di Roberto Graziotto
Lipsia. Nel terzo numero di Tichys Einblick, una nuova rivista tedesca, uscita all’inizio di quest’anno, in cui si parla di politica, economia e cultura, un famoso giornalista tedesco, Matthias Matussek, presenta una sua ricerca interessante su un movimento politico di “destra” intitolando il suo articolo: “Eine Reise zu den Identitären” [lett: “Un viaggio tra gli identitarî”].
Nell’articolo si sottolinea più volte che questo movimento politico e culturale, gli “Identitäre”, non vuole aver nulla a che fare con gruppi nazisti. La tesi dell’articolo è del tutto chiara: a sinistra regna la noia, posizioni critiche oggi si trovano solamente a destra. Con Theodor W. Adorno, Max Horkheimer ed Ernst Bloch sarebbe finita la sinistra davvero critica; dopo questi grandi filosofi non vi sarebbe più un suo sviluppo critico, ma semplicemente un adeguamento al politically correct.
Il viaggio porta Matussek a Vienna da Martin Lichtmesz, che ha scritto un libro dal titolo heideggerriano: “Può salvarci solo un Dio?”. Questo pensatore solitario, che come Péguy ha fatto un pellegrinaggio a piedi da Parigi a Chartres, viene identificato dagli “Identitäre” come il filosofo del gruppo, sebbene egli stesso non ne faccia parte. A Vienna Matussek incontra anche il numero uno austriaco del movimento, Martin Sellner. La posizione di quest’ultimo viene riassunta con un’affermazione del 2003 della cancelliera tedesca Angela Merkel, che riteneva, allora, “un passo falso” la non regolazione del flusso dei profughi nel proprio stato: «Per questo noi continuiamo ad esigere una regolazione ed una limitazione del flusso migratorio» (Angela Merkel).
Da questa tesi si capisce come il motivo principale del movimento degli “Identitäre” è la lotta contro quella che definiscono un’islamizzazione della nostra società e cultura. Il circolo bavarese del movimento è guidato da Sebastian Zellinger, che spiega la sua posizione con il concetto di “patria” [Heimat]: la parola con cui si conclude la trilogia del filosofo “eretico” marxista Ernst Bloch (1885-1977), “il principio speranza”.
Bloch, che riteneva il convertito cattolico Gilbert K. Chesterton uno degli uomini più intelligenti del suo tempo, forse oggi dimenticato, è stato tra i filosofi più significativi della sinistra utopica europea. La posizione di Zellinger, e in genere di questo movimento di destra, è simile a quella dei primi romantici: una posizione di critica sociale, di lotta contro la modernità e contro i suoi utili idioti. Una posizione che non ha problemi ad incrociare alcuni temi della sinistra critica europea del ventesimo secolo, che sarebbe morta con Ernst Bloch alla fina degli anni settanta. L’azione più spettacolare degli “Identitäre” è opera del circolo berlinese, guidato dall’architetto Robert Timm che con alcuni amici, nell’agosto del 2016, ha appeso un’insegna sulla parte superiore della porta di Brandeburgo a Berlino, recante la scritta “confini sicuri – futuro sicuro”.
Nell’ultima tappa del suo viaggio, Matussek incontra anche un convertito al cattolicesimo, come Chesterton, nella Foresta Nera; un altro filosofo solitario, che mostra una certa simpatia per la ricerca del giornalista tedesco, ma che si sente e si dichiara apertamente un singolo, anche come filosofo. Il suo nome è Rüdiger Safranski: «Come singolo si presenta Lutero al cospetto di Dio; come singolo Montaigne si ritira nella sua torre al tempo della guerra civile francese». Come singolo anch’egli si esprime contro quella che chiama l’isteria “anti-destra”.
Come dicevo, l’articolo di Matussek si trova in Tichys Einblick, la nuova rivista del giornalista Roland Tichy, che era stato uno dei collaboratori di Helmuth Kohl ed è stato giornalista di famose testate tedesche. Nell’editoriale dello stesso numero, Tichy afferma che c’è anche una isteria “anti-Trump”. Il naufragato decreto che voleva vietare, per un certo periodo di tempo, l’entrata negli USA di mussulmani appartenenti a sette paesi islamici, non potrebbe essere interpretato come loro “discriminazione”. Una tale operazione giornalistica sarebbe un produrre “fake news”. Dopo aver studiato attentamente un’intervista del 2014 di uno dei più importanti collaboratori di Trump, Steve Bannon (che considera praticamente tutto l’Islam come il nostro nemico numero uno), mi permetto di non essere d’accordo con Tichy. Il fatto che adesso Bannon, per un contrasto di potere nel team del presidente americano, sia stato espulso dal presidente stesso dal consiglio di sicurezza degli USA non cambia nulla per quanto riguarda l’analisi del pericolo che sarebbe l’Islam (Bannon ha creduto di trovare in Putin un alleato per combattere il nemico; questa alleanza è stata posta in secondo piano in forza dell’attacco alla base siriana di pochi giorni fa e in forza dell’espulsione di Bannon).
Lo stesso Bannon parla di “fascismo islamico”, cui dobbiamo fare la guerra nel modo più energico (così pensa anche ora Trump) se non vogliamo che si ripetano tragedie come al mercatino di Natale a Berlino o l’atto terroristico al Bataclan a Parigi, che ha fatto nascere in Robert Timm il bisogno di partecipare al movimento degli “Identitäre”. Tragedie queste che Steve Bannon aveva previsto già nel 2014. Il consigliere di Trump ritiene che solo un pensiero giudaico-cristiano sia in grado di contrastare la minaccia globale attuale. Nell’intervista non spiega in modo teorico che cosa intenda con “pensiero giudaico cristiano”: si tratta comunque di una forma di capitalismo che, prima di essere minacciato al suo interno dal capitalismo liberale alla Wall Street, ha procurato tantissima ricchezza all’Occidente.
Il movimento giovanile presentato da Matussek, pur con le sue note da “primo romanticismo” (Novalis), intende la difesa dei confini come tentativo di difendere il progetto dell’illuminismo: il progetto della libertà. Libertà come libertà di opinione, di scegliere il partner, delle proprie convinzioni religiose. Questo progetto verrebbe ora messo in questione da un flusso migratorio di «circa un milione di mussulmani antisemiti, che odiano l’illuminismo e che sono in parte analfabeti» (Matussek). Questa frase ultra polemica non corrisponde alla figura di Aischa, che altrove ho presentato al pubblico italiano: una giovane mussulmana siriana, che nella nostra scuola è una delle studentesse più brave e che ha partecipato al nostro Servizio della Parola a Natale (si tratta di una funzione religiosa limitata all’annuncio della Parola, senza Eucaristia). Non corrisponde ad un altro mio studente, Ali, che è venuto a piedi dall’Afghanistan e che mi ha raccontato che i Taliban che ha conosciuto lui in Afghanistan non parlavano afghano e che non si comportavano come mussulmani perché questi non uccidano i loro fratelli mussulmani o persone innocenti.
Lo dico non per negare che vi siano problemi con alcuni mussulmani: un medico di Zeitz, Jörn Röhler, mi ha più volte raccontato di difficoltà con i profughi che ci sono nella clinica in cui lavora. Vorrei precisare però che la frase di Matussek, nella sua unilateralità, è discriminatoria, appena temperata da un “forse” iniziale. La parte più debole dell’articolo è comunque il suo giudizio culturale che conosce solo destra e sinistra: non conosce quel “centro” culturale da cui nasce il giudizio di Benedetto XVI, riportato tra l’altro in una recente intervista spagnola fatta a don Julián Carrón: «La ricerca di una rassicurante certezza, che potesse rimanere incontestata al di là di tutte le differenze, è fallita». Il sacerdote spagnolo afferma nella stessa intervista con ragione: «A mio parere siamo alla fine di un mondo nato con l’Illuminismo». La proposta di don Carrón è quella della “bellezza disarmata” o per usare un termine di Benedetto XVI, che Papa Francesco, ripete spesso, dell’“attrattiva Gesù”.
Il terrorismo ci fa paura perché rivela il nostro vuoto. Il problema non sono i profughi – questo è a volte un problema logistico e di politica interna da risolvere – siamo noi il problema. Guardando qualche settimana fa una foto della Faz, in cui si vedeva la gioia di quei 500 migranti a cui è riuscito di superare l’ostacolo di un muro di sei metri nell’enclave spagnola Ceuta nel nord dell’Africa, ho dovuto immediatamente pensare che saranno delusi dall’incontro con noi europei.
Detto ciò mi preme sottolineare che vi sono segni di speranza anche in Europa. Come per esempio il movimento europeista, libero da scelte partitiche, che con successo sta lottando in diverse città europee, per quel valore di fatto che è l’Europa da settanta anni: Pulse of Europe. Questo movimento ha un obiettivo ambizioso: «Radunare in Europa il maggior numero possibile di persone che sostengono l’Europa, per a contribuire a supportare le forze pro-Europa, così che queste possano prevalere anche dopo le elezioni (di questo anno, in diversi paesi). In questo modo possiamo congiungerci in una catena umana attraverso l’Europa, che congiunga i Paesi tra di loro».
Pulse of Europe vede come pericolo
la radicalizzazione della vita politica in minaccioso aumento. Dopo il voto del Brexit e l’elezione di Trump, tuttavia, non possiamo permetterci di rimanere paralizzati dallo shock. Ci saranno elezioni presidenziali nei Paesi Bassi il 15 marzo, in Francia il 23 aprile, e in autunno 2017 ci saranno le elezioni in Germania.
Per ora si sono incontrati in città come Francoforte, Parigi, Amsterdam, Berlino. Poi per quanto riguarda la filosofia non ci sono solo Heidegger (destra) o Bloch (sinistra). Il pensiero cattolico ha generato, tanto per rimanere in Germania, una figura come Ferdinand Ulrich, che non pensa meno profondamente l’essere di Heidegger (la dimenticanza dell’essere) o di Bloch (il non essere ancora dell’essere).
Come sapeva bene Hans Urs von Balthasar, Ferdinand Ulrich ha fatto una proposta filosofica che sa pensare l’essere come atto di amore e quindi come riposta al nulla del nichilismo: la gratuità dell’essere, il “nulla” dell’essere, quello che ci rivela il linguaggio quando rispondiamo a un “grazie”: «Di nulla». Questo nulla dell’amore è l’unica e vera risposta al nulla del vuoto, che minaccia, come dice giustamente don Carrón, sia i cristiani che i mussulmani!
I problemi non li creano gli altri, gli altri ci rendono coscienti dei problemi che abbiamo.
Julián Carrón
Condivisibile e interessante la parte sui movimenti identitari e populisti. Lascia invece perplessi lo spot a favore di Pulse of Europe e del suo “europeismo postulatorio”, che glorifica l’attuale configurazione dell’Unione Europea così come essa è, senza un accenno di autocritica, e chiama alle armi contro i “cattivi”.
Più di un indizio fa pensare che “Pulse of Europe”, che si presenta come «iniziativa popolare e autonoma», appartenga allo stesso genus delle “rivoluzioni colorate”: una operazione di Astroturfing, vale a dire la creazione a tavolino di un consenso dal basso a favore di un prodotto, di un’ideologia, di un candidato, ecc. È una forma di “soft power”, l’esercizo di un potere di persuasione per manipolare l’opinione pubblica e propiziare uno stato d’animo favorevole a qualche “regime change”. Uno schema già tentato altre volte,
In Germania, da sinistra, c’è chi accusa Pulse of Europe di fare apologia del neoliberalismo ovvero di quel capitalismo liberale stigmatizzato anche da Graziotto: http://www.internetz-zeitung.eu/index.php/4284-pulse-of-europe-demos-f%C3%BCr-neoliberalismus-in-der-eu
E difatti Pulse of Europe sponsorizza il tecnocrate Emanuel Macron in vista delle imminenti presidenziali francesi: http://www.lintention.com/pulse-of-europe-verbreitet-halbwahrheiten-ueber-die-franzoesischen-wahlen/
C’è anche chi sospetta la mano di Soros.
http://de.blastingnews.com/politik/2017/03/schon-wieder-eine-manipulation-von-soros-001524843.html
https://schluesselkindblog.wordpress.com/2017/03/23/mit-pulse-of-europe-wieder-ein-trojaner-von-george-soros-in-europa-aktiv/
In “Pulse of Europe c’è poco di “popolare”. Come ho cercato di mostrare in questo post, i populismi non si capiscono se non si tiene conto che sono una risposta (sbagliata) interna a quella degenerazione oligarchica della democrazia nota come postdemocrazia. Non c’è nulla di più sbagliato che demonizzarli e al tempo stesso esaltare lobbisti e élite che hanno guastato l’originale progetto europeo.
L’articolo è molto ben scritto ma, alla fine, lascia l’amaro in bocca.
Intanto, per le ragioni ben dette da Hofer nel suo commento.
Che sono da integrare, considerando che tutto un mondo “ciellino” d’oggi – Sussidiario, Nuova Europa – per quanto pieno di benemerenze, proprio non sa uscire da una slavofilo-fobia di base, per cui deve necessariamente ridursi ad una posizione filo-occidentalista, maidanista.
Poi, in fondo a poco serve una nuova mistica dell’annichilimento, fosse pure declinata in termini cristiani (e non in termini mistico-filosofici come in Heidegger o mistico-sociologici, come in Bloch).
Invece dovremmo riprendere – senza farci alcun problema delle più che certe e magari altolocate accuse di identitarismo, fariseismo, integrismo – l’antica alternativa di Novalis, tra Cristianità ed Europa, che a suo tempo aveva tenuto in dovuto conto un grande dimenticato d’oggi, Augusto Del Noce…