di Davide Vairani
«Non facciamo più figli nel mondo occidentale»: finalmente se n’è accorto anche Massimo Gramellini. Distratto tra un caffè e l’altro a narrare di fatti e fatterelli più o meno interessanti, ce n’è voluta. Ma alla fine anche il maître à penser della borghesia salottiera televisiva ci è arrivato pure lui. Se è per questo ci era arrivata molto prima di lui persino mia figlia di 16 anni. Ma non è questo il punto.
Perché non facciamo più figli in occidente? Che cosa servirebbe ad invertire la rotta? Semplice: investire seriamente sulla famiglia e non considerarla un ammortizzatore sociale di cura (che fa risparmiare soldi allo stato) o – peggio – un inutile retaggio del passato. E invece no. Il nostro Gramellini nell’editoriale di ieri sul “Corriere della Sera” si lancia in una disamina a dir poco balzana. Ma tanto à la page da renderla persino persuasiva. Ovviamente non gli scappa nemmeno per sbaglio la parola “famiglia”, sia mai che i lettori progressisti e modaioli lo rimproverino di essersi convertito a quelli che lo stesso Gramellini chiama «i nostalgici alla Trump, che però indossano solo idee difensive e vorrebbero tornare a un passato di muri e di dazi». Che – sempre a detta sua – sono tuttavia gli unici ad avere preso coscienza della drammaticità della situazione in cui versa l’Italia sul piano demografico (e in generale il Vecchio Continente).
Ma non c’entrano nulla «la crisi economica e la mancanza di politiche a sostegno della famiglia», il problema è il calo del desiderio del maschio italiano.
Il calo del desiderio — di cui quello delle nascite è solo una delle conseguenze — evoca le storture di una civiltà sempre meno connessa con i ritmi e le leggi della natura, in cui si parla continuamente di sesso, ma lo si pratica sempre di meno.
Insomma: bisogna fare più sesso, come fanno i conigli e bum bum, un picco di innalzamento delle nascite assicurato. Ma c’è un problema, un grosso problema che angoscia Gramellini:
dopo la rivelazione dei ricercatori dell’università di Gerusalemme che il maschio occidentale ha smarrito la metà dei suoi spermatozoi, nessun amante dell’umanità è sembrato preoccuparsi. La macchina dell’informazione ha digerito e sputato il ferale annuncio in meno di ventiquattr’ore e in nessuna città europea o nordamericana si segnalano sit-in di protesta o quantomeno code nei reparti di andrologia.
Porca miseria! Scendiamo tutti in piazza e rivendichiamo con forza al Ministro Lorenzin di inserire nei LEA sanitari il Viagra gratis per tutti i maschi! Il corpo è mio e lo me lo gestisco io: e se non ho più spermatozoi, mica è colpa mia, perdicincibacco! Ma ’sti politici «concentrati su temi che riguardano la loro sopravvivenza, come i vitalizi e la legge elettorale», del futuro demografico dell’Occidente «se ne infischiano».
Ma poi l’analisi di Gramellini si fa ancora più raffinata e sottile:
Il sospetto è che la maggioranza degli occidentali, lungi dal desiderare la propria fine, semplicemente non ne abbia coscienza. Si parla spesso del divario tra realtà vera e realtà percepita. L’impressione è che si percepiscano più migranti e più pericoli di quanti ne indichino le statistiche, ma che non si percepisca affatto la drastica e documentata riduzione delle culle, dei bambini e degli adolescenti, anche solo rispetto a vent’anni fa. Tanto che gli avversari della società multietnica sono i primi ad affermare: «Siamo già fin troppi così».
Ora il quadro è davvero perfetto. Ci salveranno gli stranieri! E giù applausi a scroscio. Sembra di sentire la Boldrini. Certo che gli italiani sono davvero dei babbei. Non c’hai spermatozoi, c’hai il calo del desiderio, non fai sesso come un coniglio e poi ti lamenti che arrivano frotte di immigrati con al seguito decine di figli, allora sei proprio un babbeo, o italiano miope che non sei altro. Per fortuna c’è il nostro amato Gramellini ad elevarci dispensandoci i suoi consigli e le sue ricette.
Per quanto riguarda gli umani, solo le nazioni più evolute, quelle scandinave, stanno tentando una riscossa a base di spot televisivi in cui si reclamizza il più antico e dimenticato dei piaceri. Con qualche risultato sull’indice demografico, pare.
E allora tutti ancora in piazza a protestare perché Rai e Mediaset (e anche La7, tanto per par condicio) non ci martellano di spot pubblicitari che reclamizzino sesso, sesso, sesso. E qui potremmo sbizzarrirci a fare proposte sul tema, ma lasciamo fare alle teste d’uovo, ai creativi che sapranno sicuramente partorire effetti speciali. Per inciso. Se la Svezia è un modello evoluto siamo messi bene. Vorrei consigliare al Gramellini di andare a rileggersi un articolo di Marco Dotti pubblicato su “Vita” (non su quei giornalacci integralisti che parlano sempre di famiglia, famiglia, famiglia fino alla nausea…) intitolato: “A che cosa serve l’uomo? In Svezia non serve a niente” (05 Agsoto 2016). La Svezia era il paradiso del welfare, la meta di ogni sogno di liberazione. Che cosa è successo alla Svezia? Nel suo ultimo documentario, il regista bergamasco Erik Gandini (autore già di Videocracy) nel suo “La teoria svedese dell’amore” racconta un Paese in cui le persone vivono isolate, sempre più donne single scelgono la fecondazione artificiale e molti anziani muoiono da soli, dimenticati da tutti. E con 80 euro vi spediscono anche il kit per la fecondazione artificiale a domicilio.
Ogni individuo dovrà essere considerato come autonomo, non come l’appendice di qualcun altro. È dunque necessario creare le condizioni economiche e sociali che ci renderanno finalmente individui indipendenti. Olof Palme, pilastro della socialdemocrazia svedese, voleva modernizzare il Paese. Riformò il sistema pensionistico, stabilì sussidi e forme di sostegno, edificò il paradiso del welfare attorno a un’idea non così scontata, quando si parla di Stato e diritti sociali: l’autonomia individuale. L’indipendenza degli individui. L’indipendenza della donna dall’uomo, dei figli dai padri, della madri dai figli. In qualche modo, la distopia immaginata dal grande drammaturgo svedese August Strindberg nella riscrittura post-amletica del Padre, ma senza più ossessioni per la solitudine.
Oggi, in Svezia il 50% dei cittadini vive solo. Una vita senza l’altro e una morte che non è da meno: 1 cittadino su 4 muore in solitudine, abbandonato dai figli. È la teoria svedese dell’amore: un’idea talmente assoluta di indipendenza che porta a considerare che l’amore autentico può esistere solo tra estranei. O tra sconosciuti. O tra sé e sé: la relazione è un peso che sempre meno svedesi sembrano disposti a sopportare. Non serve. Nemmeno per avere figli. In Svezia va per la maggiore la fecondazione fai da te. Una gran parte delle donne svedesi – svela Gandini – acquista sperma per corrispondenza. Lo fa dalla Cryos, una società danese fondata da Ole Schou. «La banca del seme più grande del mondo», alimentata da donatori che dichiarano di «volere il bene dell’umanità» e disponibile per tutti e per tutte le tasche. Lo sperma in Europa arriva con corriere espresso, conservato in ghiaccio secco e pronto all’uso (vengono fornite delle apposite fiale/siringhe fai da te). I tempi di consegna vanno da 1 a massimo 2 giorni. Beh, se questo è un paese evoluto e questo è il modello che sogna Gramellini glielo lascio pure tutto. A me, francamente, una società così non solo non mi interessa, ma mi fa una gran paura.
Ma torniamo al tema. Gramellini, come fulminato sulla via di Damasco, alla fine del suo editoriale, si pone la domanda:
Ma da che cosa dipenderà questa gigantesca rimozione collettiva del problema (non si fanno più figli in occidente)?
E qui, amiche ed amici lettrici e lettori, arriva il colpo di scena finale:
Certamente dalla paura di prenderne coscienza e dalla indisponibilità a cambiare stile di vita. Ma potrebbe esserci anche dell’altro: la scomparsa del senso di missione che ogni civiltà reca con sé. Come se l’Occidente sentisse di avere esaurito il suo ciclo bimillenario e fosse diventato meno fertile perché si è rassegnato all’idea di dovere passare la mano. In un saggio di Robert Kaplan intitolato Monsoon si profetizza un futuro prossimo in cui le due potenze mondiali saranno Cina e India e dove proprio a quest’ultima toccherà il compito di portare avanti la fiaccola della civiltà occidentale che i nostri spermatozoi dimezzati stanno spegnendo nel disinteresse di tutti. Chissà che cominciare a parlarne non riattizzi un po’ il fuoco.
Ricapitoliamo la tesi del nostro illustre pensatore. Non si fanno figli in occidente perché i maschi stanno perdendo tutti gli spermatozoi (oh, lo dice l’università di Gerusalemme!), c’è il calo del desiderio perché non vogliamo più seguire le leggi della natura e fare sesso tutto il giorno, non vogliamo nemmeno gli immigrati che ci portano un sacco di figli: non sarà mai che dentro la nostra testa si è spento l’interruttore e vogliamo estinguerci, passare la mano ad altri?
Ditemi – per favore – che non è vero, che ho sognato un editoriale del Corriere della Sera che non esiste, ditemi che non lo ha scritto Gramellini, ditemi qualsiasi cosa, ma ditemi che ho sognato tutto questo mucchio di panzanate senza capo né coda che ho appena riportato. Mi si permetta un altro inciso. Caro Gramellini, studia un po’ e non farti condizionare da quello che passa il mainstreming del quale tu stesso fai parte. “I bambini stranieri non ci salvano”. No, Gramellini, stai tranquillo, non sono parole di Mario Adinolfi. A sfatare un mito, in materia di natalità, alimentato ed enfatizzato da gran parte della stampa, è stato Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia all’Università di Milano Bicocca, intervenendo alla conferenza stampa organizzata dal Movimento per la vita sulle attività dei Centri di aiuti alla vita nell’anno appena trascorso.
Si sottolinea che nel 2016 sono nati 69mila stranieri, ignorando però i circa 90mila bambini che non sono venuti al mondo grazie agli aborti effettuati,
il grido d’allarme del demografo, che ha ricordato come nel nostro Paese sono nati nell’anno appena trascorso 474mila bambini, mentre fino a poco tempo fa la cifra superava il milione. L’Italia, in altre parole,
in termini di denatalità è ai minimi registrati dall’Unità d’Italia ad oggi ed è all’avanguardia in fatto di denatalità tra i Paesi europei. […] Se andiamo avanti così, nel 2060 avremo due milioni e mezzo di persone con più di 90 anni, in un Paese di 60 milioni di abitanti.
Questa la previsione del demografo, che ha parlato di “situazione pericolosa” e da arginare, per scongiurare un futuro ancora più nero. Per questo, «far nascere un bambino mai come oggi è importante», la tesi di Blangiardo a proposito dell’attività dei Cav, che dal 1975 ad oggi ha salvato dall’aborto oltre 190mila bambini: solo quest’anno, ne ha fatti nascere in media 40 per ogni Cav. Le gestanti assistite sono state circa 13mila nel 2016, corrispondenti a una media di 63 gestanti per Cav. Andiamo avanti.Il numero medio di figli per donna, in calo per il sesto anno consecutivo, si è assestato a 1,34.
Tra le righe si legge anche un calo delle nascite da donne straniere, è dal 2012 che continua a diminuire e questo significa che è saltata la compensazione,
osserva preoccupato Blangiardo.
La contrazione delle nascite da parte di straniere e italiane – puntualizza inoltre l’Istat – non va ricondotta all’abbassamento delle rispettive propensioni di fecondità, quanto piuttosto alla riduzione delle donne in età feconda e al processo d’invecchiamento.
Detto in altre parole, il calo demografico si autoalimenta: si fanno meno figli, la popolazione invecchia e questo porta a fare ancora meno figli. «Si riduce per così dire il potenziale riproduttivo», spiega Blangiardo.
Al 1o gennaio 2017 l’età media dei residenti in Italia risulta pari a 44,9 anni, circa due mesi e mezzo in più rispetto al 2016, ma due anni esatti in più nel confronto con il 2007. Le persone dai 65 anni in su sono oltre 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione totale. In dieci anni sono aumentate di quasi due milioni. In una prospettiva non remota, la quota degli over 65 è destinata ad un aumento molto rilevante quando i nati negli anni del boom, 1961-1975, entreranno progressivamente a far parte della popolazione anziana. Del resto, la diminuzione dei decessi ha determinato un recupero dell’aspettativa di vita, che tocca il suo nuovo record storico: 80,6 anni per gli uomini, 85,1 anni per le donne. Gli ultranovantenni sono 727mila, l’1,2% del totale dei residenti, mentre quindici anni fa erano 402 mila. Intanto molti giovani se ne vanno. Blangiardo invita a valutare con attenzione un dato che non spicca immediatamente nell’insieme delle stime fornite dall’Istat: tra le cancellazioni anagrafiche circa 120 mila sono di italiani. «Purtroppo – commenta – continua il salasso per la fuga all’estero».
Gramellini, vuoi un consiglio? Ogni tanto, per il tuo tenesse psico-fisico, esci dal personaggio che ti sei costruito. Abbi il coraggio di andare contro-corrente e di dire la verità. In Italia (e in generale nell’occidente) non si fanno figli perché le intellighenzie che comandano vogliono farci credere che la libertà è fare ciò che si vuole, che la famiglia è un retaggio medievale, che non è moderno fare figli, che non serve investire su un piano Marshall per la famiglia, che l’aborto è un diritto. Questo è semplicemente il motivo delle culle sempre più drammaticamente vuote dell’Italia e dell’occidente.
Di’ cosa ne pensi