di Theresia Benedicta a Cruce (Edith Stein)
In questa lunga fantasmagoria d’immagini ci è stata squadernata davanti agli occhi tutta la strada percorsa dall’anima. Contemporaneamente ci è stata anche offerta la possibilità di gettare uno sguardo nei misteriosi disegni di Dio, che fin dagli albori della creazione hanno progettato e tracciato questa via. Constatiamo ora come il segreto cammino dell’anima non sia che un intreccio ordito con i misteri della fede. L’anima è stata predestinata sin dall’eternità a essere sposa del Figlio di Dio, partecipando alla vita trinitaria della divinità. È stato appunto per sposare la sua creatura che il Verbo Eterno si è rivestito della natura umana: Dio e l’anima dovevano essere due in una sola carne.
Siccome però la carne dell’uomo peccatore è in stato di rivolta contro lo spirito, ogni vita carnale è intessuta di lotta e dolore. Ciò è valido per il Figlio dell’Uomo più che per ogni altro uomo; e lo è in misura ancor maggiore per tutti gli altri quanto più strettamente essi sono uniti a Lui. Gesù Cristo attira a sé l’anima, offrendosi di sostituire la sua vita a quella di lei nella battaglia contro i di lei nemici, che sono poi anche i suoi. Egli sbaraglia e ricaccia Satana nonché tutti gli spiriti malvagi ovunque li incontri personalmente, sottraendo così le anime alla loro tirannia. Mette spietatamente a nudo la cattiveria umana, che gli si fa incontro cieca, camuffata e ostinata. A tutti coloro che invece riconoscono la propria colpevolezza, confessandola umilmente e implorandone volenterosamente la liberazione, Egli tende la mano; esige tuttavia in cambio che essi lo seguano incondizionatamente, rinunciando a tutto quanto nella loro esistenza è in contrasto col suo spirito.
Così facendo, Egli provoca evidentemente l’ira dell’inferno, l’odio della cattiveria e della piccineria umana, al punto che uomini e demoni si scatenano contro di lui preparandogli la morte in croce.
In quest’ora tragica, oppresso da inenarrabili tormenti nell’anima e nel corpo, soprattutto durante la terribile notte dell’abbandono da parte di Dio, Egli paga alla Giustizia divina il prezzo dell’ammasso di peccati accumulati da tutti i tempi. Apre così le chiuse di deflusso alla misericordia del Padre in favore di tutti coloro che hanno il coraggio di abbracciare la Croce e la Vittima su di essa immolata.
Su di essi riversa la sua luce e la sua vita, ma perché queste distruggano irresistibilmente tutto ciò che ostacola la sua marcia: ecco la ragione per cui da principio le anime provano la sensazione di notte e di morte. Siamo alla notte oscura della contemplazione, della crocifissione inflitta all’uomo vecchio. La notte è tanto più oscura, la morte tanto più crudele, quanto più potente è l’assedio amoroso che si stringe attorno all’anima, quanto meno renitente essa si dimostra a cedere. Il successivo sgretolamento della natura apre sempre maggiore spazio alla luce soprannaturale e alla vita divina. Quest’ultima s’impadronisce delle energie naturali, trasformandole in energie divinizzate e spiritualizzate.
Così ha luogo nella persona del cristiano una nuova incarnazione di Cristo, che equivale ad una resurrezione dalla morte di croce. L’uomo nuovo porta anche lui nel suo corpo le stimmate di Gesù. Sono un ricordo della miseria del peccato da cui egli è sorto a nuova vita, ma anche del caro prezzo con cui questa è stata pagata.
Gli resta inoltre la dolorosa nostalgia della vita completa e piena, che perdurerà in lui fino a quando non potrà entrare – passando attraverso la porta della effettiva morte corporale – nella luce sfavillante senza più ombre.
Concludendo: l’unione nuziale dell’anima con Dio – fine per cui essa fu creata – è stata acquistata mediante la croce, consumata sulla croce e sigillata con la croce per tutta l’eternità.
(da Scientia Crucis, Roma 1982, 289-290)
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