La lezione di Atanasio
In realtà, io mi attesterei a quanto di Caffarra ha riportato a Socci il prete che gli avrebbe riferito le parole delle sue ultime giornate:
Il cardinale era molto addolorato, ma mi ha trasmesso tanto coraggio e tanto amore per la Chiesa.
Ci credo: la vicenda di Atanasio è significativa. Attenzione: non del fatto che un certo giornalista abbia ragione di suonare l’allarme a ogni foglia che si muove tra San Pietro e Santa Marta (insinuando tra le righe che presto, di certo, “la Chiesa” riconoscerà e premierà la sua fedeltà!). La vicenda di Atanasio è significativa di quanto siano sfumate e delicate le questioni ecclesiali, di come certe riforme abbiano bisogno non solo di tempo, ma di scontri fisiologici, per essere assimilate: Costantino fu l’ideatore e il promotore del Concilio di Nicea – primo grande concilio ecumenico – e fu il primo persecutore di uno dei campioni di quell’assise. Costantino amava girare con i vescovi, e uno dei suoi punti di riferimento era il grande Ossio di Cordova, niceno di ferro che ancora in età estremamente avanzata teneva testa agli imperatori che andavano e venivano, non firmando mai la condanna di Atanasio… eppure Costantino finì a farsi battezzare da un vescovo filoariano…
E mille volte di più questo vale per i cortigiani, per i lacchè, per i «portaborse, ruffiani, mezzecalze» che sempre pullulano dove giunge l’odore del potere: quella di Atanasio è una lezione (una delle innumerevoli date dalla storia) di come si rovesciano le sorti di chi pensa di costruirsi una carriera tra Chiesa e mondo. Faceva bene Caffarra a tornare col cuore a questa lezione: così dovremmo fare tutti.
Intanto, grazie per la sintetica ed efficace ricostruzione storica della faccenda Atanasio: lo stare ai fatti (e alla loro intricata complessità) è sempre opportuno e salutare. Ma questa ricostruzione finisce, paradossalmente (ma la realtà è spesso paradossale), per accentuare invece che sminuire il focus socciano. Perché, dato che ammp il card. Caffarra è (ben aldilà dei “dubia” e della “questione amoris laetitia”) un Atanasio dei nostri giorni, dov’è oggi (qui sulla terra, gerarchia compresa) chi ne prede le difese e lo fa tornare dall’esilio? Per il resto, Abelis non è un capolavoro letterario…
La vicenda, purtroppo, è molto più intricata di quanto io abbia anche solo potuto richiamare: data la sede, mi basta aver mostrato la grave inopportunità di parlare di “scomunica di Liberio ai danni di Atanasio”. Il resto merita approfondimenti da fare soprattutto in sede di studio accademico.
Quanto agli esilî, invece, direi due cose:
1) Non necessariamente si fa il maggior bene della Chiesa ripristinando una situazione di palese ingiustizia: Agostino nei suoi giorni mostra di sapere di monaci egiziani a Treviri, e le spore di Antonio non sarebbero arrivate fin lassù, insieme con la grande Vita che ne scrisse Atanasio, senza la presenza fisica e ordinatrice del patriarca alessandrino. Non sunt facienda mala ut sequantur bona, certo, ma il mistero dell’Agnello resta il paradigma di tutta la vita ecclesiale in genere e di ogni singolare vita ecclesiastica;
2) Viceversa, non si sa mai chi sarà a farti tornare dall’esilio: con la morte di Costanzo, per esempio, il trono imperiale finì a Giuliano (l’apostata), e paradossalmente fu proprio lui – al quale dell’ὁμοούσιος fregava meno di zero – a richiamare ad Alessandria Atanasio dal terzo esilio… Vero è che lo stesso Giuliano lo avrebbe di nuovo mandato via non appena avesse visto che Atanasio faceva rifiorire la Chiesa… ma attenzione: come la faceva rifiorire? Cercando formule d’unione coi c.d. “semi-ariani”. Un motivo di più per sorridere di certa storia ecclesiastica ridotta ad aneddotica, ovvero a cartucciera da facile polemica.
Non condivido la linea di pensiero dello scrivente. Al di la’ della ampiamente dichiarata competenza, non entra nel nocciolo della situazione, una possibile comparazione fra i due tempi storici, entrambi pieni di confusione ed incertezze e la grandezza di alcune figure che hanno salvaguardato la fede nel popolo.
Gentilissima Maria, grazie del commento. Provo a risponderle. Comparare due tempi storici è cosa sempre insidiosa e difficile, al limite dell’impossibile dati i numerosissimi distinguo che per forza di cose si debbono fare; e tuttavia è cosa che tutti facciamo, stabilendo analogie più o meno ardite. Ora qui abbiamo anzitutto un punto filologico, cioè se abbiamo certezza storica, dalle fonti, di una scomunica di Liberio ai danni di Atanasio – cosa che, malgrado un certo “cedimento” del Papa, le fonti antiche non ci autorizzano a inferire (anzi). In secondo luogo c’è la questione dell’analogia, perché come Atanasio non fu solo contro tutti – benché a Socci piacciano sempre gli eroi solitarî (ma neppure il Frodo di Tolkien è un eroe solitario) – così neanche Caffarra fu solo contro tutti, e l’analogia di Socci verteva chiaramente sul dire che, come Liberio ebbe torto a condannare Atanasio (cosa di cui non v’è alcuna evidenza storica), così Francesco ha torto a non appropriarsi dei Dubia. A Socci dunque contesto due cose: 1) la scorrettezza di piegare univocamente la lettura di un passaggio quantomeno oscuro della storia della Chiesa al servizio della propria (ormai arcinota) tesi; 2) l’inopportunità – errore, questo, che ha in comune con don Leonardi – di occupare la scena, in un giorno luttuoso, perorando la propria causa e non semplicemente ricordando il Cardinale.
A questo proposito, mi fa piacere rimandare a un bel ricordo di don Samuele Pinna: una dichiarazione di affetto, di stima, di venerazione e di pietà cristiana. Ciò che, nel digrignare di denti di Socci e nelle alzatine d’occhio di sufficienza di don Leonardi, appunto s’era perso di vista.
Condivido l’ultimo pensiero. Hai una cultura immensa ma non una visione profetica della realtà, come si te sfuggisse il nocciolo della questione, appunto.
Riguardo al fatto che questo cardinale stesse soffrendo leggiti pure le testimonianze dei due autori del blog Isola di Patmos.
Gentilissima, grazie del commento (che mi ricorda di rispondere pure a Maria). Che il Cardinale stesse soffrendo è cosa certamente probabile, anzi forse necessaria, «perché a voi – spiega san Paolo – è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui» (Fil 1,29). Questo mistero di contraddizione e di sofferenza perdurerà fino alla fine del mondo, anche nella Chiesa, e proprio una visione profetica non può prescindere da tale dato rivelato.
Riguardo al parallelo con l’arianesimo, ritengo illuminante l’articolo di Pierantoni che ti linko.
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351421.html
Poi ripreso nella conferenza riguardo ai Dubia organizzata dalla nuovabussulaq
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/04/22/dopo-i-quattro-cardinali-parlano-sei-laici-chissa-che-il-papa-ascolti-almeno-loro/
Questa è una visione profetica!
Se tutto ciò che sappiamo non ci aiuta a leggere la realtà, siamo fritti! Oppure soffocati dalle troppe nozioni!