Si badi bene che il capo di tutti gli dèi ordina di distribuire queste due virtù a tutti gli uomini, nessuno escluso – a differenza delle arti, concesse ad alcuni e ad altri no. Il pudore non è dato agli uomini come furto, ma come dono. Viene loro consegnato assieme alla giustizia perché suo compito è di consentire, in concorso con essa, la philia, la convivenza pacifica tra gli uomini1Anche in Esiodo pudore (aίdos) e giustizia (dίke) sono legati e contrapposti alla «tracotanza fatta uomo» (hybris anéra) di «gente per cui il diritto sarà la forza delle mani: l’uno saccheggerà la città dell’altro». (Esiodo, Le opere e i giorni, 188-192, in Tutte le opere e i frammenti, Bompiani, Milano 2009, p. 191)..
Un’umanità spoliticizzata, senza cooperazione, regredisce al thèriodès bios, alla vita bestiale precedente alla comunità politica, dove è l’uomo stesso, prima ancora delle fiere, a essere fiera per i suoi simili. Homo homini lupus, come avrebbe detto Plauto ben prima di Hobbes.
I Greci avevano capito che l’uomo è un essere paradossale. In lui c’è una tendenza all’autodistruzione generalizzata che contraddice l’inclinazione animale alla convivenza intraspecifica. Ma l’uomo, per la sua natura paradossale, coopera solo se rimane fedele alla propria natura di essere personale. L’uomo è più che un membro della specie homo sapiens sapiens. L’uomo è un “io” che riflette su se stesso ma che sa anche uscire da se stesso. È un “io” capace di parlare di sé in terza persona, in grado di vedersi come relativo ovvero in relazione con uno sguardo altro.
La persona umana nasce alla confluenza tra identità e alterità. La “morale” animale è una morale per “simpatia” coi simili della propria specie, in particolare con la prole. La morale umana invece è una morale più astratta. Sarebbe inconcepibile parlare di giustizia nel mondo animale. Solo l’uomo è capace di de-centrarsi dal proprio io e ragionare in termini di giustizia astratta e obiettiva.
Se la giustizia è un decentramento, un distanziarsi da sé, il pudore è una presa di distanza dagli altri. L’identità personale può maturare solo se non è tutta “messa in scena”, solo se l’intimità non viene esibita al punto di disciogliersi nel corpo sociale. Il pudore preserva dalla fusionalità della Grande Madre, garantisce la discontinuità tra gli esseri umani, preserva l’interiorità che plasma l’unicità del singolo.
La giustizia decentra dal proprio “io”, il pudore preserva quello stesso “io”. Senza giustizia avremmo fossilizzazione, rigidità, chiusura. Senza pudore avremmo dissoluzione, putrefazione, evaporazione. In un caso come nell’altro non sarebbe possibile alcuna relazione, alcuna cooperazione, alcuna azione politica. Ogni relazione presuppone che ci siano un “io” e un “tu”: l’identità e l’alterità.
Senza queste due virtù sorelle, giustizia e pudore, l’uomo non è in grado di sviluppare la sua natura di animale politico. Trovandosi indifeso nei confronti delle fiere regredisce egli stesso all’istintualità propria del mondo animale. In una parola, perde la propria libertà. In società più complesse come le nostre la società rischia la sudditanza nei confronti del Grande Animale per eccellenza: uno Stato abnorme, il potere immenso e tutelare descritto da Tocqueville, la Grande Madre che esercita un controllo maniacale sui propri figli.
Appare significativo allora che la postdemocrazia favorisca con ogni mezzo l’osceno di massa, che invade in maniera crescente lo spazio pubblico attraverso il web e i media tradizionali. La penetrazione della pornografia nella polis comporta l’inversione dei codici che regolano le attività pubbliche e quelle private. Quanto vi è di più intimo viene pubblicizzato. È l’inversione tra pubblico e privato che alcuni, come Marcello Veneziani, denunciano da tempo.
Il fatto saliente dell’ultimo ventennio – ha scritto Augusto Del Noce nell’ormai lontanissimo 1967 – non è stato il progresso delle valutazioni di tipo marxistico, ma la diffusione dell’erotismo e della mentalità edonista. Se il ventennio precedente era stato caratterizzato dalla crescita del totalitarismo come religione secolare, il ventennio successivo lo è stato invece dalla diffusione dell’erotismo, e con erotismo non mi riferisco alla crescita o meno delle disobbedienze al sesto comandamento, ma a una disposizione spirituale ben precisa […]: il declino del pudore sino alla sua quasi totale scomparsa. Nella Genesi la nascita del pudore è collegata al passaggio dall’animale all’uomo. È perciò ben naturale che il pudore declini quando la concezione dell’homo faber, che non riconosce tra l’uomo e l’animale che la differenza di grado, si sostituisce alla tradizionale concezione dell’homo sapiens; l’idea della loro differenza qualitativa dipende invero dalla tesi tradizionale che vede nell’uomo l’immagine di Dio2Augusto Del Noce, I cattolici e il progressismo, Leonardo, Milano 1994, p. 123..
Ecco allora che il rapporto sessuale, atto privato per eccellenza, viene esibito in pubblico. Jean Baudrillard definiva la nostra come “società dell’osceno”. L’oscenità, secondo una popolare (anche se contestata) etimologia è ciò che, stando “fuori scena” (ob-scenum), non deve essere esibito al pubblico. E perciò non va “messo in scena”, dovendosi svolgere nel segreto3Segreto deriva dal latino secretum, participio passato di secernere, ovvero mettere da parte, separare, al riparo dallo sguardo pubblico..
L’osceno di massa, con il suo maniacale esibizionismo di corpi e organi sessuali, rappresenta un attacco diretto al pudore. L’atto sessuale, in una visione cristiana o anche solo tradizionale della vita, non va messo “fuori scena” perché “sporco” o “cattivo”, ma semplicemente perché la “messinscena” non gli si attaglia. Il palcoscenico non è il suo posto. E questo non per eccesso di morale, cioè per moralismo, ma per salvaguardare la natura personale – compresa la libertà – di ogni uomo. Anche la società, come la natura, ha in orrore il vuoto. Una massa di uomini spudorati, che diserta la vita politica, non fa che consegnare la polis nelle mani di altri poteri che colmeranno lo spazio vuoto a propria disposizione.
Note
↑1 | Anche in Esiodo pudore (aίdos) e giustizia (dίke) sono legati e contrapposti alla «tracotanza fatta uomo» (hybris anéra) di «gente per cui il diritto sarà la forza delle mani: l’uno saccheggerà la città dell’altro». (Esiodo, Le opere e i giorni, 188-192, in Tutte le opere e i frammenti, Bompiani, Milano 2009, p. 191). |
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↑2 | Augusto Del Noce, I cattolici e il progressismo, Leonardo, Milano 1994, p. 123. |
↑3 | Segreto deriva dal latino secretum, participio passato di secernere, ovvero mettere da parte, separare, al riparo dallo sguardo pubblico. |
Grazie per questo approfondimento. Un amico sacerdote commentava l’altro giorno che Gesù è nato in una mangiatoia, un luogo “per animali” per riportarci alla condizione di uomini figlio di un Dio di amore. Questo semplice pensiero mi farebbe riscrivere la frase di Del Noce “Nella Genesi la nascita del pudore è collegata al passaggio dall’animale all’uomo.” in “Nella Genesi la nascita del pudore è collegata al passaggio dall’uomo del progetto originario di Dio all’uomo ferito dal peccato originale, che lo avvicina all’animale” e completarla con la riflessione dell’amico sacerdote su Gesù che ci restituisce la dignità dell’uomo figlio di Dio