Ovidie & “Pornocrazia”, da La Croce di domani

È vero, ieri avevo scritto che oggi su La Croce sarebbe uscito un mio articolo sul documentario di Ovidie “Pornocratie”. Oggi quindi diversi lettori mi hanno contattato (qualcuno anche pubblicamente) per chiedermi come mai non trovassero sul giornale il pezzo annunciato. Semplici ragioni redazionali, tra cui il possibile abbinamento con un altro articolo, attiguo per tema, hanno consigliato di procrastinare.

Una promessa, tuttavia, è debito, e poiché da alcune domande che mi sono state rivolte ho avuto l’impressione di essere stato poco chiaro circa la natura del documentario anticipo qui di seguito i primi due paragrafi dell’articolo: il resto domani su La Croce (e qui alcune mie osservazioni personali).

Tra le personalità che ho scoperto leggendo (e traducendo) Una gioventù sessualmente libera (o quasi), di Thérèse Hargot, c’è anche Ovidie, nome d’arte di una documentarista francese, già attrice porno per più di quindici anni. A pagina 19, in esergo al primo capitolo, la Hargot riporta queste di lei parole: «Il porno non ha più niente di trasgressivo. In sei anni, l’umanità ha guardato l’equivalente di 1,2 milioni di anni in video pornografici e ha visitato 93 miliardi di pagine porno su piattaforme gratuite. Ciò che era sulfureo è diventato all’improvviso banale. Questo eccesso di immagini sessuali mi lascia perplessa. Sento spesso che non siamo mai stati così liberi, mentre talvolta mi domando se, al contrario, non stiamo creando una nuova forma di alienazione».

Era “À quoi rêvent les jeunes filles ?” [Che cosa sognano le ragazzine?], un documentario prodotto nel 2015 e liberamente fruibile su YouTube. Invece “Pornocratie. Les nouvelles multinationales du sexe” [“Pornocrazia. Le nuove multinazionali del sesso”] non è pubblicamente reperibile in rete, in quanto Canal + ne ha acquistati i diritti per la Francia e l’ha trasmesso la sera del 18 gennaio scorso. Da quella sera si è infiammato un dibattito serrato, Oltralpe, quasi tutto raccolto sulla questione se esista una grande multinazionale che controlla il mercato mondiale del porno. E la vulgata mediatica pare decisamente debole, perfino fuori bersaglio, perché quello che Ovidie documenta non è una Nike o una Apple del porno, bensì piuttosto una “Spectre del porno”. Non una società, né una cooperativa: questi sono fenomeni preventivati nel destino del Capitale fin dai tempi di Marx. L’ipercapitalismo che vive del consumismo e delle potenzialità della rete, invece, produce un’entità dei cui vertici si ignora praticamente tutto. Se sia uno, se siano molteplici, in mano a chi stia/stiano: è un’idra (e non a caso un capitolo del documentario s’intitola “La piovra”). E poi come fa a registrare fatturati miliardarî un’industria che lascia il grosso della propria produzione alla fruizione gratuita? Certo, c’è il mercato del Viagra (ne scrivevo riportando alcune dichiarazioni di Jean-Paul Brighelli), ma i pornocrati non sono dei farmacisti, né gestiscono ditte farmaceutiche. Dunque cosa?

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Informazioni su Giovanni Marcotullio 297 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

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