Charlie, il Faraone e le due ostetriche disobbedienti

di Giovanni Marcotullio

Non lo so, questa storia del nuovo appello alla High Court non mi convince. Potrebbe, sì, essere l’utile escamotage con cui l’ospedale che sequestra Charlie Gard si libererebbe della patata bollente senza perdere la faccia; ma in fondo la faccia, almeno un po’, la perderebbe comunque, perché in un modo o nell’altro tutti gli attori del GOSH in causa arriverebbero ad ammettere (o a farsi dire – perfino peggio…) che degli altri cervelloni sono stati in grado di imbastire in pochi giorni una cura efficace per un caso che loro hanno trattato per mesi prima di definire inguaribile (e non diremo mai abbastanza grazie al cardinal Elio Sgreccia che ha ricordato a tutti come l’“inguaribilità” non implichi di per sé l’“incurabilità”).

A parte questo, c’è che il Great Ormond Street Hospital andrà in tribunale, lunedì mattina, con un’ultima dichiarazione ufficiale dai toni durissimi, che ben lungi dall’abbassare la temperatura fa anche qualcosa più che “tenere il punto”:

La condizione di Charlie è eccezionalmente rara, con danni cerebrali catastrofici e irreversibili. I nostri medici hanno esplorato ogni trattamento, comprese le terapie nucleosidiche sperimentali. Esperti esterni hanno convenuto con il nostro team che il trattamento sarebbe ingiustificato. Hanno detto che sarebbe inutile e prolungherebbe la sofferenza di Charlie. Non si tratta di una questione di denaro o di risorse, ma soltanto di ciò che è giusto per Charlie. La nostra visione non è cambiata.

Nulla che assomigli a un segno distensivo, mi pare. E benché io abbia condiviso, in prima persona, questa vicenda tanto da desiderare profondamente di gustarne una consolazione, non mi pare di scorgere oltremanica neppure quello che direi un “cauto ottimismo”. Un sospiro di sollievo, semmai, ma perché “si arriva a lunedì”. E poi? E se medici e giudici si sono già messi d’accordo perché una mano lavi l’altra e il sangue di Charlie lavi l’onore di due onorate professioni? Che si farà, dopo?

L’ospedale continua a rispondere, a chi scrive il suo disappunto sulla gestione del caso Gard, che «famiglia e ospedale hanno ora bisogno di un po’ di privacy per poter procedere ai prossimi passaggi».

Our priority is to provide every possible support to Charlie’s parents as we prepare for the next steps. […] We would ask you to give the family and our staff some space and privacy at this distressing time.

I “next steps” sono un infanticidio, a quanto mi è dato di capire, e un’istituzione che mi prega di tacere perché un infanticidio possa aver luogo non riesce proprio ad avere la mia empatia e la mia fiducia.

Le parole sono “polite” e il frasario “very gentle”, ma ricordiamo che questa gente parlava di “ragioni mediche” fino a quando medici da tutto il mondo non hanno proposto nuove terapie… e sono passate allora a parlare di “ragioni legali”. Davvero le “ragioni legali” possono prevalere sull’urgenza di una vita che si potrebbe salvare? E non venga fuori la specializzanda in medicina che ci spiega il catechismo e blatera che “noi” non crederemmo nei novissimi: il punto è proprio che ammazzando Charlie non condanniamo certo lui, ma noi stessi.

Addirittura il GOSH era arrivato,19601196_839409392881002_2363155235732231735_n in un comunicato ufficiale inviato ieri al Bambino Gesù, a subordinare l’eventuale rilascio di Charlie (con permesso di venire in Vaticano) all’attuazione della sentenza di morte da parte del nosocomio vaticano. E veniva da chiedere se stessero scherzando: quando cercano di farti ridere, gli inglesi, di norma non ci riescono; magari nel momento in cui sembra che ti stiano insultando e irridendo è solo un pizzico di british humour.

E con l’occasione avevo pensato: ma sì, visto che vogliono il dialogo surreale diamoglielo. Il Bambino Gesù risponda che sì, grazie, saremmo lieti di essere noi a staccare la spina a Charlie (l’aria del Gianicolo è il non plus ultra per gli ultimi respiri prima di morire soffocati!). Poi quando l’avremo sottratto alla perfida Albione faremo di testa nostra, noi che a differenza loro crediamo alla libertà della persona (e non alle dignità statali che stabilisce qualche burocrate seduto da qualche parte coi suoi timbri).

E che potrebbero farci? Che fece l’Argentina all’appena costituitosi stato d’Israele, quando quelli con un blitz notturno sequestrarono Adolf Eichmann e lo tradussero a Gerusalemme (contro il parere di Hannah Arendt, che lo avrebbe deferito a Norimberga)? Niente: che poteva fare? E che fecero, gli Alleati, quando Pio XII nel 1942 chiese loro di appoggiare l’operazione Orchestra Nera per uccidere il Führer? Ah, in quell’occasione proprio niente: nel senso che non se ne fece nulla, il piano di tirannicidio fallì – proprio grazie agli inglesi, che non si fidarono del Papa (e a cui, forse, dobbiamo gli ultimi tre splendidi anni della seconda guerra mondiale).

Ancora dopo la guerra, a più riprese, papa Pacelli avrebbe potuto ricordare: «Nulla è stato lasciato d’intentato».

Questa cosa forse gli inglesi non la capiscono – sarà l’umidità della Manica, vallo a sapere. Comunque Pio XII fu fermo e risoluto nel prestarsi alla misura estrema che poteva salvare molti popoli con la morte di un tiranno; lo Stato che ieri non volle salvare quei popoli oggi non vuole rispettare il primato educativo-pedagogico di due genitori, e con ciò sembra voler nuocere alla civiltà di tutti i nostri popoli.

Così ho passato in rassegna con la mente le pagine della storia della Chiesa in cui qualcuno ha avuto il coraggio di compiere una scorrettezza per salvare una vita. Perché è vero, ha ragione Tommaso:

Non sunt facienda mala ut sequantur bona

Non bisogna fare il male perché ne consegua il bene

però bisogna capire bene cos’è il male e cosa il bene: “fiat iustitia, pereat mundus” (ovvero pereat Charlie) è un paradosso che rileva un problema – da qualche parte qualcosa non è andato per il verso giusto.John_Calvin_-_Young.jpg

Così mi è tornata in mente una pagina di Giovanni Calvino, che tra il 1563 e il 1564 dava alle stampe, nella sua Ginevra, i Commentarî sui primi V libri di Mosè (prima in latino e poi in francese): Calvino commenta i versetti sulle due ostetriche a cui il Faraone chiese di uccidere sul sedile da parto i neonati maschi degli ebrei. Disobbedirono a un ordine del legittimo sovrano: fecero male? Mentirono allo stesso per giustificarsi: fecero bene?

Che io sappia non esiste ancora una traduzione italiana di quest’opera del riformatore ginevrino: poiché però questa pagina mi sembrava ficcante nella situazione di cui stiamo parlando (soprattutto in ragione di alcuni passaggi del commento), ho voluto tradurla.


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15 Il re d’Egitto parlò anche alle levatrici ebree, delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua, e disse: 16 «Quando assisterete le donne ebree al tempo del parto, quando sono sulla sedia, se è un maschio, fatelo morire; se è una femmina, lasciatela vivere». 17 Ma le levatrici temettero Dio, non fecero quello che il re d’Egitto aveva ordinato loro e lasciarono vivere anche i maschi. 18 Allora il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i maschi?» 19 Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egiziane; esse sono vigorose e, prima che la levatrice arrivi da loro, hanno partorito». 20 Dio fece del bene a quelle levatrici. Il popolo si moltiplicò e divenne molto potente. 21 Poiché quelle levatrici avevano temuto Dio, egli fece prosperare le loro case.
22 Allora il faraone diede quest’ordine al suo popolo: «Ogni maschio che nasce, gettatelo nel Fiume, ma lasciate vivere tutte le femmine».

Esodo 1

 

di Giovanni Calvino
15. E il re d’Egitto disse

Il tiranno passa ora dall’aperta e crudele violenza, con la quale nulla aveva ottenuto, alla trama segreta e all’inganno. Egli desidera che i bambini vengano uccisi alla nascita, e comanda alle ostetriche di essere gli strumenti di questa raccapricciante barbarie. Non abbiamo notizia di altrettanto detestabili esempî di disumanità, dalla fondazione del mondo in qua. Ammetto che sia occasionalmente accaduto, che per esempio durante l’espugnazione di una città i conquistatori non abbiano risparmiato neanche i bambini e i neonati; ma questo accade, per così dire, nell’infuriare della battaglia, o perché la difesa della città era stata assai gagliarda e gli aggressori avevano perso molti uomini, della cui morte volevano vendicarsi. ex01_15-16.jpgÈ pure accaduto, sì, che uno zio, un fratello, un tutore, siano stati spinti dall’ambizione del potere a dare la morte a un bambino. È successo poi anche che nel debellare un tiranno, e per distruggere ogni germoglio della sua famiglia, tutta la sua discendenza sia stata passata fil di spada, e alcuni sono giunti a tale eccesso di crudeltà, contro i proprî nemici, da passare a fil di spada i bambini in braccio alle madri. Ma nessun nemico, per quanto implacabile, ha mai sospinto il proprio odio contro un popolo al punto da comandare che tutti i suoi maschi siano solo per questo messi a morte – e in tempo di pace, per giunta!

Fu una prova tale che avrebbe inflitto un carico insostenibile su uomini dalla saldezza indefettibile – e quanto più fu schiacciante per una gente flebile, già sopraffatta dal peso della propria vita. Perché di primo acchito tutti penserebbero più conveniente e desiderabile scivolare in uno stato più modesto invece di scatenare le invidie e le ritorsioni dei nemici a causa delle benedizioni divine. Ed è probabile – tanta era la prostrazione delle loro anime – che essi fossero non solo frastornati, ma perfino stupefatti: nessuna possibilità di scampo era lasciata loro, gli uomini dovevano morire senza sperare di vedere una discendenza – e così il nome e la stirpe di Abramo dovevano essere sradicati dalla terra, per così ridurre al nulla le promesse di Dio.

In questi giorni, in cui ci tocca sostenere simili oltraggi e c’è chi vorrebbe che scomparissimo, come se la Chiesa dovesse essere distrutta da un momento all’altro, impariamo a impugnare questo precedente come un possente scudo: se ci pare che la distruzione finale incomba su di noi, consideriamo che non ci capita nulla di nuovo, e all’improvviso, quando non ce l’aspettiamo, vedremo l’aiuto divino comparire a salvarci in extremis.

Giuseppe [Flavio] si sbaglia, quando congettura che le levatrici fossero donne egizie, inviate come spie: Mosè [inteso come l’autore dell’Esodo, N.d.T.] dice espressamente che erano le assistenti e le aiutanti delle donne ebree nel travaglio; una tale erronea idea [quella di Giuseppe Flavio, N.d.T.] è rifiutata nel suo complesso dall’intero contesto, in cui appare evidente come esse abbiano pudore, per il timore di Dio, di ottemperare al peccaminoso desiderio del tiranno. Ne consegue che dovevano già possedere un qualche senso religioso.

Ma sorge un’altra questione: perché solo due ostetriche vengono menzionate per nome, laddove è invece probabile che, per una così grande popolazione, ve ne fossero molte? Due risposte possono essere date: o che il tiranno parlava con queste due per incutere timore e soggezione per il suo potere nelle altre; o che, desiderando procedere con segreta malizia, egli intendesse mettere alla prova l’affidabilità di queste due, pronto ad allargare subitaneamente la scala della comunicazione qualora avesse ottenuto l’acquiescenza delle prime. Forse la vergogna gli impediva di procedere di punto in bianco con un comando scoperto e generale.

17. Ma le ostetriche temettero Dio

Mosè non vuole qui dire che solo in quel momento esse furono prese da paura nei confronti di Dio, ma spiega con questa ragione il motivo per cui quelle non hanno obbedito al suo ingiusto comando, e cioè perché la riverenza che si deve a Dio ebbe su di loro una più grande influenza. E certamente, così come tutte le nostre affezioni sono dirette al meglio con tali redini, così questo è pure lo scudo più sicuro per resistere a tutte le tentazioni, un supporto saldo a cui aggrappare le nostre anime quando in momenti di pericolo tendono a vacillare.

Ora, le due rigettarono questo crimine non solo perché crudele e inumano, ma perché la religione pura e la pietà fiorivano nei loro cuori, dal momento che sapevano che la discendenza di Abramo era scelta da Dio, e avevano esse stesse sperimentato che era benedetta. Quindi fu per loro naturale percepire che sarebbe stato un atto di davvero grande empietà, l’estinguere in essa la grazia di Dio.ex01_18.jpg

Dobbiamo pure osservare l’antitesi tra il timore di Dio e la paura della punizione, che avrebbe potuto dissuaderle dall’operare rettamente. Nonostante i tiranni non mandino giù facilmente che si disattendano i loro ordini – e già si prospettava la morte per le due – esse persistettero nel tenere le loro mani pure dal male. Allora, sostenute e supportate da un reverenziale timore di Dio, esse disprezzarono audacemente l’ordine e le minacce del Faraone. Viceversa, quelli che per il timore degli uomini deragliano dalla retta via tradiscono con la loro codardia un inescusabile disprezzo di Dio, preferendo il favore degli uomini al di Lui solenne comandamento.

Ma questo ragionamento si può estendere ancora più in là, poiché molti sembrerebbero voler essere scioccamente prudenti, dal momento che col pretesto del debito ossequio all’autorità obbediscono alla volontà traviata dei re quando essa si oppone alla giustizia e al diritto, diventando in alcuni casi ministri di avarizia e rapacità, in altri di crudeltà. Sì, per gratificare i transitorî re della terra essi non si curano di Dio; e allora – cosa peggiore di tutte – essi pervengono a mettere a ferro e fuoco la religione pura.

Quello che rende ancora più detestabile la loro sfrontatezza è che mentre essi scientemente e volitivamente crocifiggono Cristo nelle sue membra, accampano la frivola scusa che starebbero obbedendo ai loro capi secondo quanto comanda la Parola di Dio. Come se Egli, disponendo i poteri mondani, avesse rassegnato loro i Suoi proprî diritti; e come se un qualsivoglia potere terreno che si erge contro il Cielo non dovesse, al contrario, essere giustamente sovvertito. Ma poiché essi cercano soltanto di fuggire la riprovazione degli uomini per perseguire la propria obbedienza criminale, non vale la pena confutarli con lunghe discussioni e basterà invece riferirli al giudizio muliebre. L’esempio delle ostetriche, infatti, basta e avanza a condannarli; specialmente quando lo stesso Spirito Santo chiosa chiaramente che esse non hanno obbedito al re perché temevano Dio.

18. E il re di Egitto mandò a chiamare le ostetriche

Non è che fosse tornato a più miti consigli per via di equità o di misericordia, ma perché non osava esporre apertamente il piano di scannare i malcapitati e inermi bimbi mentre nascevano – una tale atrocità avrebbe potuto aizzargli contro la folla inferocita degli Israeliti in cerca di vendetta –: solo per questo il Faraone mandò a chiamare le ostetriche in segreto, e chiese loro perché non avessero eseguito i suoi ordini omicidi.ex01_19 Non ho alcun dubbio, comunque: in lui la paura della ribellione doveva prevalere sulla vergogna.

Nella risposta delle ostetriche bisogna osservare due peccati, poiché le due non confessarono la propria pietà con la debita semplicità e franchezza e – ciò che è peggio – si trassero d’impaccio con la menzogna. La storia fantasiosa che i rabbini inventarono per coprire la loro colpa dev’essere rigettata – essi dicono infatti che davvero le ostetriche non arrivassero in tempo dalle donne ebree perché le avevano avvertite dei disegni di morte del Faraone, e che quindi davvero non erano presenti quando quelle partorivano. Si può inventare una scusa più imbolsita, quando lo stesso Mosè annota che le due si macchiarono di falsità? Alcuni dicono che questo tipo di menzogna – detta “bugia bianca” o “bugia a fin di bene” – non sia da condannare: il loro presupposto è che non ci sia colpa quando l’inganno non è messo in atto per fare il male. Io mi attengo a questo: tutto ciò che si oppone alla natura di Dio è peccaminoso. Su questa base, ogni dissimulazione – sia in parole sia in atti – è da condannare, e ne discuterò più ampiamente commentando la Legge, se Dio me ne concederà il tempo.

Ecco perché entrambi i punti debbono essere ammessi: le due donne mentirono e, poiché la menzogna dispiace a Dio, esse peccarono. Anche nel soppesare la condotta dei santi dobbiamo essere interpreti giusti e umani; quindi bisogna evitare quello zelo superstizioso che porta a coprire le loro colpe, ché sennò ci troveremmo molte volte a cozzare direttamente contro l’autorità della Scrittura. E davvero, quando un uomo di fede scivola nel peccato l’ultima cosa che desidera è di esserne tirato fuori con faziose apologie, perché la giustificazione dell’uomo di fede consiste in una semplice e libera richiesta di perdono per il suo peccato. E non c’è alcuna contraddizione, con questo, nel fatto che le due vengono lodate per il loro timore di Dio e che Dio risulta averle beneficate: perché nella sua paterna indulgenza per i proprî figli egli comunque tiene in considerazione le loro opere buone come se fossero pure – per quanto possano essere state inficiate da una certa infiltrazione di impurità.

In realtà, nessuna azione è tanto perfetta da essere assolutamente scevra da una qualche macchia; per quanto ciò possa essere più evidente in alcuni che in altri. Rachele fu mossa dalla fede a trasferire il diritto di primogenitura al figlio Giacobbe; un desiderio senza dubbio pio, in sé stesso, e un’intenzione degna di lode – era l’ansia di collaborare all’adempimento della promessa divina; ma certamente non possiamo lodare l’inganno e la frode con cui l’intera azione sarebbe stata viziata – se non si fosse interposta la misericordiosa grazia di Dio. La Scrittura è piena di fatti simili, che mostrano come le azioni più eccellenti siano talvolta parzialmente macchiate da peccato.

Ma noi non dobbiamo stupirci che, nella sua misericordia, Dio perdoni questi difetti – i quali altrimenti squalificherebbero quasi ogni atto virtuoso – e che Egli onori con ricompense opere che certo non sono degne né di lode né di favore. Quindi, poiché queste due donne furono troppo pusillanimi e timide nel loro rispondere – ma in realtà poiché avevano agito con magnanimità e coraggio – Dio sopportò in loro il peccato che avrebbe avuto ragione di condannare. Un simile insegnamento ci dona alacrità nel nostro desiderio di vivere rettamente, visto che Dio perdona tanto graziosamente le nostre infermità; e, allo stesso tempo, Egli ci esorta a vigilare, perché mentre siamo pieni di desiderio di fare il bene qualche peccato potrebbe insinuarsi nell’ombra e giungere a contaminare le nostre opere buone – come si vede non accade raramente che quanti sono animati da buone intenzioni poi si perdano o sbandino sulla strada per portarle a segno. E in ultimo, chiunque si sia esaminato onestamente avrà trovato qualche difetto anche nei proprî migliori atti e comportamenti.

Ma soprattutto, lasciamo che le ricompense di Dio ci incoraggino nella confidenza di conseguire buon fine, altrimenti dovremo venir meno per via delle insidie di cui è disseminata la via della fedeltà ai nostri doveri. E così nessun pericolo potrà mai allarmarci, se terremo questo pensiero profondamente infisso nei nostri cuori: qualunque opacità di volere possa inquinare le nostre opere buone in questo mondo, comunque Dio ci aspetta in Cielo per ricompensarle.

21. Egli fece loro delle case

Decisamente non è mia opinione che questo passaggio debba essere spiegato come se si riferisse alle donne, e sono sorpreso che un così gran numero di interpreti si sia sbagliato tanto grossolanamente e su un punto così importante. Tutti concordano sul fatto che il pronome sia maschile, e quindi – conformandosi all’uso comune – dovrebbe riferirsi a soggetti grammaticalmente maschili; poiché però le due lettere ו e י sono talvolta usate in modo intercambiabile, in molti hanno supposto che le due chiuse del versetto dovessero essere connesse, e che entrambe si riferissero alle donne. Ma non c’è affatto bisogno di una simile congettura, la frase scorre benissimo così:

Il popolo si moltiplicava e cresceva molto in forza, e poiché le ostetriche temettero Dio avvenne che Egli facesse loro delle case.

Loro, vale a dire agli Israeliti; vuole semplicemente dire che, a causa della pietà di queste donne, essi ottennero un’impennata demografica. E poiché qualcuno aveva ritenuto che non si potesse cavare un’interpretazione adeguata da quel falso presupposto esegetico, in diversi hanno immaginato che – per ispirazione divina – il popolo abbia costruito per le due delle case ben fortificate dove potessero starsene sicure resistendo all’attacco dei loro nemici. Niente può essere più puerile di una simile trovata.

Ma per non romperci inutilmente la testa su questo passo, che decisamente non presenta difficoltà di sorta, vediamo che cosa intendano gli ebrei con l’espressione “fare case”. Quando Dio promise [1 Sam 2,35] che avrebbe costruito per Samuele “una casa sicura”, non c’è dubbio che si riferisse a un sacerdozio stabile. Ancora, quando dichiarò [2 Sam 7, 27] che avrebbe costruito una casa per Davide; e quando poco dopo [v. 27] leggiamo, nella preghiera di Davide

Ti sei rivelato al tuo servo dicendo: «Ti costruirò una casa»

bisogna chiaramente intendere la dignità regale. Lo si capisce anche dalla formula usata da Abigail: era un comune modo di esprimersi. Lo si vede laddove la donna dice [1 Sam 25,28]

Certamente il Signore farà per il mio signore una casa sicura.

Ora, è decisamente insolito che una donna possa essere ed essere detta “capofamiglia”. E da questo si vede che stiamo tirando le parole per i capelli, se vogliamo intendere che Dio avrebbe costruito due case per le ostetriche; lo si applicherà molto più sensatamente all’intero popolo, che è stato moltiplicato da Dio perché pervenga alla propria piena altezza, come una costruzione compiuta.

La conclusione è che gli Israeliti dovettero agli atti di due donne non solo il fatto di essere sopravvissuti e di venire preservati, ma anche il proprio accrescersi enormemente, così che quindi la gloria di Dio potesse risplendere con fulgore ancora più grande – poiché Egli preservò tanto mirabilmente il proprio popolo, già prossimo all’estinzione, con tali deboli strumenti. Mosè, però, ha scritto la parola “case” al plurale proprio perché il popolo viene su dall’incremento demografico di distinte famiglie.

22. E il Faraone ordinò

Se non fosse stato trascinato nella cecità dall’ira e dalla violenza, egli avrebbe visto che la mano del Signore era contro di lui; ma quando i reprobi vengono portati alla pazzia da Dio, essi perseverano ostinatamente nei loro crimini; e non solo, ma come quelli in preda alla frenesia o alla possessione diabolica, essi si schiantano con folle temerarietà contro ogni ostacolo.ex01_22

Si dà invero frequentemente il caso che la crudeltà, quando assaggia una volta il sangue innocente, ne diventa vieppiù assetata; anzi, di solito gli uomini scellerati diventano sempre più sfrenati nel crimine, come se la loro storia li incitasse ad accelerare nel male, così che la loro iniquità non ha più fine né misura. Ma qui, in questo punto estremo e disperato della loro rabbia, dobbiamo riconoscere la vendetta di Dio, poiché Egli abbandona il tiranno perché il diavolo lo distrugga, mentre ricordiamo pure che il Suo disegno è volto a provare la pazienza del Suo popolo e a manifestare la propria bontà e il proprio potere.

Il tiranno, trovando che i suoi laccî e i suoi agguati non hanno prodotto alcunché, ora si libera dalla paura e ricorre all’aperta violenza, ordinando che i piccoli vengano strappati dai seni delle loro madri e vengano gettati nel fiume. Per non ritrovarsi a corto di esecutori, dà l’ordine a tutti gli Egiziani, che egli sapeva essere più che pronti a un simile compito. Risparmia le femmine perché, ridotte in schiavitù e assoggettate agli Egiziani, possano produrre altri schiavi per i loro padroni – tanto neanche possono conservare le discendenze e i nomi dei casati.

E qui potrebbe essere il caso di meditare su un’analogia coi nostri tempi. L’anticristo, con tutti i suoi agenti omicidi, lascia in pace quelli che col loro infido silenzio negano Cristo e sono pronti ad abbracciare, dagli schiavi che sono, ogni tipo di empietà; neppure vuole necessariamente esercitare la propria crudeltà – per quanto essa sia insaziabile – dove vede che manca la virilità. Ed egli esulta e trionfa, come se avesse conseguito il proprio fine, quando percepisce che qualcuno un tempo coraggioso e fermo nel professare la propria fede sia caduto nell’effeminatezza e nella codardia. Ma quanto sarebbe meglio, per noi, morire cento e cento volte, e nella morte conservare la nostra maschia fermezza, piuttosto che salvarci la pelle sottomettendoci al vile servizio del diavolo.

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Informazioni su Giovanni Marcotullio 297 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

4 commenti

  1. La riflessione apre ampi scenari di ulteriore riflessione. Non esauribili qui. La differenza del primo protestantesimo da ciò che sarebbe divenuto immediatamente dopo. La mancanza comunque in Calvino di quell’equilibrio presente in Tommaso e Bonaventura nel ragionare e nel cogliere il valore della “natura”. La sola scrittura divenuta già vincolo interpretativo del reale senza l’apporto di quello che noi chiamiamo magistero a tutto tondo, petrino e dei santi. L’epilogo di queste prospettive ermeneutiche ha portato i protestanti a ricercare un “altro papato” che non fosse il papato. Una garanzia di unità, lettura, attualizzazione che diventa poi circuitata. In Germania, almeno nei primi tempi, la questio è stata risolta con Bach. La musica ha fatto per loro quello che il papato ha fatto a Roma. In Inghilterra, specie dopo Enrico VIII il “centro di gravità” è stato altro. Volutamente altro. Via, via da Roma! E si è radicalizzato quel principio, ora sì, becero medievale, della Suprema Corte, del Law, del potere assoluto in terra che sfocerà anche nella Massoneria Inglese. Questo vale più dell’apporto giusnaturalista di cui è impregnato il nostro mondo, più latino e, oserei dire, più cristiano. Occorre dunque, a mio avviso, leggere questa piccola conquista per Charlie e la sua famiglia alla luce di queste categorie. Tu lo accenni “Questa cosa forse gli inglesi non la capiscono – sarà l’umidità della Manica, vallo a sapere. Comunque Pio XII fu fermo e risoluto nel prestarsi alla misura estrema che poteva salvare molti popoli con la morte di un tiranno; lo Stato che ieri non volle salvare quei popoli oggi non vuole rispettare il primato educativo-pedagogico di due genitori, e con ciò sembra voler nuocere alla civiltà di tutti i nostri popoli.” Pur di non ammettere che sono in cortocircuito sui fondamenta faranno di tutto. Ed il nemico utilizzerà questa loro ribellione nascosta per portare avanti disegni nichilisti. Però Gesù ha vinto il mondo e, già fin d’ora, ha svelato i pensieri di molti cuori. Oltre manica e qui. E dove la luce della Verità penetra apre una falla al Bene ben più grande delle rumorose tenebre della disperazione nichilista. Ma non senza sacrificio della Lode, carnale, dell’anima, mentale. Chiediamo il dono della perseveranza e dell’amore vero. Cioè quello della Sapienza.

  2. Faccio notare che Calvino, come del resto molti altri moralisti, anche cattolici, non considera un principio fondamentale: la verità si deve dire a chi ha il diritto di saperla. Ora vi sono casi in cui, per diverse ragioni, qualcuno perda, o non abbia, il diritto di conoscere la verità. Esempi: 1. un ladro che chiede dove sono i soldi 2. un bambino che chiede spiegazioni su cose non adatte alla sua età 3. un malato che potrebbe essere danneggiato dal conoscere il. suo vero stato di salute. Sono casi in cui una persona, per sua colpa o senza sua colpa, non ha diritto di coboscere la verità. Come comportarsi in quei casi? Secondo un’opinione diffusa bisognerebbe, allora, ricorrere alla cosiddetta “restrictio mentalis”. Ma Newman – che affronta esplicitamente questo problema nell’appendice alla sua Apologia – osserva che, se decido che l’altra persona non ha il diritto di conoscere la verità, allora è inutiche che metta in mezzo una “restrictio mentalis”, sapendo bene che l’altro capirà erroneamente la mia affermazione ambigua. Tanto vale, in tal caso, che dica una falsità senza mezzi termini. “Dov’è quel tale, che gli devo fare la pelle?!” “Non è qui! È partito!” – invece è nella stanza accanto. Non è realmente una menzaogna, sebbene l’affermazione sia falsa, perché l’assassino non ha alcun diritto di sapere dov’è la sua vittima, né di sapere che non gli si vuole dire.

  3. E c’è anche un’altra ragione per non cantare vittoria. Ve lo immaginate lo scorno, la figuraccia, la pubblicità negativa per il GOSH, se per avventura in un’altro ospedale (un ospedale Eyetie, per di più), l’incurabile scarto trovasse qualcuno che riesce a dargli quella possibilità che l’ospedalone londinese esclude a priori da tempo ?
    Peccherò di poca misericordia ma c’è veramente da temere il peggio, il peggio più fosco…
    Quindi suggerirei di continuare con tutte le armi di Gesù, e di chiedere l’intercessione di quanti più santi si possa. E in particolare san Giorgio, sant’Andrea, san David e san Patrizio, con tutti gli inglesi, più san Nicola e san Francesco se è vero che il giudice di lunedì si chiama Nicholas Francis.

Di’ cosa ne pensi