2,1. E torniamo ora all’incipit della lettura che è stata or ora proclamata. Con l’aiuto del Signore cerchiamo, se non di chiarire ogni cosa, almeno di raccoglierne e di spiegarne i sensi per grandi linee. Vi si trova dunque scritto:
Ecco le tappe dei figli di Israele dopo che uscirono dalla terra di Egitto con le loro schiere, per mezzo di Mosè e di Aronne. E Mosè scrisse le loro tappe e registrò i loro spostamenti a causa della parola del Signore…
eccetera [cf. Num. 33,1-2]. Avete sentito? Mosè scrive queste cose «a causa della parola del Signore». E perché il Signore ha voluto che fossero scritte? La stesura delle tappe percorse dai figli di Israele deve servirci a qualche cosa o potrà essere totalmente inutile? E chi oserebbe dire che dei documenti scritti «a causa della parola del Signore» non servono a nulla e non contribuiscono alla salvezza – che essi non siano altro che il racconto di un evento contingente, passeggero, e dunque oggi la loro relazione non ci giovi in nulla? Quest’opinione è empia e contraria alla fede cattolica: essa non appartiene se non a quanti negano che uno solo sia il Sapiente della Legge e dei Vangeli, il «Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo» [cf. Rom. 15,6]. Dunque cerchiamo di capire – per sommi capi, nel poco tempo che abbiamo – quali riflessioni l’intelletto credente debba trarre da questo itinerario.
2,2. L’omelia precedente ci ha fornito l’occasione di parlare dell’uscita dei figli di Israele dall’Egitto, e abbiamo detto che in senso spirituale si può uscire dall’Egitto in due modi: o abbandonando la vita pagana per accedere alla conoscenza della Legge divina, oppure quando l’anima lascia il corpo che abita. In entrambi questi modi possono essere lette le tappe dell’itinerario che Mosè descrisse «a causa della parola del Signore».
2,3. A proposito delle dimore in cui si troverà l’anima spogliata dal corpo, o piuttosto che sarà nuovamente rivestita del proprio corpo, il Signore ha proclamato nel Vangelo:
Ci sono molte dimore, presso il Padre; sennò ve lo avrei detto. Io vado e vi preparo una dimora [Io. 14,2].
Sono quindi molte quelle dimore che portano al Padre. Perché fermarvisi, quale utilità ricavi l’anima da quella tappa, in termini di erudizione o di illuminazione, lo sa unicamente «il Padre del mondo futuro» [cf. Is. 9,51Attenzione, il riferimento si sposta dal Padre al Figlio, che anche viene detto “Padre”, nel Vangelo secondo Giovanni, e da tale si comporta e parla.], che di sé stesso dice «Io sono la porta» [Io. 10,9] e: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» [Io. 14,6]. Senza dubbio, a ciascuna di queste tappe egli diventerà per ogni anima “la porta”, di modo che sia per mezzo di lui che si entra e che si trova pascolo [cf. Io. 10,9]; e di modo che, ancora, sia per mezzo di lui che si passa a un’altra tappa, e quindi a un’altra e ancora a un’altra dimora, fino ad arrivare al Padre stesso.
Ma ecco che stiamo divagando e, presi da questi spunti sottilissimi, ci stiamo scordando di quanto dicevamo. Torniamo quindi alle cose che accadono tra di noi e dentro di noi.
2,4. In Egitto i figli di Israele venivano afflitti «tra fango e mattoni nelle opere» [cf. Ex. 1,14 ss.] del Faraone, finché gemendo non hanno gridato al Signore e questi, ascoltando il loro lamento, ha mandato loro la sua parola per mezzo di Mosè e li ha fatti uscire dall’Egitto. E anche della nostra afflizione, quindi, di noi che pure eravamo in Egitto – parlo delle tenebre degli errori di questo mondo e dell’ignoranza – e che facevamo le opere del diavolo tra la concupiscenza e le opere della carne2Notare il finissimo parallelismo tra il fango e la concupiscenza da un lato e i mattoni e le opere carnali dall’altro…, il Signore ha avuto pietà, tanto che «mandò la sua Parola, il Figlio unigenito» [cf. 1Io. 4,9] a strapparci all’ignoranza dell’errore e a condurci alla luce della legge divina.
Di’ cosa ne pensi