I paradossi della Chiesa in Corea
Tutti conosciamo la massima di Joseph De Maistre:
Il cristianesimo è stato predicato dagli ignoranti e creduto dai dotti, e in questo non assomiglia ad alcunché di noto.
Proprio mentre il pensatore ultramontanista pensava e scriveva questa verità, essa accadeva una volta di più in Corea, e tale paradosso originario della predicazione apostolica ha prodotto tutta una serie di inusitate rivoluzioni.
Un movimento intellettuale e popolare
I dotti che avevano creduto agli ignoranti tornarono a parlare ad altri incolti, i quali credettero e crebbero in uno stile di vita veramente rivoluzionario: le persecuzioni spinsero i cristiani a costruire villaggi sulle montagne – tra quelle cime i fedeli coreani si dicevano ed erano beati, perché la lieta povertà della Chiesa nascente li riempiva di gioia. Il visitatore della mostra si trova a un certo punto davanti alla copia ottocentesca – vergata per mano di padre Achille Paul Robert M.E.P. – dell’ultima lettera di sant’Andrea Kim Dae-geon ai fedeli di Joseon. Accanto a questo si trova esposto un vero autografo del giovane sacerdote coreano martirizzato nel 1846: è una lettera dal carcere in cui si racconta ciò che accade e si illustrano le torture subite dai fedeli. Il venticinquenne prete coreano la scrisse in uno scorrevole latino.
Un approccio culturale e sociale
Proprio perché la fede non fosse superstizione e non restasse appannaggio di quanti avevano disponibilità e capacità di studio, i fondatori della Chiesa in Corea promossero lo sviluppo di un alfabeto semplificato (hangŭl), non più ideografico, che poteva essere rapidamente imparato anche da donne e bambini1I detentori del potere culturale irrisero con disprezzo questa scelta: lo hangŭl – già inventato da re Sejong il Grande nel 1443 – venne da loro definito “alfabeto delle donnine” – e fin dal 1801 bastava essere trovati in possesso di una copia del calendario liturgico per essere rei di morte..
Più avanti la Chiesa avrebbe prodotto un settimanale cattolico (Il nome “Gyeonghyang” significava “urbi et orbi”) che programmaticamente rinunciava ai nobili caratteri cinesi e veterocoreani per dedicarsi all’istruzione del popolo. Oggi tutto ciò che è derivato da questo prodotto si chiama semplicemente “coreano”.
La sfacciata dignità della donna
Il visitatore della mostra si trova poi di fronte al ritratto di una bella donna sulla quarantina: in effetti aveva precisamente quarant’anni, King Wan-suk, quando fu martirizzata (anche lei nel 1801). Ciò per cui era già nota prima del martirio, però, era il suo essere presidente del Myeongdohoe2Si tratta dell’organizzazione voluta da Padre Zhou Wen-mo (primo sacerdote giunto in aiuto della comunità laicale, dalla Cina, dieci anni dopo la fondazione della Chiesa) per promuovere la diffusione della fede e il radicamento della Chiesa. Insomma qualcosa di molto più grande di un’associazione culturale, e perfino di più di un odierno “movimento ecclesiale”: si trattava nei fatti di un vero posto di governo amministrativo della Chiesa.: nella società confuciana le donne non erano neppure abilitate ad avere parte in causa nelle classi, e vi risultavano esclusivamente per il collocamento in esse dei mariti o dei padri3Sembrerebbe una società tanto maschilista da non riuscire neppure a capire il concetto di “maschilismo”..
Non c’è costo e anzi: la mostra vale il viaggio
Ora qualcuno si starà comprensibilmente chiedendo a che si debba la mia “sviolinata” in favore della mostra: non ho interessi economici, come si capisce (se non ha un qualche senso l’idea di ricevere una percentuale su un biglietto gratuito), e tantomeno godo di agganci “politici”. Quello dell’evangelizzazione della Corea è però un caso paradigmatico da molti punti di vista, e farebbe bene a tutti conoscerlo un poco.
Col cuore in mano ve lo dico: andate a vedere la mostra, se siete di Roma; veniteci se non lo siete (quasi mi metto a pagare la trasferta a chi dopo averla vista si dichiarasse scontento). Se siete insegnanti, catechisti, parroci, genitori, prendete in considerazione l’idea di una visita di gruppo: a parte il fatto che la Corea smetterebbe di essere concepita come “un mero nome a cui naturalmente dovrà essere collegato un posto, da qualche parte”, si chiariranno molte dinamiche sempreverdi del mondo ecclesiale, e le capacità di analisi e di sintesi si faranno tanto più fini e duttili quanto meno teorica e astratta sarà stata espressa la proposta del Vangelo.
Note
↑1 | I detentori del potere culturale irrisero con disprezzo questa scelta: lo hangŭl – già inventato da re Sejong il Grande nel 1443 – venne da loro definito “alfabeto delle donnine” – e fin dal 1801 bastava essere trovati in possesso di una copia del calendario liturgico per essere rei di morte. |
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↑2 | Si tratta dell’organizzazione voluta da Padre Zhou Wen-mo (primo sacerdote giunto in aiuto della comunità laicale, dalla Cina, dieci anni dopo la fondazione della Chiesa) per promuovere la diffusione della fede e il radicamento della Chiesa. Insomma qualcosa di molto più grande di un’associazione culturale, e perfino di più di un odierno “movimento ecclesiale”: si trattava nei fatti di un vero posto di governo amministrativo della Chiesa. |
↑3 | Sembrerebbe una società tanto maschilista da non riuscire neppure a capire il concetto di “maschilismo”. |
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