Pare che il paradossale apologeta inglese non l’abbia mai scritta, questa cosa, ma certamente è innegabile il suo sapore chestertoniano: «Quando la gente smette di credere in Dio non è vero che non crede più a niente: anzi, comincia a credere a tutto». Mi torna in mente ogni volta che vedo qualcuno levarsi dal collo “il giogo della fede” e caricarsi quello delle superstizioni… ma anche quello delle dicerie, dei complottismi, delle “fake news”.
Ci penso una volta di più leggendo Antico e Nuovo testamento, libri senza Dio, di Mauro Biglino. Nelle intenzioni dell’autore, questo libro dovrebbe replicare ad alcune delle obiezioni fondamentali mosse ai suoi lavori precedenti da alcuni lettori critici. Recentemente, la Uno Editori ha raccolto questo titolo con i due precedenti, del medesimo autore, ed ha accorpato il tutto con un capitolo inedito. Evidentemente autore ed editore guardano a questi scritti considerandoli in qualche modo un punto d’arrivo, un traguardo di compiutezza.
Meglio così: se non altro sappiamo che leggendo queste pagine attingiamo a uno stadio tendenzialmente stabile della loro proposta. Per quanto nell’introduzione all’ultimo volume della trilogia, appunto, si legga:
Questo nuovo libro è come un fiume, una corrente il cui flusso scorre con i pensieri che si richiamano gli uni con gli altri senza suddivisioni didascaliche.
(p. 12)
A dire il vero, una suddivisione mi sembra ravvisabile fin dall’indice: i capitoli 1-4 si concentrano sulla questione del termine “אֱלוֹהִים” [“Elohîm”]; i capitoli 5-6 entrano nel Nuovo Testamento e discutono le narrazioni sulla figura di Gesù; mentre gli ultimi capitoli (7-9) ambiscono a tirare le somme di tutte le considerazioni precedenti, appurando una buona volta se «quello che ci è stato detto sulla Bibbia è falso» o no. Chiaramente Biglino ritiene di sì, cioè che grossomodo tutte le credenze accumulate e trasmesse nei secoli mediante e riguardo ai testi biblici siano nient’altro che un sistema di controllo e di dominio delle coscienze. Invenzioni «costruite a tavolino – recita il sottotitolo del libro – per mantenere il potere».
Non una tesi inedita, a ben pensare: da Marx in qua, una siffatta critica è stata rivolta a ogni religione, e in particolare al cristianesimo. Anche il bersaglio di Biglino, si parva licet…, è in prima e fondamentale istanza la tradizione cristiana (e cattolica in specie), ma ciò comporta infine un attacco a ogni credenza religiosa. Neppure Marx aveva inventato qualcosa di eccezionale, a dirla tutta: almeno da Cicerone in qua si ammette che nell’età classica le liturgie romane fossero meri instrumenta regni (strumenti di governo), e che nessuno dei ceti alti credesse davvero alle divinità. A chi non conosca le tesi di Biglino sembrerà forse strano, ma in effetti l’accostamento alla testimonianza ciceroniana parrebbe portare acqua al suo mulino, poiché è convinzione dell’autore che il “dio unico” di Israele altro non sia che uno dei tanti “dèi” discesi dal cielo chissà come e chissà quando, che le religioni tutte siano in sostanza un inganno ordito dagli alieni per assoggettare gli uomini e che vi sia sempre stato qualcuno “messo a parte” del segreto – qualcuno che avrebbe tratto maggior frutto dalle mistificazioni religiose – e Cicerone sarebbe un candidato meraviglioso da portare a supporto di questa tesi. Anzi, strano che non se ne trovi traccia, nelle pagine di Biglino…
Ma forse il lettore ignaro dell’opera di Biglino sta rimanendo disorientato dall’eterogeneità degli argomenti chiamati in causa: filologia semitica, archeologia, letteratura classica, ufologia… No, non mi sono sbagliato: c’è davvero tutto questo nelle sue singolari tesi.
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