In Francia, a Nancy, c’è una ragazzina che sta aspettando nel braccio della morte l’esecuzione della sentenza emessa venerdì scorso, cioè ieri, dal Consiglio di Stato, il quale ha respinto l’appello dei genitori: i giudici hanno deciso che Inès, 14 anni appena, dovrà morire. Spetta ora al medico responsabile valutare se ed entro quale ora si debba dare inizio al supplizio, sospendendo ogni trattamento terapeutico.
Inès è colpevole di soffrire di myasthenia severa, una malattia neuromuscolare autoimmune cronica che causa debolezza muscolare e grave affaticamento; colpisce i muscoli scheletrici, responsabili non solo della capacità di movimento degli arti (braccia e gambe), ma anche della respirazione. Non esiste ad oggi una cura, ma attraverso gli approcci terapeutici disponibili la maggior parte dei casi di miastenia vengono gestiti con buoni risultati; i trattamenti disponibili consentono un efficace controllo dei sintomi, permettendo ai pazienti di riappropriarsi di una qualità di vita più che soddisfacente.
Purtroppo Inès è finita nei guai a giugno, quando è stata ricoverata all’ospedale universitario di Nancy a seguito di un infarto, che ha provocato danni importanti, conducendola ad uno stato vegetativo. Alla fine di luglio i medici hanno concluso una procedura collegiale con tre esperti, i quali hanno stimato che la ragazzina non avrà mai più la capacità di stabilire alcun contatto col mondo esterno. I genitori di Inès hanno opposto resistenza e allora i medici si sono rivolti al tribunale amministrativo di Nancy, il quale il 7 dicembre ha convalidato il parere dei tre esperti. Ora anche l’appello è stato respinto.
Il Consiglio di Stato «ritiene che, allo stato della scienza medica, la continuazione dei trattamenti possa caratterizzare un’ostinazione irragionevole», e dunque
la decisione del 21 luglio 2017 di interrompere la ventilazione meccanica e di procedere all’estubazione della bambina soddisfa i requisiti stabiliti dalla legge e quindi non costituisce una violazione grave ed ovviamente illegale di una libertà fondamentale.
A febbraio 2016 in Francia è stata approvata una nuova legge sul fine vita, il cui fondamento è tutto centrato sul rifiuto dell’accanimento terapeutico: il testo vieta la continuazione dei trattamenti considerati non necessari, sproporzionati o che non hanno altro scopo che il mantenimento artificiale della vita.
Il decreto può essere applicato anche ai pazienti che desiderano interrompere i trattamenti poiché si trovano in una condizione grave e incurabile.
In combinazione con l’analgesia, che sopprime la sensibilità al dolore, è previsto che una sedazione “profonda e continua” accompagni il paziente fino alla morte dopo l’interruzione del trattamento.
L’Associazione per il diritto di morire con dignità si è dichiarata insoddisfatta della legge, perché non è una vera e propria legalizzazione dell’eutanasia, alla quale, sostengono, il 96% dei francesi sarebbe favorevole.
Evidentemente i genitori di Inès non rientrano in questa percentuale.
La legge prevede anche che i cittadini possano registrare delle dichiarazioni anticipate di trattamento, che saranno vincolanti per i medici più del loro parere di esperti in materia (naturalmente solo se le DAT contengono istruzioni circa una velocizzazione della dipartita, non certo se il paziente dichiara di voler vivere).
Sostenute dal Presidente della Repubblica, lungamente e ampiamente concordate, le misure che entrano in vigore oggi rappresentano un fondamentale passo avanti per i diritti del paziente e dell’individuo,
affermò alla promulgazione il ministro della Sanità Marisol Touraine, per il quale in Francia si “moriva male”.
Ora invece pare si muoia benissimo, grazie a questa legge che non vìola, secondo i giudici, alcuna libertà fondamentale dell’individuo. A parte la libertà di vivere, naturalmente.
E in Italia ci stiamo avviando a grandi passi verso l’ottenimento degli stessi “benefici”!
Non è forse questo “OMICIDIO” ???