Ho una debolezza particolare, per le cose che scrive Lia Celi: sarà che la leggo con ammirato piacere dai tempi di Clarence (cose che voi umani…) e che, come dice una mia amica, gli amori infantili non passano mai; sta di fatto che il suo tweet di stamane mi è rimasto sul pomo d’Adamo tutto il giorno.
#Ariana canta l'amore libero e lieve delle giovani donne di oggi. Quello che #Isis odia di piú #Manchester
— Lia Celi 🇪🇺🇮🇹 (@LiaCeli) May 23, 2017
Mi ha ricordato le scemenze all’indomani del Bataclan, con gli opinionisti di mezza Europa che rivendicavano il “diritto all’aperitivo”: ditemi che non è vero – perché non ci posso credere – che siamo in guerra per “l’amore libero e lieve delle giovani donne di oggi” (che poi in soldoni è come le cattosessantottine chiamano le sveltine). Volete dire che questi ci dilaniano con bombe chiodate perché anche loro vorrebbero tanto andare ai concerti di Ariana Grande ma la loro religione patriarcale e maschilista glie lo proibisce (salvo poi mandarli in spedizione imbottiti di viagra)? Occhio, ché nella storia la sottovalutazione del nemico non è mai stata preludio di grandi vittorie!
E mi verrebbe da ridere pure a leggere che l’Isis definisce “raggruppamento di crociati” un gruppo di teenager di Manchester nel 2017. Farebbe davvero sorridere, se non ci fosse invece da piangere. Mi hanno consolato le parole di monsignor Luigi Negri, che sfoga anche lui l’amarezza di chi legge in quel massacro lo sgretolamento di una civiltà, ma che piange nell’imbecillità del nostro mondo anche le vite di giovani non innocenti e non colpevoli:
Carissimi figli,
mi sento di chiamarvi così anche se non vi conosco. Ma nelle lunghe ore di insonnia che hanno seguito l’annuncio di questo terribile attentato, in cui molti di voi hanno perso la vita e molti sono rimasti feriti, vi ho sentiti legati a me in un modo speciale.Siete venuti al mondo, molte volte neanche desiderati, e nessuno vi ha dato delle «ragioni adeguate per vivere», come chiedeva il grande Bernanos alla generazione dei suoi adulti. Vi hanno messo nella società con due grandi princìpi: che potete fare quello che volete perché ogni vostro desiderio è un diritto; e l’importanza di avere il maggior numero di beni di consumo.
Siete cresciuti così, ritenendo ovvio che aveste tutto. E quando avevate qualche problema esistenziale – una volta si diceva così – e lo comunicavate ai vostri genitori, ai vostri adulti, c’era già pronta la seduta psicanalitica per risolvere questo problema. Si sono solo dimenticati di dirvi che c’è il Male. E il Male è una persona, non è una serie di forze o di energie. È una persona. Questa persona s’è acquattata lì durante il vostro concerto. E l’ala terribile della morte che porta con sé vi ha ghermito.
Figli miei, siete morti così, quasi senza ragioni come avevate vissuto. Non preoccupatevi, non vi hanno aiutato a vivere ma vi faranno un “ottimo” funerale in cui si esprimerà al massimo questa bolsa retorica laicista con tutte le autorità presenti – purtroppo anche quelle religiose – in piedi, silenziose. Naturalmente i vostri funerali saranno fatti all’aria aperta, anche per quelli che credono, perché ormai l’unico tempio è la natura.
Robespierre riderebbe perché neanche lui è arrivato a questa fantasia. Del resto nelle chiese non si fanno più funerali perché, come dice acutamente il cardinale Sarah, nelle chiese cattoliche ormai si celebrano i funerali di Dio. Non dimenticheranno di mettervi sui marciapiedi i vostri peluche, i ricordi della vostra infanzia, della vostra prima giovinezza. E poi tutto sarà archiviato nella retorica di chi non ha niente da dire di fronte alle tragedie perché non ha niente da dire di fronte alla vita.
Io spero che almeno qualcuno di questi guru – culturali, politici e religiosi – in questa situazione trattenga le parole e non ci investa con i soliti discorsi per dire che «non è una guerra di religione», che «la religione per sua natura è aperta al dialogo e alla comprensione». Ecco, io mi auguro che ci sia un momento silenzioso di rispetto. Innanzitutto per le vostre vite falciate dall’odio del demonio, ma anche per la verità. Perché gli adulti dovrebbero innanzitutto avere rispetto per la verità. Possono non servirla ma devono averne rispetto.
Io comunque, che sono un vecchio vescovo che crede ancora in Dio, in Cristo e nella Chiesa, celebrerò la messa per tutti voi il giorno del vostro funerale perché dall’altra parte – quali che siano state le vostre pratiche religiose – incontriate il volto carissimo della Madonna che, stringendovi nel suo abbraccio, vi consolerà di questa vita sprecata, non per colpa vostra ma per colpa dei vostri adulti.
Mi colpisce sempre come il nome di Abele, in ebraico, abbia le stesse radici della parola che in Eccl 1,2 designa la “vanità”: הבל significa “vapore” e “fumo”, per astrazione “spreco”. E se forse nessuno di quei ragazzi era innocente come Abele, di certo ogni volta che il gesto fratricida di Caino si riproduce, nella martoriata storia umana, Qoelet storce la bocca e sibila: «Spreco degli sprechi… è tutto uno spreco».
Questa volta vorrei davvero che la religione non c’entrasse niente: probabilmente Salman Abedi doveva avere un ideale religioso, perché nessuno va a morire a vent’anni per compiere il disegno politico di altri. «Nessuno tocchi Caino» (cf. Gen 4,15), certo, e preghiamo anche per lui – che il Signore della vita abbia misericordia del suo cieco furore e lo conservi “al sicuro” (questo vuol dire سلمان). Contro ogni ragione e contro ogni speranza. Per il solo riguardo del suo Nome santo (cf. Ez 36,22).
Le ragioni di Dio, però, non possono esimerci dalle nostre valutazioni, perché solo oggi ci siamo accorti che Salman era figlio di due libici “costretti” a espatriare dal regime di Gheddafi, ma per decenni noi siamo andati a braccetto con i suoi aguzzini (ci parevano… “pittoreschi”). Ora va’ a sapere cosa c’è nella testa di un ventenne che uccide e si fa uccidere, ma se siamo stati a guardare mentre una dittatura militare affamava e torturava un popolo a due passi da casa nostra; se poi abbiamo lasciato che famiglie di quel popolo lasciassero la loro terra e fuggissero nei nostri Paesi, dove abbiamo malcelato il fastidio che ci davano anche nel solo non parlare bene le nostre lingue; se di fatto li abbiamo ghettizzati urbanisticamente e culturalmente… forse ora non dobbiamo chiederci solo se davvero Salman credesse in Dio. Probabilmente avrebbe creduto in qualunque demonio gli avesse dato una buona scusa per trucidarci (figuriamoci il paradiso!): il fatto è che forse alla forgiatura di quell’idolo demoniaco – che degli invasati adorano e dei calcolatori usano (risultandone in realtà usati) – abbiamo cooperato anche noi. Quanto all’equa ripartizione delle responsabilità, poi… se il male fosse giusto non sarebbe quello che è. Invece «le colpe dei padri ricadono sui figli», come è noto, e per questo l’Inghilterra e l’Europa farebbero bene a piangere «su loro stesse [oltre che] sui loro figli», perché i tagliagole di oggi sono i fantasmi di ieri.
Quando si dice che «non è una guerra di religione» – Negri ricordava con stizza questo scialbo mantra del politically correct – ci si lusinga di star facendo un attestato di stima verso gli islamici, mentre in sostanza ci si sta chiamando fuori dall’accusa implicita di aver forgiato il dio sanguinario degli islamisti. E così l’Occidente al crepuscolo riverisce a parole tutte quelle religioni – “portatrici di pace”, le chiama – che nei fatti insulta e denigra ogni volta che collabora a un’ingiustizia o non la contrasta. Perché nelle Scritture giudaico-cristiane si legge:
Effetto della giustizia sarà la pace,
frutto del diritto una perenne sicurezza.(Is 32,17)
E nel cuore della nostra Europa scristianizzata, introducendo il proprio libro-intervista con monsignor Stefan Oster, il celebre giornalista Peter Seewald annota nel Vorwort:
La religione non è un valore in sé. Se ne dànno forme deviate, alcune delle quali potenzialmente letali.
Peter Seewald, Gott ohne Volk? 12
Ma questo non vuol dire (semplicemente) che alcune religioni – in realtà una sola – sarebbero vere, mentre altre – tutte le rimanenti – sarebbero false: chi a vario titolo collabora alla forgiatura di un idolo sanguinario non può mettersi a posto col dire di non avergli mai prestato culto, e anzi di praticare “la religione buona”:
Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo.
Gc 1,27
Inutile dire che chi non solo non soccorre gli orfani e le vedove, ma addirittura li rende tali o (che è lo stesso) non impedisce che altri li rendano tali, non pratica una “religione pura e senza macchia davanti a Dio”.
Per forza che poi – lo ricordava Negri – ai funerali stanno zitti. Anche gli ecclesiastici. E che devono dire? Però da una Lia Celi vorrei meno banalità, meno spensierata superficialità: Salman è morto anche lui e non merita che noi lo diciamo mandato al macello per le minigonne e per la pillola. Scriveva invece l’ex comunista Seewald:
Non abbiamo ancora preso coscienza di cosa perdiamo, se dissolviamo il cristianesimo – e con esso perdiamo la nostra memoria culturale, il punto di riferimento che un tempo significò ristoro e sicurezza e salvezza eterna? Forse non resta vero quello che sapeva bene Isaac Newton: «Chi ragiona solo a metà non crede in alcun Dio; chi invece ragiona bene e fino | in fondo viene necessariamente portato a credere in Dio»? Pare che nella sua vita avesse imparato – Newton! Uno degli scienziati più significativi della storia dell’umanità! – «due cose importanti: che io sono un grande peccatore; e che Cristo è un tanto più grande redentore». Come e quando è accaduto che la nostra fede ha preso a dissolversi nell’aria?
Peter Seewald, Gott ohne Volk? 9-10
Pasolini risponderebbe forse che, nella città,
[…] là Cristo non basta:
occorre la Chiesa. Ma che sia
moderna. E occorrono i poveri.Pier Paolo Pasolini, Saluto e augurio
E la Chiesa non è “moderna” se segue le mode, perché queste la porterebbero appunto a tacere al funerale dei ragazzi di Manchester. Seewald osserva:
Senza la riscoperta della spiritualità cristiana, in ogni caso, noi perdiamo non solo l’accesso alle esperienze fondamentali dell’umanità, cioè quelle irrinunciabili per una vita umana – senza le quali anche le scarse risorse della modernità che cammina nel vuoto perdono senso –; perdiamo pure l’accesso a un ordine affidabile e ad atti responsabili.
Peter Seewald, Gott ohne Volk? 11-12
Precisamente quello che vediamo in ognuno di questi attentati. E per quanto quelli siano barbarici e brutali non riescono mai a eguagliare in larghezza e profondità la piaga dell’Europa, che non sa più trovare le parole con cui medicare le anime.
Qualcosa s’è decisamente rotto: le stesse parole di monsignor Negri, che oggi salutiamo con un sospiro di sollievo, qualche decennio fa le diceva anche un cantautore non credente:
Quando la morte mi chiamerà,
nessuno al mondo si accorgerà
che un uomo è morto senza parlare,
senza sapere la verità:
che un uomo è morto senza pregare,
fuggendo il peso della pietà.Fabrizio De André, Il testamento
Grazie
Sprecata è la vita del cristiano piagato dall’orgoglio spirituale (il più grave dei peccati!) che definisce “sprecata” la vita di quelli che non sono come lui. “Grazie Signore per non avermi fatto come queste pubblicane scostumate che sprecano la loro vita nei concerti di Ariana Grande”. Sprecata è la vita del maschio che addossa alle donne libere la colpa della decadenza della civiltà occidentale (implicitamente giustificando i kamikaze), così come Adamo addossò ad Eva la colpa del suo peccato: “La donna che tu mi hai dato….”.
Giovanna, vedo che questa storia del “giustificare i terroristi” continua a frullarti in testa… a me pare che nulla nei testi giustifichi questa lettura (che difatti sei solita applicare ad altre problematiche formulate in altro modo). Quanto al conflitto maschile-femminile, proprio non vedo cosa c’entri. Sentirei aria di regolamento di conti infra-ciellino, se non ci fosse quella apologia delle “donne libere” a farmi sospendere il giudizio…