In appendice poi vengono riportati una riflessione di don Paolo sul dolore e due lettere da lui scritte a due amici. Se felice appare la scelta di riportare le lettere che contribuiscono senza dubbio a offrire un profilo autentico dell’uomo don Paolo, fine, questo sì, dichiarato dal curatore dell’opera, lascia perplessi la decisione di riportare una dissertazione filosofica che risulta difficile e scoraggiante per i “non addetti ai lavori”. Tuttavia, pur fra tali imperfezioni, che fanno quasi tenerezza perché appaiono dettate da ingenuità e timore, le perle che questo libro offre sono di gran lunga più grandi. Lo spirito e gli insegnamenti di don Paolo sono così chiari e netti da arrivare dritti anche al cuore della generazione che, ahimè, non lo ha conosciuto.
Un pomeriggio di giugno – racconta ad esempio una donna – andai a casa sua con la mia piccolina di sei mesi e, poiché ella incominciò a piangere per la fame, gli chiesi il permesso di allattarla lì, mentre parlavamo, altrimenti sarei dovuta andar via. Lui disse che non c’era alcun problema e iniziai con naturalezza, anche se con discrezione. Ma, a un certo punto, don Paolo smise di parlare, stette in silenzio, guardandomi con un’espressione insolita e incantata e dopo un po’ mi disse: «Davanti a una madre che allatta, anche Dio si commuove», e aveva le lacrime agli occhi. […] Quando nelle giornate che scorrono avverto una certa pesantezza, spesso stringo un crocifisso che mi ha regalato don Paolo e mi sembra di essere guidata ancora da lui.
O ancora, il ricordo di un allora giovane Professore (proprio lui, l’Antonio Fiorito che scrive su queste nostre pagine!):
In quell’ottobre 1977 il primo insegnamento che mi fu affidato fu quello di Materie Letterarie in una IV ginnasiale. Al primo compito in classe d’Italiano assegnai una sfilza di gravi insufficienze: 5, 4, 3 e qualche 2. scoppiò un putiferio sia tra gli alunni in classe, sia tra i genitori, che evidentemente si lamentarono con il preside di questo “giovanissimo, presuntuoso professorino”. Si presentò in classe un bidello, dicendomi che il preside chiedeva che gli portassi il pacco dei compiti incriminato. Io pensai che la mia carriera di professore fosse finita appena dopo un mese. Don Paolo lesse e corresse di nuovo i compiti e poi convocò un Consiglio di Classe straordinario con la presenza di tutti gli alunni e i genitori. Davanti a me, pallidissimo, e di fronte a quegli altri, tutti anelanti vendetta, riconsegnò ad uno ad uno i compiti e si constatò, tra la sorpresa generale, che aveva abbassato tutti i voti: da 5 a 4, da 4 a 3, mentre i 2 erano rimasti tali.
La medesima professoressa di musica che aveva raccontato l’episodio della “poppata mistica” definì così la coloritura speciale della presenza provvidente di don Paolo:
Nella sua stanza si sentiva forte la presenza di Dio, padre buono e comprensivo, che sembrava indossasse la tonaca nera di don Paolo e parlasse al suo posto.
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