di Giovanni Marcotullio
Mi dicono che per via del mio post sui santi Carlo Lwanga e compagni sarei stato bersagliato da un portale omosessualista di nome “gayburg”. Ne prendo atto, ed ecco il mio cruccio, presto detto: non vorrei dare l’impressione di rispondere a gente che si mostra dislessica (e/o disgrafica) perfino sul mio cognome… se alla terza parola del post hanno avuto evidenti difficoltà, che avranno mai capito del resto?
Niente, difatti. I signori di Borgo Gajo (di cui non posso a mia volta sbagliare la firma per il semplice fatto che non sembrano abituati a firmarsi…) millantano di conoscere le mie preoccupazioni, mentre evidentemente ignorano che le chiassose beghe dell’arcipelago omosessualista sono tra le cose che reputo in assoluto meno interessanti al mondo. Se ne scrivo (comunque il meno possibile) è perché serve.
Ribattere punto su punto è cosa che richiede troppa umiltà più di quanta io ne abbia: non solo perché evidentemente da nessuna parte nei miei testi si afferma che i re che abusavano delle proprie schiave fossero più lodevoli di quelli che abusavano dei proprî paggî (N.B.: i paggi di corte non sono schiavi); ma soprattutto perché le sgrammaticature degli abitanti di Borgo Gajo estromettono gli stessi da ogni contesto di confronto paritetico. Nessuno ha parlato de “l’unico problema della tirannia” – non era un trattato di politica, scusate – e i compagni di san Carlo Lwanga erano ben lungi dall’essere “solo” due (rimandati anche in matematica, questi…): temo che il problema non sia tanto di malafede, quanto proprio di difficoltà noetiche e dialettiche. Poverini. Quindi solo qualche osservazione:
- i Papi non celebrano l’eterosessualità: se lo facessero, sarebbero cretini come quelli che “celebrano l’omosessualità”; i Papi celebrano le virtù, teologali e cardinali, esercitate in grado eroico;
- il fascismo c’entra come i cavoli a merenda: il nero va bene su tutto, ok, ma l’anonimo illetterato di Borgo Gajo non ha idea di quanto abbia sbagliato, almeno con me, a tentare lo straw man argument;
- nessuno ha parlato di teorie riparative, e se l’ignoto gajo sgrammaticatore intendeva con ciò riferirsi agli amici di Courage, non posso in fondo stupirmi che il povero ignorante non sappia che Courage non promuove le c.d. “teorie riparative” (e il nome stesso non indica che “i gay vadano curati”, bensì – è l’opinione di Joseph Nicolosi – che lo sviluppo di una tendenza omosessuale sia la riparazione di un vuoto dell’evoluzione psico-affettiva). Già che ci sono, neppure Silvana De Mari è stata citata e non vedo a che titolo si debba metterla in mezzo: Silvana è una stimata professionista, oltre che una raffinata scrittrice, e mi onora della sua amicizia, ma chiunque può vedere che nel post (almeno in questo, perché altrove sì) non si parlava di lei;
- al nostro carissimo detrattore la dislessia deve invece aver impedito la lettura dell’aggiornamento dell’8 giugno (l’articolo di Borgo Gajo è dell’11…): lì si dava una lettura tutto sommato positiva delle risposte del gesuita James Martin a Paolo Rodari (non siamo mica ideologici, qui su Breviarium…). Non sarà inutile rimediare alle (incolpevoli, date le condizioni) omissioni del gajo borgataro, magari riportando le tre domande che ancora rilancio al nuovo consultore per le Comunicazioni della Santa Sede:
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Perché parla di “gay” come se questo termine non avesse la connotazione di pride che invece ha, salvo poi supporre implicitamente che la condizione di omosessualità venga vissuta come chiede il Catechismo (ossia in ogni caso senza alcun “orgoglio”)?
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Perché parla di “comunità LGBT”? Quali sono le note che la definiscono come tale? Come si struttura? Da cosa è riconoscibile? Ho degli amici di Courage che sottoscriverebbero il giudizio di Hocquenghem, in merito: lei dissente? Se sì, perché? Se no, di nuovo, perché parla di “comunità LGBT”?
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Posto che esista una qualche forma di omofobia, negli ambienti ecclesiastici (Pasolini diceva che da nessuna parte ce n’era così poca come nella Chiesa, e anche Vendola l’ha ripetuto più volte, ma vabbe’…), non pensa che questa possa essere collegata alle cordate omosessualiste che il Santo Padre non ha esitato a chiamare con lo specifico nome di “lobbies”?
- quanto alle parole del Santo Padre, mi credano i quattro gatti che bivaccano a Borgo Gajo (e dintorni): non saranno loro a spiegarmi che cosa intendeva qui o lì il Papa – Francesco o chicchessia –; e, se riporto parole non verificabili da terze fonti, questo non avviene perché i fatti non sussistano, bensì proprio perché le mie fonti non sono il raccogliticcio di qualche post letto male.
Ma no … parlano di un certo Giovanni Marco, di cognome Tullio, non sei tu.