Le diedero della massona, un giorno, in aula. E lei (giustamente) rispose tra i denti: «Massona lo dici a la tu’ sorella!». Perché massona non è, Maria Elena Boschi. È la Pompadour del regno renziano, che resta nel Palazzo come Penelope ad aspettare il ritorno del suo protettore. E non è insidiata, non dai Proci, perlomeno. Anzi, sembrano più che altro suoi cortigiani, i phroci (è un’altra aspirazione tipiha della horgia toshana di @meb).
Nella vicenda che è costata la testa al povero Francesco Spano la Boschi gioca la parte della temibile regina di cuori di Lewis Carroll. Tanto fumantina coi subalterni quanto fedele al Capo, @meb non ha avuto un attimo di esitazione, sulla scelta fatale: capitolare o far rotolare sul ponte dei media un’altra testa? Che domande: i saltapicchî ci sono apposta per questo. E si prestano bene al ruolo, specie se si fanno beccare in giro con improbabili cappotti arancioni, biascicando scuse patetiche e fuggendo a balzelloni come il Bianconiglio con la scusa di una (finta) telefonata.
Quelli come Francesco Spano vengono messi lì, dove la loro ambiziosa avidità li spinge, a espletare il prezioso compito di parafulmine ornamentale. Un aggeggio indispensabile, nel governo democratico all’epoca dei media: prendi un tipo che si distingue per le sgomitate, controlli se ha qualche scheletro nell’armadio (scaramucce, piccole faide coi suoi “amici”…), se di marmellata ha già le dita sporche è perfetto. Quando cascherà un fulmine, sarà lui ad assorbirne la scarica. Intanto gli altri si metteranno al sicuro, come la lucertola quando abbandona la vivace coda.
La lucertola, però, ha un bel fuggire: se il gatto l’ha vista, ed è abbastanza grosso e smaliziato da non entusiasmarsi per la coda, l’inseguimento non è finito. Maria Elena Boschi ha la responsabilità politica dell’assegnazione dei fondi Unar, è sempre stata una patrona ideologica di quei finanziamenti: un suo “non sapevo”, oggi, è irricevibile. Tutti sapevano, tutti sanno: quei locali non esistono che per offrire luogo di sfogo a persone squilibrate, perfino Giuseppe Cruciani e David Parenzo, chiamandone a caso una manciata per La Zanzara, hanno trovato sempre il medesimo clima di omertà e la conferma (velata ma chiara) che, sì, certo, anche qui se paghi ti puoi divertire col giovane barista (passato a massaggiatore sotto ricatto di licenziamento).
Questo @meb lo sapeva e lo sa, come lo sapevano tutti. Più di come lo sapevano tutti, perché il 4 novembre 2016 (la data dello stanziamento dei fondi in questione), la Boschi aveva la delega alle Pari Opportunità. Ora però la regina dà di matto, perché le rose non sono state piantate rosse, ma arcobaleno (come lei ben sapeva), mapperò ella deve ora recitare la parte di quella che le voleva rosse…
Ora una testa doveva rotolare, ma queste sono le regole del gioco. La cosa triste è che a commissionare l’uccisione di Spano sono stati i suoi amichetti dell’Arcigay (e Franco Grillini, che accusa le Iene di aver “montato ad arte” è meno comico che patetico). Chi gioca a scacchi capisce bene che talvolta la vittoria possa richiedere il sacrificio di un pezzo, preferibilmente di un pedone, cioè di un saltapicchio come Francesco Spano. Invece qui il fatto illogico (gli scacchi non sono mai illogici!) è che a decretare la morte del pedone sia stata non direttamente la regina ma un’altra carta di picche (col punto leggermente più alto di quello di Spano).
Ed è una vendetta, miserevole roba di ripicche da checche mafiose. Questa notte sarà molto lunga, per Francesco Spano, e non mancherà chi gli augurerà un’alba di rinascita. Certo ci vorrebbe una spina dorsale più ferma di quella che abbiamo visto divincolarsi davanti alla telecamera de Le Iene. Ma chi lo sa.
Maria Elena Boschi, invece, dovrebbe assumersi la responsabilità politica della mafia che da un anno Mario Adinolfi e il Popolo della Famiglia hanno denunciato e che oggi è svelata agli occhi di tutta Italia. Dovrebbe dimettersi. E lasciare che i suoi phroci si trovino un’altra Penelope da corteggiare.
Rosse le pitturiam
le rose noi verniciam
non c’è che dir
non c’è che far
la tinta dobbiam dar
adesso né più né men
di rosso le tingerem
rosse noi le tingiam
ma quanto, ahimè, soffriam
perché sappiam
che al più doman
le rose moriraneppure noi insistiam
rosse le verniciam
rosse noi le tingiam
le rose noi pitturiam…Ma signor Tre vorrei saper
se un buon motivo c’è..Beh, il fatto è, signorina, che abbiam piantato per sbaglio rose bianche e…
Se la regina che
le vuole rosse, è ver
se lo saprà
a tutti e tre
la testa taglieràOddio!
Per questo noi ci affrettiam
e di rosso le verniciamMio Dio!
rosse le verniciam
Le rose le pitturiam
ma non dir mai
che hai visto e sai
non metterci nei guaima di rosso le tingerem
Sì, rosse le tingerem
Né blu, né ner
Né arcobalen
Di rosso le tingerem.
Bel pezzo. Bravo Giovanni!
Non ho resistito…