di nominarlo semplice comparsa nella nostra esistenza, dalle minuzie alle questioni più rilevanti. Teresa d’Avila ci suggerisce un modo per non dimenticarci più di Lui:
Pensate di trovarvi innanzi a Gesù Cristo, conversate con Lui e cercate di innamorarvi di Lui, tenendolo sempre presente.
Chi potrebbe poi dimenticare l’Amato?
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