Si noterà che nello schema dei primi otto eoni (cioè delle prime quattro coppie teogoniche) il Logos, cioè il primo epiteto del Figlio di Dio nel Quarto Vangelo, non arriva al terzo posto (quindi nella seconda coppia), bensì al quarto, cioè nella terza coppia (la prima della seconda tetrade): ciò non avviene perché gli gnostici non sapessero contare (avercene…), ma perché raffinatamente raccontavano l’eternità trovando un nome proprio al Logos che ancora non parla1Per questo anche i padri apologisti distinguono comunemente tra “Λόγος ἐνδιάθετος” [Lògos endiàthetos] e “Λόγος προφορικός” [Lògos prophorikòs]. – perché la Parola è creatrice, e dire che Dio crea dall’eternità significa affermare che il creato è coeterno a Dio, il che è falso – e chiunque capisce come una “parola” che non venga detta sia un “pensiero”. Dunque dall’Abisso e dal Silenzio nasce il Pensiero, che si accoppia naturalmente con la Verità (un pensiero si misura su quel metro anche se non diventa una parola pronunciata, no?): così le prime due coppie (che costituiscono “la prima tetrade”) indicano la “Trinità immanente”, mentre le ultime due (cioè “la seconda tetrade”) additano la “Trinità economica”2Non vuol dire che sta ai saldi, ma che risponde all’“economia”, ossia a tutto quanto è compreso tra la creazione, il peccato, la redenzione e la ricapitolazione escatologica.. La prima di queste sarà finalmente il Logos, e il suo corrispettivo femminile non poteva che essere la Vita (giacché «in lui era la vita»). Quello che non cessa mai di commuovermi, nell’Ogdoade valentiniana, è che l’ultima sizigia racchiuda in sé l’Uomo, cioè Adamo (ed Eva), creato da Dio per Sé, e la Chiesa, elemento femminino che fin dalla creazione della luce la Pietà celeste ha disposto a mezzo di salvezza per lui.
Scendendo precipitosamente la scalinata della teologia verso i meno vertiginosi lidi della semiotica e degli archetipi collettivi, troviamo che sì – l’antropologia culturale lo conferma – in quasi tutte le culture note i figli (maschi) vengono lasciati in simbiosi con la madre fino all’età di ragione, e solo dopo interviene l’autorità paterna a porre la propria cesura, che si compie propriamente quando il maschio separato dalla madre trova una compagna per formare una nuova coppia.
Inoltre, se dalla Rivelazione all’esperienza quotidiana tutto ci conferma che l’evento della parola è anzitutto un atto legislativo, nel quale cioè sono poste le norme del vivere, è vero pure che la parola è atto creativo e castrante al contempo, perché nel definire una particolarità esclude per sempre tutte le possibilità. L’ἀπεῖρον [àpeiron] della vita pre-logica viene irrevocabilmente superato dalla parola, che introduce ogni uomo al principio d’identità, a quello di non contraddizione e a quello del terzo escluso.
È vero che l’esperienza umana non è mai totalmente comprensibile in quella etologica generale, perché anche quando la parola non si manifesta l’intelletto conserva intatta una potenzialità inesistente (giacché mai vista attuata) presso tutti gli altri animali. Ecco perché mi sembra ragionevole che fino all’avvio del linguaggio la corrispondenza degli uomini ai bisogni dei loro cuccioli si conformi (intelligentemente e con moderazione, si capisce) alla comunicazione sensoriale comune a tutto il mondo animale.
Se qualcosa ho capito di Freud e di Heidegger, “no” è soprattutto una parola, e compete doppiamente al padre – in quanto parola e in quanto parola limitativa3È bellissimo che nel pleroma valentiniano la degenerazione dell’armonia fra gli eoni, innescata naturalmente dall’eone femminile dell’ultima sizigia, Sofia, venga arginata quando a fermare l’emorragia divina il Padre e l’Intelletto-Logos emettono il Limite (ὅρος), il cui nome è Croce (σταυρός): così si proietta nel dramma divino l’esperienza umana per cui è solo l’assunzione del disordine generato dal peccato a “riverginare” l’anima, a renderla casta (cioè che accetta di non-conoscere ciò che non può essere conosciuto, dall’etimologia greca) nell’obbedienza alla verità (1Pt. 1,22). Che il peccato di Sofia non sia semplicemente sessuale, ma perfino incestuoso, è cosa che sa di Freud a diciotto secoli di distanza…: la sua stessa condizione di possibilità, però, è che l’evento del linguaggio sia già avvenuto. È proprio il linguaggio, infatti, a strappare gradualmente il bambino al proprio eterno presente e ad arare via via nella sua mente i solchi del tempo, che in assenza del Logos erano certo Verità con l’Intelletto, ma non erano Vita e non costituivano ancora l’Uomo nella sua caratteristica più peculiare (per dirla con le straordinarie categorie degli gnostici).
Insomma, che fare?
Ora, non vorrei che qualcuno ritenesse che io abbia scritto 18mila battute per spiegare perché penso di agire bene a far dormire (ancora) la piccola nel lettone (anche se in parte costui avrebbe pure le sue ragioni): queste però sono solo le ragioni che mi do, e come si vede sono fondate perlopiù su studî che con la puericultura non hanno molto a che fare. In tal senso, proprio perché la consapevolezza di star sicuramente facendo (molti) errori tarpa le ali alla spacconeria del principiante, scrivo per il motivo opposto: se qualcuno volesse intervenire a spiegarmi come vede le grandi questioni sull’educazione, e perché, ne sarò molto contento.
Note
↑1 | Per questo anche i padri apologisti distinguono comunemente tra “Λόγος ἐνδιάθετος” [Lògos endiàthetos] e “Λόγος προφορικός” [Lògos prophorikòs]. |
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↑2 | Non vuol dire che sta ai saldi, ma che risponde all’“economia”, ossia a tutto quanto è compreso tra la creazione, il peccato, la redenzione e la ricapitolazione escatologica. |
↑3 | È bellissimo che nel pleroma valentiniano la degenerazione dell’armonia fra gli eoni, innescata naturalmente dall’eone femminile dell’ultima sizigia, Sofia, venga arginata quando a fermare l’emorragia divina il Padre e l’Intelletto-Logos emettono il Limite (ὅρος), il cui nome è Croce (σταυρός): così si proietta nel dramma divino l’esperienza umana per cui è solo l’assunzione del disordine generato dal peccato a “riverginare” l’anima, a renderla casta (cioè che accetta di non-conoscere ciò che non può essere conosciuto, dall’etimologia greca) nell’obbedienza alla verità (1Pt. 1,22). Che il peccato di Sofia non sia semplicemente sessuale, ma perfino incestuoso, è cosa che sa di Freud a diciotto secoli di distanza… |
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